La malattia dei vermi “elmintiasi” è una parassitosi per la quale una parte del corpo, in genere l’apparato gastrointestinale, è infestato dai vermi.
Nel passato questa malattia era molto diffusa nei bambini delle classi popolari a causa delle precarie condizioni igienico-sanitarie. Bambini costretti a vivere in abitazioni prive di acqua corrente e con i servizi igienici ridotti a un buco dove si riversavano gli escrementi. Una malattia facilmente debellabile con una meticolosa igiene: lavarsi le mani prima di ogni pasto, lavarsi le mani dopo essere stati al bagno. Purtroppo non sempre questi consigli venivano dati oppure se venivano dati, non sempre erano seguiti.
Fatto sta che fino a non molti anni fa, questa malattia imperversava nelle nostre contrade e le madri di questi fanciulli non sapevano come affrontarla. In situazioni così incerte e confuse, dove regnava povertà e ignoranza da una parte e saccente incompetenza dall’altra, prendevano forza vecchie credenze popolari. In pratica la povera gente non trovando né ascolto e né risposte da parte di chi era tenuto a darle, rimediava affidandosi ai rimedi tramandati dalle tradizioni popolari.
Secondo una certa opinione popolare i vermi andavano scacciati dall’organismo dell’infante con odori cattivi o con sostanze amare. Per questo si obbligavano gli sfortunati fanciulli a tenere intorno al collo collane fatte con le trecce d’aglio oppure a bere amari decotti di cicoria. Sempre secondo la stessa credenza popolare i vermi erano attratti dalle sostanze dolci e si sconsigliava il consumo di cioccolata e caramelle. Oltre a questi rimedi, era in uso rivolgersi a guaritori locali. Guaritori dotati del potere benefico di allontanare la malattia. Guaritori che possedevano “il dono” di guarire la malattia. Dono che si tramandava da padre in figlio.
La guarigione avveniva con un particolare rito. Un rito ereditato dal passato e tramandato attraverso i secoli. Un rito nel quale si mescolava religione, magia e suggestione. Il rito del “segno dei vermi”. Questo rito consisteva nell’inserire, uno a uno, pezzetti di filo bianco, tagliuzzati in modo da sembrare vermi, in un bicchiere colmo d’acqua posto accanto al bambino. Mentre si eseguiva questa operazione, venivano recitate a bassa voce speciali preghiere accompagnate da continui segni della croce. Terminato il rito, se i filamenti venivano a galla significava che i vermi stavano abbandonando l’organismo del bambino; se, al contrario, scendevano sul fondo del bicchiere voleva dire che erano vermi resistenti e allora occorreva ripetere il rito. Il rito andava ripetuto anche quando i filamenti si muovevano dentro al bicchiere.
Con gli occhi di oggi e di coloro che non ottenevano nessun miglioramento, queste pratiche non erano altro che frutto della superstizione. Per i pochi che ottenevano i benefici richiesti, queste pratiche erano riti sacri dove operavano le forze del bene. Di certo “il rito del segno dei vermi” era, per alcuni, un modo di porsi di fronte alla vita. Il rito trovava terreno fertile nella debolezza umana che nel momento del bisogno era pronta a credere a tutto.
Vincenzo Salici
24 giugno 2024