Edizioni Simple – “Viaggiare curiosare raccontare e divagare” libro di Eno Santecchia

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Con il garbo che lo contraddistingue, Eno mi chiese tempo fa se avevo piacere di leggere quello che stava preparando e, se possibile, esprimere una riflessione personale su quanto letto. Chiaro che la risposta è stata positiva, non poteva essere altrimenti per me, accettare il suo invito era come condividere un viaggio con un caro amico, verso confini e orizzonti noti, che divengono ignoti e inesplorati, perché osservati da un punto di vista inedito, originale.

La lettura è stata fluida, veloce, l’inizio coinvolgente. Un percorso diverso dai precedenti, con diversi riferimenti, per chi conosce Eno attraverso la sua scrittura, facili da riconoscere e comprendere. Si ribadiscono i suoi valori, che faccio miei, che animano la sua eterna fiamma di ragazzo intelligente e curioso di continuare a sfogliare pagine nuove, andando ancora più in là, nello spazio/tempo, viaggiando avanti e indietro. Mai come questa volta Eno sembra ricordarci la esistenza di un filo invisibile, conduttore di ogni cosa, un legame che tiene tutto insieme, in una sorta di abbraccio cosmico; è qui l’urgenza e la necessità di chi scrive, ovvero porre l’interlocutore nella condizione di sapersi orientare.

Il suo amore stupefatto e meravigliato per la donna, qualsiasi donna dall’animo forte e gentile, una perenne esplosione di energia positiva che lo attrae e lo incanta come un fanciullo; lo proviamo anche noi nell’ascolto delle storie di ragazze, donne e madri, compagne di vita che vivono coltivando le proprie e altrui radici, riscatto da una povertà materiale che affligge una terra feconda e generosa: l’Africa. Qui Eno s’interroga e vuole capire dove siamo e dove stiamo andando, leggere il futuro attraverso quei giovani bisognosi di essere accettati, compresi e rispettati nel loro desiderio di esserci, autonomi e realizzati; anche qui scopriamo dei fili, dei legami, ed Eno si preoccupa di farcelo capire, i giovani crescono confrontandosi con la generazione che li ha preceduti, misurandosi con loro, ma chiedono, affacciandosi alla vita adulta, la considerazione di coloro che si sono realizzati con valori diversi, perduti.

Assistiamo a un cambiamento epocale, con un timido ritorno, visto il catastrofico impatto nelle nostre vite e nel nostro futuro del capitalismo, a sentimenti di cura e altruismo verso i propri simili, la natura che ci accoglie, provando a superare quella visione egoistica che umilia e degrada. Eno ripercorre gli amati sentieri esperienziali  mediorientali che tanto lo affascinano, nutrendosi ancora di storie ed emozioni forti, piccole e grandi vicende, espressioni di una ricchezza non misurabile, non divisibile ma che si può solo condividere. Sapersi fermare ad ascoltare vissuti, senza interrompere, lontano dalla cacofonia di una vita senza più freni e inibizioni, quale la supposta superiore civiltà occidentale, potrebbe aiutarci a redimerci di tanta supponenza, rendendoci capaci di comprendere appieno il senso del rispetto, abbandonando la sicumera di avere ragione a prescindere.

Nello sforzo di tenere assieme passato e presente, Eno, richiamando la importanza dei ricordi, ci racconta di ritrovamenti andati distrutti dall’insipienza diffusa, di visionari che affermano che “nella vita è importante esserci”, di esperienze uniche e irripetibili come l’Istituto Fiorelli Santa Chiara di Visso, dove ci commuove seguire le varie vicissitudini di una generazione che da presupposti difficili e alterni, ha saputo riscattarsi in un’Italia che sapeva ancora dare opportunità e prospettive. Nella sua accorata composizione dedicata al Mediterraneo, Eno ci trasmette tutto l’amore per la natura e per quello spazio immenso cui non riesce a farne più a meno chi ci nasce e ci vive, il mare.

Ed è nella preoccupazione per la sorte del futuro della nostra “casa comune”, che Eno ci racconta la tristissima e inquietante vicenda del capitano di fregata Natale De Grazia, morto in circostanze mai chiarite. Il De Grazia, forte delle sue competenze, del suo spiccato senso dello Stato e di un amore profondo per il mare, stava indagando nei ripetuti e sospetti affondamenti a largo delle coste italiane di navi cargo contenti veleni e rifiuti radioattivi. Una vicenda velenosa che non ha avuto ancora soluzione se non la testimonianza giunta fino a noi della vedova, di chi lo ha conosciuto, fatta di abnegazione, senso del dovere e amore per la natura, da curare per poterla tramandare alle future generazioni. Lo stesso animo che ispirava, con la pervicace ricerca della verità, la giornalista Ilaria Alpi del TG3, uccisa anch’essa in circostanze mai pienamente chiarite a Mogadiscio, Somalia, durante  un’indagine giornalistica sullo smaltimento illegale di rifiuti contaminati. Destini comuni dove possiamo intravedere intrecci e legami in apparenza insignificanti, fili leggeri e invisibili ma che, come ci insegna Eno, trovano forza per tenere tutto insieme, nonostante tutto, per restituirci ogni giorno, una piena consapevolezza di quale parte stare.  

Andrea Bianchi

21agosto 2024

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