Quale futuro per il Cosmari? Inceneritore o continuare con la raccolta differenziata?

Nota – Franco Capponi da Presidente della Provincia negli anni 2009/2010 realizzò l’ultima discarica di Cingoli e da Presidente del Cosmari dal 2000 al 2004 ideò la raccolta “porta a porta” con una virtuosa gestione della raccolta differenziata.

Scrive Franco Capponi – È paradossale che abbiamo fatto le raccolte differenziate quando non c’era ancora l’economia circolare (cioè il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti differenziati che vengono rimessi nei cicli produttivi come “Materie Prime Seconde” [materie prime di scarto recuperate]) e adesso che l’economia circolare c’è pensiamo di ritornare a bruciare risorse materiali preziose e utili, ma anche convenienti per le imprese che riutilizzandole risparmiano energia e materie prime e abbattono l’emissione di Co2. Senza alcuna contrarietà ideologica verso gli inceneritori ragioniamo nel merito delle scelte più opportune da fare nella nostra provincia. Il futuro del Cosmari, come delle altre multiutilities, è nella sua trasformazione in “fabbrica della produzione di Materie Prime Seconde” con le quali rifornire le imprese. Una prospettiva che non solo giustifica ma valorizza il ruolo di infrastrutture territoriali di piccole/medie dimensioni, come il Cosmari appunto, capaci di individuare e sostenere imprese e filiere produttive che sempre più si rivolgeranno al mercato delle Materie Prime Seconde. Se invece il problema è bruciare i rifiuti non c’è più bisogno del Cosmari, ci sono le grandi multiutilities che con le raccolte standardizzate e omologate (sostanzialmente il ritorno al cassonetto) alimentano i loro inceneritori, troppo spesso sovradimensionati e per questo famelici. Insomma, se c’è da portare tutto in un forno ne basta uno per più regioni. Se invece c’è da rifornire imprese e filiere di un territorio c’è bisogno di realtà come quella del Cosmari, c’è bisogno della partecipazione e della responsabilità delle istituzioni e delle comunità locali, delle imprese e delle associazioni. Non sono discorsi astratti, c’è il destino di 600 posti di lavoro e di quell’80% di raccolta differenziata, grazie all’introduzione del “porta a porta”, che ha portato il territorio maceratese a essere dal punto di vista dei rifiuti un ambiente più sicuro e più sano e l’ambito più virtuoso a livello regionale. Non convince la proposta dell’inceneritore anche per le difficoltà amministrative, tecniche, gestionali ed economiche relative:

1) la Legge Regionale e il Piano regionale dei Rifiuti non prevede la realizzazione di un termovalorizzatore nelle Marche e nessuno l’ha modificata;

2) analizzando le gestioni dei nostri ambiti si comprende come Pesaro sia già orientata ad aderire al modello Emilia Romagna e ai suoi termovalorizzatori. Resterebbero poco più di un milione di abitanti a produrre 600.000 ton. di rifiuto, che al ritmo attuale di raccolta differenziata porterebbe alla residua disponibilità di materiale da bruciare di circa 120.000/140.000 ton., dimensioni che presuppongono la realizzazione di un impianto molto piccolo e quindi non economico.

3) Il costo inoltre di un impianto di termovalorizzazione di queste dimensioni si aggirerebbe sui 200 milioni di Eu ro e questo già da solo potrebbe essere il fattore limitante (né il Cosmari né i Comuni hanno queste risorse), né c’è stata la capacità di captare le risorse del PNRR qualora volessimo ancora proseguire con la gestione pubblica del sistema integrato dei rifiuti;

4) Realizzare un termovalorizzatore non risolverebbe il problema dell’emergenza, ma la prolungherebbe in quanto, ammesso che qualcuno riesca a far digerire a un territorio di ospitarlo, occorrerebbero non meno di 6/7 anni per la sua autorizzazione e realizzazione. Chi non è riuscito in questi anni a realizzare una semplice discarica, sarà capace di trovare un territorio disposto a realizzare un inceneritore? Si dovrebbe sostenere invece la realizzazione di impianti di Bio-digestione e di compostaggio dei rifiuti di sostanze organiche che sono la stragrande maggioranza dei rifiuti urbani e che vengono prodotti sia dalle famiglie (come gli scarti di cucina) ma anche dalle attività produttive (prodotti che provengono dai mercati e dai negozi di alimentari, ristoranti, mense e simili, che provengono dalle aree urbane (materiale vegetale, erba tagliata, foglie) e che deriva dalla manutenzione di parchi e giardini, pubblici e privati (frazione verde dei rifiuti). Ci sono poi i fanghi provenienti dagli impianti di depurazione delle fognature e dalle industrie agroalimentari. Queste sostanze organiche contribuiscono in modo notevole alla formazione di biogas (come il metano, in particolare). Va inoltre considerato che nelle discariche questi materiali provocano odori spiacevoli e se inviati agli inceneritori, bruciano “male” e fanno aumentare la quantità di energia richiesta per la combustione.

La proposta

Aumentare la raccolta differenziata, lavorare ancora sulla riduzione dei rifiuti, coinvolgere cittadini e imprese nell’acquisto e nell’utilizzo di prodotti sempre più riciclabili, fare moderni impianti di selezione che permettano di recuperare una grande quantità di materie prime da destinare magari a innovative imprese locali e trasformare il rifiuto organico in energia (con impianti a digestione anaerobica) e ammendante per i terreni (sempre più poveri di sostanza organica). Come smaltire allora i rifiuti senza inquinare? Evolvendo il modello che il Cosmari ha realizzato da dieci anni a questa parte e cioè con il Porta a Porta spinto, con una nuova impiantistica e nuove imprese per il recupero dei materiali provenienti dal riciclo e la tariffazione puntuale (tariffa calcolata in base al reale conferimento del rifiuto dall’utente). Infine sul paventato aumento della TARI (Tassa sullo smaltimento dei rifiuti) in questo momento di grande difficoltà per tutti i cittadini, soprattutto per l’aumento della fascia della povertà, va detto che un aumento sarebbe devastante. Anche se i calcoli più accreditati parlano di un aumento del 20-30% (e non del 200-300%) nei prossimi 3 anni, comunque sarebbe sempre un forte aumento per imprese e famiglie causato dai ritardi accumulati nella individuazione dei siti di discarica e quindi dalla necessità di andare a smaltire fuori provincia. Le responsabilità sono ben identificabili in chi ha gestito la questione negli ultimi 7/8 anni.

 Nota della redazione – questo è quanto invece sta accadendo: https://www.larucola.org/2023/10/07/sara-solo-una-questione-di-colori-e-in-atto-una-regressione-ecologica-in-provincia/ .

Franco Capponi

19 dicembre 2023

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