Il sistema funziona così… Sono legali la guerra, lo sfruttamento, la schiavitù, la fame, l’oppressione, i debiti, i bombardamenti, le stragi, l’atomica. Ma è stata dichiarata illegale una pianta, la canapa, che può essere cibo e medicina e che può sostituire la plastica, il petrolio, la carta, le fibre sintetiche, il materiale edile, etc. Quando dico che l’economia mondiale è la più alta espressione del crimine organizzato, non faccio una battuta, ma una ben documentata constatazione…
Preciso: non sono d’accordo sulla legalizzazione della canapa per un semplice motivo ecologista. La canapa è una pianta naturale utilizzata dall’uomo da millenni e proibita in Italia alla fine della seconda guerra mondiale per assecondare i desiderata dei “vincitori” USA. Dopo qualche anno dalla proibizione della coltivazione per usi tessili, alimentari, medicinali, ecc., comparvero sul mercato le qualità di canapa importate dalla mafia (dal Nord Africa e dal Medio Oriente) per uso da sballo e conseguentemente divenne un affare lucroso della malavita.
Quella stessa pianta che per intere generazioni contribuì al benessere della popolazione, con il sopraggiungere della proibizione e dello smercio abusivo di piante allogene ricche di cannabinolo diventò “droga”. E su questa droga ci sono vissute sino a oggi torme di malavitosi, mafiosi, camorristi, santi coronati uniti, politici corrotti, ecc. Ora, dopo che alcuni deputati “progressisti” hanno proposto una legge per la “legalizzazione” della canapa, ecco che – causa ed effetto – non passa giorno che sui giornali mainstream non compaiano articoli sui giovani morti nelle balere per l’assunzione di sostanze proibite, evidenziando allo stesso tempo le continue azioni repressive di polizia contro i coltivatori casalinghi di canapa e relativi sequestri di grammi ed etti di pericolosa cannabis.
La malavita che campa sontuosamente sullo smercio delle droghe risponde così, incutendo paura e smerciando pasticche avvelenate, per convincere l’opinione pubblica a non sostenere l’eventuale depenalizzazione della canapa (che li priverebbe di una ricca fonte di guadagno). Non importa se i giovani muoiono per l’assunzione di veleni predisposti o per un mix di sostanze chimiche: ecstasy, eroina, cocaina, alcol, etc… Anche perché assumendo canapa è impossibile morire! Magari sì ma solo per indigestione mangiandone 10 chili.
Nell’immaginario popolare quando si parla di “droga” non si fa distinzione fra la canapa o i veleni sintetici, per la demonizzazione nei confronti di questa innocente pianta durante gli ultimi 70 anni. Perciò la via d’uscita da questa situazione ridicola in cui l’Italia si è cacciata risiede soltanto nella totale liberalizzazione della coltivazione della canapa bioregionale, allo stato naturale, e non nel proibizionismo, che avvantaggia le mafie e la corruzione – e nemmeno nella legalizzazione – al solo scopo di consentire proventi illeciti allo Stato (come avviene per l’alcol e le sigarette, questi sì veleni mortali). Confermo di non essere un consumatore in alcuna forma di “sostanze”, né di vino, birra, superalcolici o tabacco, ma la battaglia che sostengo è al solo scopo di salvaguardare la natura e la vita sul pianeta.
Informazioni
Prove dell’uso della cannabis ci sono fin dai tempi del Neolitico, testimoniate dal ritrovamento di alcuni semi fossilizzati in una grotta in Romania. Il più antico manufatto umano ritrovato è un pezzo di stoffa di canapa risalente all’8000 a.C. La cannabis fornisce da millenni ottima fibra tessile, e per questo motivo fu coltivata in epoche storiche antiche, in Asia e in Medio Oriente. Già nel XVI secolo s’iniziò a coltivarla nell’Inghilterra orientale, ma la sua produzione commerciale ebbe inizio in Occidente nel XVIII secolo. La fibra di canapa è stata per centinaia di anni la materia prima per la produzione di carta, ma dalla metà del Novecento, con l’avvento del proibizionismo, l’uso delle fibre della canapa è assai ridotto.
La coltura della canapa per usi tessili ha un’antica tradizione in Italia, in gran parte legata all’espandersi delle Repubbliche marinare, che la utilizzavano per le corde e le vele delle proprie flotte. L’uso per telerie a uso domestico è antica, e oggetti di artigianato che continuano a essere prodotti ancora oggi sono per esempio le tovaglie di canapa. Le repubbliche marinare iniziarono il commercio della canapa con le città anseatiche. Uno dei primi commercianti a importare il prodotto nel nord Europa fu Ronald Gutembach, commerciante e politico di Lubecca del XIII secolo.
La coltivazione della pianta negli USA risale al XVIII secolo; una delle prime testimonianze in proposito è nel diario di Geroge Washington (1765), dal quale risulta che egli personalmente coltivava piante di canapa. Ancora oggi l’Amerigo Vespucci di proprietà della Marina Militare e varata nel 1931, presenta tele e corde di canapa. Coltivata a scopo tessile, fino al 1945 l’Italia tra i maggiori produttori al mondo, seconda solo alla Russia col primato di presentare tuttavia una migliore qualità delle fibre: le coltivazioni più estese erano infatti concentrate principalmente in Campania e in Emilia Romagna.
Paolo D’Arpini
23 settembre 2024