Il complesso abbaziale dei santi Ruffino e Vitale, è nei pressi di Amandola, lungo la sponda destra del fiume Tenna. L’origine è antichissima, la struttura che oggi possiamo osservare risale all’epoca romanica sotto le cui fondazioni c’è una cripta sotterranea scavata nel tufo, con copertura a botte e pareti affrescate, purtroppo giunte a noi molto rovinate dall’umidità, con come unica apertura una piccola finestra nella parte absidale.
I dipinti rappresentano una lunga fila di santi (alcuni di essi identificati dal nome) quasi a grandezza naturale che incedono al centro dell’absidiola verso la mano benedicente dell’Eterno. Questi santi hanno il palmo delle mani rivolto verso gli astanti, mentre in un clipeo si vede inscritta la figura di un Arcangelo.
La presenza di questa enigmatica grotta eremitica, posta sotto il piano basso della chiesa, suggerisce l’esistenza di un luogo di culto pagano, forse della dea Bona, protettrice delle acque e delle messi, quantomeno di un insediamento risalente all’epoca romana sul quale verso il Mille sarà innalzata l’Abbazia. La soprastante chiesa romanica si articola in tre navate distinte da colonne di cui la centrale ricoperta da capriate e le laterali, in origine, da crociere; un alto presbiterio è accessibile mediante una recente scalinata centrale, mentre ai lati due aperture conducono alla cripta sottostante, intermedia tra chiesa e grotta ipogea.
Questa cripta è caratterizzata da cinque navatelle, di cui quelle laterali, più ampie e con volte a crociera, sono sostenute da tozze colonne terminanti con pulvino decorato a foglie angolari. Nell’abside centrale, in un contenitore, sono conservati i resti umani di quello che la tradizione vuole sia San Ruffino, venerato da chi è portatore di ernia. Particolare è il foro, stretto e scomodo, posto sotto il sarcofago che se percorso da chi ha una ernia condurrebbe alla guarigione.
La facciata, rimaneggiata, della chiesa si compone di un portale ai cui lati sono ricavate due finestre mentre il finestrone sovrastante è stato aperto nel XVIII secolo. La zona absidale, sottoposta a restauri nella parte alta, è composta da una abside centrale scandita da paraste e chiusa in alto da una cornice decorata a beccatelli e denti di sega e due absidi laterali, di cui quella di sinistra è completa, mentre la controlaterale è solo accennata (si scorgono ancora nell’angolo fra la torre e la chiesa residui in pietra che farebbero supporre un’altezza simile all’abside principale). L’adiacente zona conventuale si sviluppa su due piani con quello superiore adibito a celle monastiche. Il complesso racchiude un cortile centrale con unico ingresso esterno. La torre quadrangolare è del 1200 (restaurata nel 1429) e permette il collegamento fra il convento e la chiesa.
Nell’ambiente contadino vicino al complesso monastico, all’inizio del ‘300 si affermò il culto di San Ruffino, invocato da chi soffre di ernia e festeggiato il 19 agosto con un enorme concorso di fedeli. Non ci sono documenti che parlano di questo santo ma la tradizione popolare racconta che era un giovane contadino del luogo il quale in una sola notte riuscì ad arare più di cento moggi di terra con grande fatica a beneficio dei contadini. Impresa più che eccezionale, quindi dal sapore miracoloso, perché all’epoca non esistevano ancora i mezzi meccanici odierni dotati di aria condizionata e di telecomando. È qui un’antica e curiosa usanza di guarigione, che ritroviamo molto simile anche nella chiesa di San Firmano, nel Comune di Montelupone, dove per curare il mal d’ossa occorreva passare nove volte in un foro ovale sotto l’altare; qui invece cambia poco, sotto le reliquie dell’altare posto nella cripta esiste un foro (come abbiamo già scritto) da attraversare a carponi per tre volte invocando con fede la guarigione dell’ernia.
Nella chiesa superiore, di fianco alla scalinata centrale, si possono osservare due affreschi del 1400/1500, di buona fattura e conservazione, rappresentanti quello a sinistra Madonna con Bambino seduta in trono su sfondo damascato, mentre l’affresco di destra, più ricco coloristicamente, presenta la Madonna con il Bambino e due santi. Proviamo a ricostruire un po’ di storia del monastero: un documento del 1267 afferma che i signori di Monte Pasillo (luogo nei pressi di Comunanza), vendendo al Comune di Amandola il castello comprensivo di 180 famiglie vollero mantenere intatti i diritti che il monastero aveva su tali beni; dieci anni dopo tale situazione si ripeteva per i beni venduti dai signori De Smerillo (imparentati con i signori di Monte Pasillo).
a cura di Fernando Pallocchini, immagini per gentile concessione di Alberto Monti
18 novembre 2024