Lo scultore Sandro Piermarini: l’Arte oggi non coinvolge ed è mero fatto speculativo

L’albero del melo è bello nella forma, dolce e profumato ne è il frutto. Questo è ciò che ci comunica ed è un senso del suo esistere. Ma che cosa sono la bellezza della forma, la dolcezza e il profumo del pomo se non la dimensione di essere parte di uno scopo che si eleva sopra ogni progetto umano? Ed è a questa dimensione che le arti ci disvelano il loro senso di esistenza.

Kandisky ci dice: “Ogni opera d’arte è figlia del suo tempo e spesso madre dei nostri sentimenti” a significare che oltre a essere frutto creativo dell’artista, l’arte ha in sé un obiettivo: manifestare la sua potenza. L’arte ha da sempre costituito la nobiltà di essere forza aggregante di unione umana quale ricerca spirituale e arrivare al “culto”. Potremmo dire che in essa la energia espressa in contenuti valoriali, bellezza, armonia, ritmo, musicalità, umanità, si muove verso una espansione spaziale a indicarci un riferimento preciso, costruire una comunità.

Immaginiamo la edificazione di una basilica romano-gotica, che spesso aveva tempi di realizzazione superiori ai cento anni, che coinvolgeva una intera comunità di migliaia di uomini, donne, giovani che sotto la guida di capomastri artigiani e maestri artisti lavoravano insieme anche nella esecuzione di affreschi e decorazioni il cui linguaggio doveva essere di semplice lettura per un popolo analfabeta, con l’obiettivo di educare al sapere per colmare la sete di conoscenza. Ogni città piccola o grande aveva una sua scuola pittorica con artisti che operavano a vari livelli in base alle proprie capacità. Tali energie certo non si esaurivano nella edificazione della cattedrale ma tutto il territorio veniva investito dalla nobile forza dell’arte, nascevano borghi, città, abazie, edicole di culto nelle più remote campagne, insomma si creava il senso di comunità quale espressione viva di umanesimo.

Certo la presenza di artisti non può essere sminuita, la loro capacità del “fare”, di leggere in modo originale l’antico testamento, la parola di Cristo, la vita dei santi, ha contribuito a elevare l’arte a dimensione di culto e allo stesso modo a rappresentare episodi significativi della vita civile nel governo di una città e del suo territorio. Ora c’è da chiedersi se la natura dell’arte in tutte le sue espressioni può ancora rappresentare un valore di riferimento o se la condizione di individualismo esasperato dell’artista ha definitivamente compromesso l’arte a essere spirito di culto?

Le cattedrali non si costruiscono più, al loro posto grattacieli di vetro e acciaio che competono a essere sempre più alti, in una sfida tecnologica di conquista. Umanità che sale e scende in preda a un’ansia patologica di porre sempre più al centro sé stessa o a emarginarsi dal mondo. L’individualismo è divenuto il nuovo culto, mortifero e decadente mentre lo spirito dell’arte non è più tessuto di coesione di una comunità. Non sono certo le istituzioni culturali, gl’investimenti economici elargiti (vedi la ricostruzione post terremoto) a poter evitare l’uso di territori in maniera speculativa (turismo di massa), a tutelarci dall’imbarbarimento arrogante di opere edilizie costruite, dalle modalità con cui vengono eseguite (subappalti), dall’assenza di sensibilità verso il paesaggio e, soprattutto, dall’idea che lo spazio sia solamente un vuoto da riempire. Vanno recuperate da ciascuno di noi e dalle istituzioni di cultura e amministrative del territorio, in modo autorevole, le tracce educative del significato di “Arte” nella consapevolezza di comprenderne lo scopo.

Sandro Piermarini

 

Sandro Piermarini

18 settembre 2024

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