Da sempre mi sono occupato degli argomenti che più mi stanno a cuore: ossia il bioregionalismo, la spiritualità laica, la ecologia profonda e pure l’economia, due termini questi ultimi con il medesimo prefisso (“eco” = ambiente). La prima s’interessa allo studio dell’habitat e la seconda all’ordinamento dello stesso.
Inizio a parlare dell’aspetto, ecologico, che conosco per esperienza diretta essendo vissuto per lunghi anni in un contesto semi-naturale, a contatto diretto con la natura e con gli animali. E proprio osservando gli animali ho potuto constatare come spontaneamente essi soddisfano le loro esigenze primarie, come mangiano, come organizzano le loro comunità, come risparmiano sapientemente le risorse disponibili, in sintesi come essi siano in grado di sopravvivere mantenendo integra la capacità rigeneratrice delle risorse necessarie alla vita, in modo che possano fornire cibo per se stessi e per la loro progenie; e ho visto come negli animali tutta la loro espansione o regressione viene regolata in funzione di ciò.
Ricordo le osservazioni compiute nei confronti di varie specie, sia addomesticate che selvatiche, e dove non sono potuto arrivare con la conoscenza diretta mi sono avvalso di ricerche di bravi etologi e naturalisti. Ho notato in tal modo che esiste un sistema integrato di relazioni nel vivente, vi sono interconnessioni a tutti i livelli, dall’inorganico all’organico. I rapporti fra le varie specie sono sempre in armonia, seguendo una complessa catena alimentare, funzionali al mantenimento dell’habitat e della sua vivibilità. Certo, la preservazione della vivibilità richiede di tanto in tanto un aggiustamento, in modo tale che l’ambiente e le diverse specie possano sostenersi vicendevolmente senza ledere il tessuto generale della vita.
La situazione nella società umana è diversa, almeno per quel che riguarda il suo ordinamento. E qui inizio a parlare di economia. Poiché l’astrazione dal contesto vitale e soprattutto per le differenti considerazioni sull’uso e sulla conservazione delle risorse, l’approccio umano al mantenimento della vita è secondario al meccanismo economico. Questo è iniziato sin dalla fine del neolitico, con l’affermarsi dell’agricoltura, dell’artigianato e di tutte le arti e scienze tecnologiche. Ma la spinta maggiore verso l’astrazione è subentrata con l’industrializzazione massiccia degli ultimi due secoli e -più recentemente- con il “consumismo”.
In seguito a ciò l’economia è divenuta sempre più funzionale all’asservimento (in primis) dell’uomo al sistema e conseguentemente anche delle altre specie e delle altre forme di vita. Questo approccio è stato incrementato anche dalla “necessità” di promuovere una società in cui economia e crescita divenissero sinonimi. La spinta in avanti, il fertilizzante “chimico” per continuare a crescere è sostanzialmente la spinta a soddisfare esigenze prevedibili e imprevedibili future, attraverso una produzione di beni innecessari e l’accumulo degli stessi, nonché attraverso una motivazione emozionale tesa a soddisfare tali esigenze di “accrescimento” con foga ed estensione.
Da qui l’immagine della costrizione psicologica a produrre e guadagnare, non per le esigenze reali ma per “pagare” (figurativamente) un debito. Infatti quando si sente di dover pagare un debito la mente è protesa in avanti e spinge a operare “forsennatamente”. Forse è per questa ragione che nell’economia è nata la tendenza alla rateizzazione, alla formazione di debiti e crediti e alla proiezione verso un ipotetico benessere “futuro” dimenticando però il presente. Ciò avviene “all’esterno” con la continua costruzione di nuovi inutili aggeggi, di oggetti e costruzioni in sovrappiù, di trasformazione degli elementi e consumo forsennato di prodotti usa e getta, coinvolgendo in tale processo ogni altra specie e risorsa. E “all’interno” con l’alienazione ulteriore dell’uomo dall’insieme e una strutturazione vieppiù “regolata” e contorta della società, con sempre nuove leggi, norme di comportamento, manipolazione e repressione degli stimoli naturali, organizzazione del lavoro in senso utilitaristico, etc.
Tutto questo sistema organizzativo sociale ha trovato un codice e un’attuazione ottimale tramite il sistema economico definito “moneta debito”. A questo punto avrete compreso che quando tale sistema economico e monetario è accettato dall’intera comunità umana, ed è quanto avvenuto in pressoché tutti i Paesi della Terra, significa che chi è in grado di controllarlo e gestirlo, in realtà controlla e gestisce il potere sul mondo. Siamo tutti “in ostaggio” di un potere economico finanziario che non teme rivali… e pertanto i cittadini, gli esseri umani nella loro globalità, sono esattamente come i polli in batteria, vengono nutriti quel che serve per produrre uova, nelle loro gabbiette (a norma di legge) per essere poi gettati negli inceneritori una volta ottemperata e conclusa la loro funzione. È evidente che in tale modo, anche le persone più “abbienti”, sono come polli leggermente più fortunati degli altri, che possono disporre di una gabbia più ampia e di cibo più abbondante ma nulla di più. Per loro non c’è libertà né felicità né naturalezza di comportamento.
Paolo D’Arpini – Rete Bioregionale Italiana
19 giugno 2024