Nicole Gabucci, poliedrico personaggio, racconta del suo amore per le Marche: “Risale a tanto tempo fa quando ero piccolina e partivo dalla Francia con mia mamma Liselotte, intrepida nuotatrice, per trascorrere l’estate a Porto Recanati; non solo per amore del mare e imparare a nuotare, ma anche per fortificare la mia fragile salute. Inoltre imparai l’italiano giocando con Sandro e Maurizia, Annarita, Lilia, Anna e alcuni ragazzini venuti da Roma. Tutte le sere si andava al cinema nella bella corte del Castello Svevo, chiamato “Arena Gigli”.
A Ferragosto, quando arrivava mio padre Enrico da Strasburgo, ci recavamo per una giornata in campagna a Montefano (dove nacque papà all’inizio del secolo scorso); eravamo invitati da una antica famiglia di contadini, i Carloni, produttori di olio, vino e miele. È là, che nasce il mio amore per la campagna marchigiana: infatti scopro a 4 anni tutti gli animali della bassa corte. Maria Carloni mi metteva i coniglietti in braccio e mi faceva vedere come si mungono le enormi mucche bianche nella stalla (in Alsazia sono bianche e nere). Con tutta la famiglia si mangiava sull’aia intorno a un grande tavolo di legno con le specialità locali: la polenta e i vincisgrassi… un ricordo meraviglioso, di una famiglia piena di affetto che io consideravo come i miei zii, non avendo mai conosciuto i miei nonni italiani.
È per questo che desideravo farmi fotografare a Montefano nel giardino di Angelo Carloni, con la brocca in testa, omaggio alla donna marchigiana. A quell’epoca ero fotomodella a Strasburgo e a Roma e feci tantissime fotografie vicino agli alberi tipici come il fico, ai pagliai, agli antichi carri dipinti (ndr: i birocci); eravamo agli inizi degli anni ‘70. Più tardi ho interpretato Silvia di Leopardi in mezzo alle colline leopardiane e ai vigneti. Profondamente innamorata della natura sotto tutte le sue forme, molto più tardi sono diventata io stessa fotografa, negli ultimi 30 anni, scattando migliaia di foto negli antichi borghi, con una particolare attenzione alle vecchie porte e finestre screpolate dei casolari abbandonati, a tutti i tipi di alberi, foglie, fiori, panorami, chiese, sculture, portali, grate e anche alle nuvole, in tutte le stagioni: dalla gaia primavera all’innevato inverno.
Ho dipinto acquarelli che corrispondono ai miei luoghi prediletti e posso dire di aver consacrato alle Marche ben 45 anni della mia vita: iniziai infatti il primo paesaggio nel giardino “da Bora” con mia figlia Beatrice, nata da poco, che beveva il suo biberon mentre io acquarellavo la splendida veduta che si stendeva davanti ai miei occhi fino all’orizzonte.
1 maggio 2024