Ennesimo invito a “Quelli che San Claudio non è Aquisgrana”: confrontiamoci!

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Ho letto un articolo pubblicato da un quotidiano, ripreso dal sito web di Montecorriere: “San Claudio non è Aquisgrana” anche Barbero firma la petizione”. Un articolo nel quale si parla della petizione che il neonato gruppo “Quelli che San Claudio non è Aquisgrana” hanno inviato, corredata da un centinaio e più di firme al vescovo di Fermo, perché sloggi il Centro studi Giovanni Carnevale dal piano superiore di San Claudio.

Non entro assolutamente nel merito della liceità o meno della presenza degli arredi del suddetto centro nella chiesa, e neppure dell’inutilità di una lapide ammiccante al sepolcro di Carlomagno posta al piano inferiore, priva di alcun riscontro oggettivo. Lapide che, lo comunicai immediatamente agli interessati, non ho mai ritenuto utile alla “causa” della Francia Picena di don Giovanni Carnevale.

L’ubicazione della sede del Centro Studi Giovanni Carnevale non mi interessa e non mi è mai interessata. Rispetto la libertà di opinione e i relativi sviluppi dei “sanclaudisti” e dei “non sanclaudisti” , ma ho sempre, direttamente o sulle pagine de La Rucola, palesato il mio pensiero sull’errore di volere a San Claudio la “cappella palatina” denominazione che gli storiografi tedeschi si sono trovati in braccio (ne scriverò in dettaglio sul mensile stampato) perché il verso “ad ais a sa capele” compare più volte nella Chanson de Roland e condiziona il nome che i Francesi daranno ad Aquisgrana (che per loro nel X secolo era un nome di un luogo esotico sconosciuto e lontanissimo) chiamandola Aix la Chapelle, da quel nome i tedeschi inventarono la Pfalzkapelle di Bad Aachen trasformando completamente nel 1800 un mausoleo gotico perché non avevano nulla di carolingio in quel sito e neppure in alcun altro sito tedesco.

Non posso però accettare che per un poco influente errore di terminologia architettonica che don Giovanni fece, condizionato dagli studi da autodidatta fatti su testi tedeschi durante la guerra, una delle molte vestigia carolingie nella Francia antica, venga cancellato dalla storia, senza procedere ad un doveroso e semplicissimo esame della documentazione iconografica proprio sulla “Basilica chiamata Cappella” che da più di dieci anni insisto nel dire che non è il palazzo delle udienze, oggi San Claudio, ma Santa Maria a piè di Chienti. Non capisco l’accanimento di un pugno di persone che vogliono cancellare la storia senza la benché minima analisi concreta dei documenti di cultura materiale che sono qui e non altrove. Certamente il peso della politica al tempo di Bismarck era fondamentale per gli storiografi spinti dal motto “Sanctus amor patriae dat Animum” a germanizzare la storia della Francia Picena. Ma oggi, con internet è facilissimo constatare che Aquisgrana a Bad Aachen non è mai esistita se l’unica testimonianza è la “Pfalzkapelle” con “la cupola carolingia più grande d’Europa”, che in ben tre iconografie, del 1500 (Duhrer) del 1600 (vista a volo d’uccello di Achen) del 1700 (olio su tavola) non è rappresentata perché il duomo è disegnato invece sempre con un alto pinnacolo di legno. Aggiungo l’ovvio, che uno studente di ingegneria edile è in grado di verificare che una cupola in conci di pietra impostata su un tamburo come ad Aachen, non può stare insieme se non ci sono robuste catene metalliche di cerchiatura impossibili al tempo del Carlone, ma questo non lo si vuole accettare, (anche se è fisica statica e non storia). La Cappella palatina sarebbe l’unica prova che Aquisgrana era ad Aachen, ma questa prova è stata confezionata nel 1800. Non servirebbe altro, ma sia per i tedeschi -e li capisco-, ma anche per gli antisanclaudisti nonostante lo abbia più volte ricordato loro, queste mie questioni sono restate senza risposta.

Se fossi in errore perché non correggermi e platealmente davanti a 100 persone? Sono gli struzzi che mettono la testa nella sabbia per non vedere. I documenti storici sono un patrimonio di tutti. Le iconografie del “Duomo di Aachen” come compaiono nei disegni sono di dominio pubblico consultabilissimi. Come è evidente che, nonostante ne scriva una scrittrice tedesca nella sua opera unica, non esistono le “chiese a croce greca inscritta” perché sono cinque esemplari architettonici esclusivi delle Marche dove non c’è mai stata una setta particolare Cristiana che avesse culti tali da fare chiese che nulla hanno in comune con gli altri edifici Cristiani di culto, men che meno con la chiese greche e neppure con la Basilica di Santa Maria a piè di Chienti, che queste stesse persone vogliono Farfense, chiudendo gli occhi non solo sulla documentazione storica, ma anche sul meraviglioso Pantocratore in mandorla specifico della teosofia di San Basilio già nel V secolo.

Non ho nessuna intenzione di intromettermi in una questione come la presenza dei “Carnevaliani” a San Claudio. È una questione locale di costume attuale e non di storia della Regione. Gli edifici a pianta quadrata (e Germigny des Pres non c’entra nulla), erano i palazzi di rappresentanza dell’imperatore magno e dei suoi maggiorenti posti a controllare le strade principali della Francia antica. Per questo sono unici al mondo come tipologia.

Mi oppongo però a che questa diatriba sul piano superiore dell’edificio di San Claudio diventi l’occasione per buttare il bimbo insieme con l’acqua sporca. Il 3 luglio scorso proposi “parliamone” agli oppositori della “mia” Aquisgrana” a Santa Maria (nessuno mai ne parlò prima), ma nonostante l’invito e più di un centinaio di persone ad assistere, nessuno ha voluto fare la minima contestazione di merito sui documenti che ho illustrato: sarebbe stata l’occasione migliore con tutto quel pubblico, per il Centro Studi Storici Montecosaresi se aveva da obbiettare e per chiunque altro. Se fosse una questione assurda ci sarei stato io, Pluto, Snoopy, Charlie Brown e Lilli e il vagabondo.

Invito i serissimi membri del gruppo contestatore a commentare l’immagine (l’unica pubblicabile senza autorizzazione scritta) che c’è qui sopra. Se la “cupola carolingia” ad Achen non c’era, mi si spieghi con considerazioni concrete e non firme su petizioni che non c’entrano nulla colla questione storiografia, dov’è finita la cupola carolingia di Aquisgrana, che diede il nome al sito come Aix la Chapelle per i francesi. Contestino anche il mio saggio “Basilicam quam Capellam vocant” che scrissi sette od otto anni fa e nessuno ha mai voluto commentare.

Medardo Arduino

18 luglio 2024

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