Filippo II da Montolmo, XXXV Vescovo di Fermo in un periodo storico travagliato

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Le notizie sul vescovo Filippo II da Montolmo (Corridonia), XXXV Vescovo di Fermo, sono molto scarse. Non si conosce la famiglia di origine anche se si può ben supporre sia stata di qualche importante casato del comune; resta comunque strano che nessuno abbia rivendicato la sua discendenza, considerando che le appropriazioni fittizie di personaggi importanti è stata cosa assai comune, vedi a esempio la famiglia Pampinoni con il presunto San Rinaldo (https://www.larucola.org/2022/08/19/un-personaggio-misterioso-rinal-do-da-montolmo-detto-il-confesso-re-santo-o-beato/).

Filippo, da diversi storici tra cui il Catalani (1698-1764), viene definito monaco avellanese e quindi appartenente all’ordine Camaldolese: nel 1226 è nominato Vescovo di Jesi,  poi nel 1229 è spostato da Papa Gregorio IX (1227-1241) alla diocesi di Fermo. Dalla nomina, datata Perugia 18 agosto 1229, si apprende l’investitura per vexillum come signore spirituale e temporale della diocesi. Una definizione all’interno del documento ha creato in passato confusione, perché il Papa definisce Filippo compatriotam nostrum fidelem et devotum ecclie Romane, facendo addirittura ipotizzare agli storici Catalani e Cappelletti (1802-1876) che Gregorio IX, Ugolino dei Conti di Segni, fosse nato a Montolmo. Sulla nascita ad Anagni del Papa non vi è dubbio e, come chiarisce bene il Bartolazzi, la definizione di compatriota si deve molto probabilmente al solo fatto che entrambi ebbero i natali nello Stato della Chiesa. Peccato, non mi sarebbe dispiaciuto un Papa montolmese!

Filippo viene nominato in un passaggio epocale per la Marca, il vescovo di Fermo vedrà cedere di lì a poco il proprio potere temporale al comune di Fermo e al Governatore Pontificio della Marca che lo eserciterà direttamente per il Papa. Il pontefice Innocenzo III nel 1205 conferma al vescovo Adinulfo i diritti temporali nella città di Fermo e in tutti i castelli che la chiesa fermana possedeva: una specie di principato che pur se contrastato durerà per circa altri venti anni. Il suo inizio si può far risalire a  partire dal 996 con Uberto, successore di Gaidolfo, come da ordinanza imperiale ecclesiastica di Ottone III, anche se va sempre specificato con alterne vicende che ne limitarono il potere. Ottone IV, incoronato imperatore a Roma nel 1209, l’anno successivo nomina Azzo VI d’Este Marchese della Marca di Ancona che  ovviamente comprendeva anche Fermo. Azzo VI nel 1212 morirà dopo aver abbandonato la Marca ma non prima di aver depredato diversi comuni tra cui Montelupone non con piccola preda e con uccisione di persone, Poggio San Giuliano e Macerata portandone via moltissimo bottino e di aver incendiato la suburra di Montolmo e aver preso molti prigionieri.

Sembra pertanto che non abbia espugnato la parte murata del comune ma solamente razziato il villaggio a ridosso delle mura. Per precisione va ricordato che la cinta che racchiude il rione di Cerqueto non era presente essendo stata costruita in data successiva al 1252: è difficile definire l’estensione delle mura in quel preciso momento, essendo il comune in piena espansione e avendo intrapreso un’attiva politica di incastellamento delle famiglie nobili degli insediamenti vicini. Ci dilungheremmo troppo in una disquisizione su tale argomento.

Nel 1226 tornarono le mire sulla Marca del figlio di Azzo VI, Azzo VII (1205 ca.-1264), che diventato maggiorenne era stato riconfermato nella carica da Federico II divenuto imperatore nel 1220. Azzo VII incomincia subito ad assaltare i castelli di confine della contea, Montelupone, Macerata e Montolmo che devasta e occupa. Gregorio IX nel settembre 1227 scomunica Federico II per non esser partito per la Crociata come aveva promesso ˗ anche se era stato costretto a rientrare mentre era in viaggio per una pestilenza ˗ quindi per ottenere il perdono nel giugno 1228 parte per la Terra Santa lasciando il Duca Rinaldo di Spoleto suo luogotenente nel Regno di Sicilia e nelle terre sottoposte al papato. Tra il 1228 e 1229 Rinaldo invade la Marca: il Papa dà incarico al cardinal Giovanni Colonna (1295 ca.-1245) e al Re di Gerusalemme Giovanni de Brienne (1158 ca.-1237), che si insediarono a Fermo, di difendere il territorio. Rinaldo occupa Macerata e Montolmo come luoghi centrali e strategici a livello militare: Bartolazzi suppone che in questo periodo venisse edificato o restaurato un palazzo dove potesse risiedere l’Imperatore, per l’appunto definito Domus Federici. Più che l’Imperatore, il quale pare non sia mai passato per Montolmo, credo che il palazzo potesse ospitare Legati, inviati o amministratori imperiali.

Ricordiamo che Filippo fu spostato alla sede episcopale di Fermo nell’agosto 1229: in un momento così critico il Papa confidava nella sua lealtà e nelle sue doti politiche. Rinaldo nel 1229 abbandona la Marca dopo aver espugnato Ripatransone e il Papa revoca l’investitura al Marchese Azzo VII sancendo di fatto l’amministrazione papale diretta con suoi incaricati. Il vescovo di Fermo cede il diritto di amministrare la giustizia e gli restano competenze nelle cause civili e penali verso il clero delle città e della diocesi (adversus cleros civitatis et diocesis firmane).

In una pergamena di settembre 1229 la città di Fermo a nome di altri comuni tra cui Montolmo, stipula un accordo con dei feudatari della contea, capeggiati dal potente Fildesmido da Mogliano: 25 domini loci delle principali famiglie signorili della contea fermana a capo di una quindicina di castelli, si impegnano a prestar soccorso contro chi intendesse attaccare i territori papali. In contropartita  ottengono la conferma dei diritti feudali sulle loro terre. Sono gli antichi feudatari che cercano di mantenere il potere tra l’avanzata dei Comuni e quella del papato. Un ultimo tentativo dei Signori di fermare la fuga dei vassalli che ormai non riuscivano più a trattenere: un patto con i comuni che avrebbero dovuto rifiutare e costringere al rientro gli uomini residenti nei feudi per permettere ai Signori di mantenere i profitti economici a essi legati.

Verso la fine del 1230 il Papa nomina Rettore Pontificio il vescovo di Beauvais, Milone di Nanteuil, un vero “vescovo guerriero”, cui affida i castelli ancora oggetto di contesa con il vescovo di Fermo: caso vorrà che il prelato muoia a Camerino nel settembre del 1234. Non si tratta di un Legato ma un Rettore della Curia che amministrerà da adesso in poi, come detto, la Marca direttamente per il Papa. Si ricorda che con l’accordo di San Germano (oggi Cassino) del 1230, tra il Papa e l’Imperatore, quest’ultimo, almeno in via teorica,  rinuncia esplicitamente alla Marca. Altro importante passo verso l’esautorazione del potere vescovile è l’atto dell’aprile 1233 in cui Filippo II cede – con alcune eccezioni – tutti i fitti e gli altri proventi della Chiesa Fermana nonché il diritto di riscuotere i canoni che per metà andranno alla Curia e per metà al Vescovo. Sulla magnificenza che avesse avuto il vescovo di Fermo basta ricordare che, come risulta in una pergamena relativa a una controversia con il Preposto della chiesa di S. Giovanni di Petriolo, questo avrebbe avuto l’obbligo di ospitarlo – ovviamente nel modo più consono per un personaggio di tale levatura – per un giorno e una notte con il suo seguito di diciotto persone e dodici cavalli.

Il primo nucleo dei frati minori che si trovavano fuori dalla città di Fermo fin dal 1217, si stabilirono entro le mura nei pressi della porta San Leone per volere del vescovo Filippo II il quale concesse loro la piccola cappella di San Leone dopo averla ricevuta dal priore del monastero di San Savino di cui era la proprietà. La notizia è confermata anche dallo storico Papalini (Effemeridi della Citta di Fermo, 1846) e dal  Brandimarte (Plinio seniore illustrato nella descrizione del Piceno 1815). Il vescovo diede loro la possibilità di costruire una nuova chiesa e nel 1240 iniziarono i lavori della futura chiesa di San Francesco. La costruzione fu terminata nel 1245 e come detto dedicata al Divo Francesco. Il “poverello” di Assisi, morto nel 1226, era stato canonizzato da poco nel 1228. Nel 1238 si ha un altro importante passo della perdita del potere del vescovo: Filippo II cede al Comune di Fermo le competenze su tutte le terre e le acque da lui possedute dal Tronto al Potenza. L’atto è firmato a Montolmo in palacio Epi[scopo]: ipotizzare dove fosse situato ci porterebbe lontano. Va ricordato che i vescovi fermani possedevano palazzi in diversi centri della Diocesi come Ripatransone, Sant’Elpidio a Mare, Montesanto (Potenza Picena), Montecosaro, Amandola e San Claudio al Chienti. A Fermo anche l’architettura civile stava cambiando: tra il 1236 ed il 1238 sono eretti il Palazzo Comunale sulla piana dell’attuale Girfalco e il Palazzo del Podestà in piazza San Martino oggi Piazza del Popolo.

Il vescovo Filippo II come non bastasse deve pure difendersi dalle pretese dei Canonici del Capitolo da cui sarà sconfitto in una causa da loro intentata per avergli tolto sia il dominio che le rendite dei castelli di Grottazzolina, Monte San Pietro e Monteurano (sentenza del febbraio 1239). Gregorio IX il 20 marzo 1239 scomunica nuovamente Federico II che in risposta nomina suo figlio Enzo Re di Sardegna, Legato Imperiale, allo scopo di riconquistare la Marca: nel settembre irrompe nella regione con truppe tedesche e saracene contrastato dal Cardinal Giovanni Colonna. Enzo occupa Osimo, Macerata e probabilmente anche Montolmo: Treia assediata invece resiste. Federico II nel 1240 risalendo la penisola assedia Ascoli e ne saccheggia i dintorni, quindi è la volta di Fermo, probabilmente senza entrarvi essendovi una lettera dell’Imperatore (agosto) in castris ante civitatem Firmanum. La situazione cambia nuovamente con la morte di Gregorio IX avvenuta nell’agosto 1241: succede a lui Celestino IV che muore pochi giorni dopo e la sede papale resta vacante per 20 mesi. A questo punto diversi comuni passano dalla parte dell’Imperatore grazie all’azione del suo Vicario Generale Roberto di Castiglione.

Nel 1242 Fermo aderisce alla causa imperiale: probabilmente è in questo momento che il vescovo Filippo II, bandito dalla sede e confiscati tutti i suoi beni episcopali, scappa rifugiandosi a Venezia temendo per la sua vita. È facile ipotizzare che Filippo via nave, probabilmente dal Porto di Fermo, sia partito per Venezia: la via di terra era molto più lunga e sicuramente molto pericolosa. Scrive Antonio Brandimarte che Federico II essendo marciato contro la Marca, esiliò da Fermo il vescovo Filippo II e confiscò tutti i beni appartenuti alla Chiesa. Del resto anche lo storico Cappelletti scrive: caduta la città in potere di questo [Federico II], fu scacciato il vescovo dalla sua sede; ne furono i beni confiscati. Filippo allora cercò rifugio in Venezia. Fallito ogni tentativo di riappacificazione tra il nuovo pontefice Innocenzo IV eletto nel giugno 1243 e Federico II, quest’ultimo viene fatto deporre dal Concilio di Lione del 1245. Nonostante ciò gli imperiali di Roberto di Castiglione dominano la Marca fino al 1247 tra accese lotte con il Cardinale di Arezzo Marcellino Albergotti Beltrami: lo stesso verrà sconfitto prima ad Osimo e poi tra Civitanova e Montecosaro. Fatto prigioniero viene impiccato a Parma il 21 febbraio 1248. Come si può vedere le paure di Filippo II non erano di certo esagerate.

La situazione cambia nuovamente a favore del Papa quando all’inizio del 1248 il cardinal Raniero Capocci di S. Maria in Cosmedin, Luogotenente dello Stato della Chiesa, con un forte esercito raggiunge la Marca. Le due fazioni per portare dalla loro parte i comuni fanno a gara in concessioni. Il cardinal Raniero nel febbraio 1248 concede a Montolmo il castello di Cerqueto passato dalla parte ghibellina (vedi La rucola n° 262 del marzo 2020) e di disporre liberamente della Domus Federici di cui abbiamo scritto in precedenza. I montolmesi memori di come le cose andavano, sicuri che di lì a poco Cerqueto avrebbe ricevuto il perdono papale, forzano gli eventi. Il comune di Cerqueto contava una popolazione di circa mille persone, possedeva statuti ed eleggeva un podestà anche se sotto il controllo del vescovo: nonostante l’assalto e la distruzione portata dalle forze di Montolmo, gli abitanti  non volevano abbandonare il luogo vivendo tra le rovine e sperando di poter ricostruire il loro castello. I montolmesi protraendosi la faccenda e visto l’intervento papale che spingeva per far arrivare le due comunità a un compromesso, di forza nel 1252 costringono i cerquetani a incastellarsi trasportando a Montolmo il materiale delle loro case diroccate. Ricordiamo che a Montolmo fino al 1251 le nomine dei Consoli e del Podestà dovevano essere ratificate dal vescovo (Bolla di Innocenzo IV).

A riprova della confusione che regnava nell’amministrazione della giustizia, addirittura nel 1360, ben circa 110 anni dopo, Montolmo fu condannata a risarcire il vescovo di Fermo delle terre di Cerqueto: ma non c’era la concessione del cardinal Raniero del 1248? Misteri della fede! Il partito imperiale resisteva principalmente grazie ad alcuni signori passati dalla sua parte ˗ Fildesmido da Mogliano, Federico da Massa, Corrado e Falerone da Falerone, Gentile da Petriolo e Rinaldo da Brunforte ˗ che cercavano in tutti i modi l’appoggio dei comuni: Macerata passa dalla parte imperiale ma per poco tempo perché il cardinale Rainiero occupa la città restaurando il potere pontificio, perdonando ed elargendo parecchi privilegi anche ai comuni del circondario. Montolmo ebbe tutte le proprietà, rendite e vassalli di Fildesmido da Mogliano tra il torrente Cremone e l’Ete Morto: cosa che non avvenne tant’è che nel 1250 in un nuovo breve ritorno del partito imperiale troviamo addirittura Fildesmido podestà di Montolmo!

Nel suo esilio a Venezia il vescovo Filippo II a causa del lungo soggiorno si trova in condizione economica molto disagiata: probabilmente dopo una supplica al Papa Innocenzo IV riceve da questo una pensione su alcune chiese meno gravate da spese del patriarcato di Aquileia come risulta da una lettera del 1246 del Papa diretta a Pietro, priore del convento di S. Giorgio Maggiore della città lagunare, circa la necessità di garantire il sostentamento e qualche gradita consolazione al vescovo e al suo seguito di sei persone che aveva fatto un lungo soggiorno a Venezia ed era incorso in pesanti spese. Con il volgere della situazione a favore del Papato, Filippo II rientra nella Marca e nel 1247 è ad Ancona come risulta da una lettera del febbraio in cui concede privilegi al priore del convento di S. Salvatore di Fermo a causa delle sciagure che aveva patito da parte degli imperiali. Scrive il Cappelletti: chi fu sciagurato sa comprendere alle altrui sciagure. Filippo II probabilmente rientrò nella propria sede nel 1248 quando il cardinal Rainiero riprende il controllo della maggior parte della Marca. Ritengo pertanto errato come scritto ultimamente da uno storico, che Filippo II morì indigente a Venezia. Del suo rientro ci da conferma il Catalani e pure il Bartolazzi aggiungendo che per ricompensa della sua fedeltà alla Chiesa gli fu affidata l’amministrazione anche della diocesi di Camerino. Ciò è provato da una pergamena riportata dal Catalani riguardante la conferma di concessioni al convento di Santa Croce di Sassoferrato datata 1249, in cui risulta Philippus dei gratia firmanus Eps et Camerinenfis Ecclefie procurator, atto sottoscritto in Camerino in camera di Epi fupradicti. Nel 1249 si ipotizza – la cosa non è certa – vescovo di Camerino un certo Giovanni da Crudeto che resse la cattedra dal 1246-1247 al 1250-1251. Forse il detto Giovanni non si insediò e pertanto a Filippo II fu affidata l’amministrazione della diocesi: del resto non si ha alcuna notizia su Giovanni da Crudeto. Filippo II spira quasi certamente a Fermo il 24 maggio 1250 e il fatto che in un periodo così confuso si conosca il giorno e il mese non è poca cosa. Corridonia a suo ricordo gli ha intitolato una via nella zona nuova di San Claudio.

BIBLIOGRAFIA

P.P.Bartolazzi, Montolmo, sua origine incrementi e decadenza, Tip. Crocetti, Pausula 1887

  1. Cappelletti, Le Chiese d’Italia dalla loro origine ai nostri giorni, Vol.III, Venezia nel Premiato Stabilimento dell’editore Giuseppe Antonelli, 1845

Delio Pacini, Per la storia medioevale di Fermo e del suo territorio, Andrea Livi Editore, Fermo 2000

Angelo Chinagli, Le monete de’ Papi descritte in Tavole Sinottiche, Fermo, tipografia di Gaetano Paccassi, 1848

Giuseppe Catalani, De Ecclesia Firmana, Ex Typographia Josephi Augustini Paccaroni, Fermo 1783

Sommario cronologico di carte fermane anteriori al secolo XIV con alcuni documenti relativi alla storia della Città di Fermo e del suo distretto riferiti per esteso in Documenti di Storia Italiana pubblicati a cura della R. Deputazione sugli Studi di Storia Patria per le provincie di Toscana, Umbria e delle Marche, Tomo IV, 1879.

Francesco Pirani, Per una rilettura dei patti tra il comune di Fermo e i Signori del contado del 1229, in Picenum Seraphicum Vol 29, Eum edizioni università di Macerata, 2014

Antonio Brandimarte, Plinio Seniore illustrato nella descrizione del Piceno, Roma 1815 nella Stamperia dell’Ospizio Apostolico presso C. Mordacchini.

Emanuela Properzi, I Templari, le Marche e il Santo Graal, Edizioni Nisroch, 2021

Patrizio Savini, Storia di Camerino, Camerino 1895, Tip. Savini

Papalini F., Effemeridi della Città di Fermo e suo antico stato, Loreto, 1846.

Modestino Cacciurri

4 agosto 2024

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