Il prof. Arnaldo Mazzanti ci racconta come nacque l’Antiquarium di Pievefavera

Andiamo a vedere come nacque la collezione di reperti archeologici e oggetti custodita nell’Antiquarium di Pievefavera (Caldarola). All’inizio degli anni Settanta il prof. Arnaldo Mazzanti acquistò una casa nella frazione di Pievefavera; da allora vi trascorse tutte le estati. L’idea del museo scaturì da un ritrovamento fortuito. Una mattina Arnaldo si recò, con la moglie Anna Cerutti e le piccole Paola e Laura, sulla spiaggetta del lago prospiciente il campo della parrocchia di Santa Maria Assunta di Pievefavera. Tra i ciottoli della spiaggetta, sita sulla sponda del lago di Pievefavera emergevano dei frammenti di terracotta. In precedenza molti reperti erano stati dispersi dai pescatori, che spesso li rigettavano in acqua. Fu subito evidente che si trattava di frammenti di patene (ciotole) romane.

Con il passare del tempo la battigia del lago erodeva le sponde portando alla luce altri elementi di natura archeologica. Raccogliendo tali reperti il professor Mazzanti si premurò di effettuare denuncia dei ritrovamenti alla Stazione dei Carabinieri di Caldarola e di lì alla Soprintendenza di Ancona. Inoltre, man mano descriveva i vari frammenti con articoli su “L’Appennino Camerte” e su altri periodici locali. Trovò subito un ascolto interessato nel direttore don Antonio Bittarelli, il quale in seguito divulgherà tali notizie nel suo libro “Pievefavera romana e medioevale” (1987), citando Mazzanti.

Furono esposte le varie ipotesi sul tempio pagano di cui nel museo resta solo un frammento di fregio con un bucranio (teschio di bue) e festone scolpito in bassorilievo. I bucrani simboleggiavano il sacrificio dei bovidi in onore della divinità. Non è conosciuta la dedicazione di quel tempio (ndr: dio Mitra?). Arnaldo e Anna, parlando con gli agricoltori locali, appresero che alcuni toponimi avevano una corrispondenza con i ritrovamenti archeologici. Piòarsa (pieve bruciata) può ricordare una devastazione nei primi secoli in epoca annibalica. A tal proposito il lago ha restituito due monete particolarmente interessanti in quanto non italiche, una ha effigiata l’immagine di un elefante. Sulla seconda moneta campeggia un toro. Dall’altra parte dell’una e dell’altra c’è un volto umano non identificabile.

I due coniugi maremmani, storici dell’arte, specificano di non aver mai scavato. Precisa Anna che il lago, creando la stratigrafia, ha espulso queste due monete dallo strato combusto. Tali monete puniche di Pievefavera sono state inserite da Stefano Medas nella sua tesi di laurea dell’Università di Bologna dal titolo: “Monete puniche da Ravenna”, estratto da “Rivista di Studi Fenici” volume 19 del 1991. Tale tesi è stata inserita dal Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma negli studi storici dell’Istituto per la civiltà fenicia e punica. Tra i tanti reperti emersi, un frammento molto importante è una patena di colore nero (tramite argilla peptizzata) e altri frammenti di colore rossiccio. Il pezzetto più grande dipinto di nero riporta un graffito con il nome di Rutilio Samios. Secondo il prof. Gianfranco Paci noto epigrafista dell’Università di Macerata potrebbe essere anche letto come Samias. Tale graffito risulterebbe di epoca repubblicana, in quanto le lettere sono alquanto arcaicizzanti, molto simili alla stele denominata Niger che si trova nel museo archeologico romano.

Tali reperti convalidano l’ipotesi che la Faveria romana, ubicata lungo il fiume Chienti, era una stazio romana dotata di piccole terme e sorta ipoteticamente tra il IV e il II secolo a. C. Con tale alfabeto fu rinvenuta una olla di importanti dimensioni, dove sono incise nella parte superiore delle lettere latine arcaiche. Tale vaso fu preso in carico diversi anni fa dalla Soprintendenza Archeologica di Ancona, ufficio restauri, e non è ancora stata restituita al museo di Pievefavera. L’Antiquarium è stato ampiamente descritto, con foto dei vari reperti, nel volume “Archeologia nel maceratese: nuove acquisizioni” (2005) a cura di Giuliano De Marinis edito dalla Fondazione della Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata.

Dopo i ritrovamenti il problema del professor Mazzanti era dove collocarli: necessitava un luogo pubblico o pseudo tale. È doveroso ringraziare i sindaci Fedro Buscalferri e Fabio Lambertucci che concessero di collocare i reperti nel torrione restaurato della chiesa di Pievefavera. Attorno a quel torrione e al suo interno furono collocati grossi reperti litici provenienti dalla Faveria romana. Durante i due mandati da sindaco di Fabio Lambertucci (1999-2009) il Comune sollecitò la Soprintendenza a compiere degli scavi archeologici sul luogo del ritrovamento. Un particolare ringraziamento va all’allora assessore alla cultura Marco Falcioni, che si interessò d’istituire l’Archeo Club denominato “Faveria”.

Oggi gli scavi visibili sono recintati e protetti da una tettoia. I reperti fittili e metallici sono inseriti nel nuovo Antiquarium situato nei pressi degli scavi stessi. I viaggiatori curiosi potranno visitare il minuscolo museo posto sulla riva destra del lago, detto anche di Caccamo. Le piccole raccolte e minute esposizioni narrano e “parlano” delle origini di ciascuno di noi; alcuni reperti sono interessanti soprattutto per gli studiosi e i cultori della storia. I ritrovamenti sono stati più volte citati nella rivista “Picus” (Studi e ricerche sulle Marche nell’Antichità) dei professori Gianfranco Paci e Roberto Rossi (numismatico) negli anni 1986, 1989, 1996 e 1997. A ottobre 2023 una squadra di ricercatori volontari inizierà una campagna di ricerche tra Umbria e Marche su tutte le presenze puniche e cartaginesi. Quell’associazione volontaristica laziale è in partnership con il CNR-ISPC di Roma. La ricerca è volta a studiare il passaggio delle truppe cartaginesi dalla battaglia del lago Trasimeno all’Adriatico. Saranno esaminati i reperti cartaginesi e punici esposti in musei, antiquari e collezioni. Ne seguirà una mappatura che indicherà il probabile percorso effettuato tra il 218 e il 203 a. C.

https://www.larucola.org/2016/08/18/la-citta-sommersa-continua-a-restituire-pezzi-di-passato/

https://www.larucola.org/2016/10/31/lantica-faveria-riemerge-dal-lago-2/

 Arnaldo Mazzanti

Il prof. Arnaldo Mazzanti, scultore e pittore ha opere in varie parti del mondo, in bronzo, legno, cemento, pietra e terracotta. Ha dipinto diverse pale d’altare di notevoli dimensioni e realizzato affreschi in diverse chiese. Realizza solo opere pubbliche, affinché siano fruibili da tutti. Ultimamente ha realizzato anche delle copie di ritratti dei cardinali Battista e Evangelista Pallotta, andati persi nel tempo. Di ragguardevoli dimensioni sono i due suoi monumenti a Giovanni Paolo II: uno a Grosseto, in piazza della Cattedrale; l’altro a Cesi di Serravalle del Chienti; un monumento dedicato ad Andrea da Grosseto, scrittore in volgare antecedente a Dante Alighieri, si trova nella piazza del museo Archeologico di Grosseto.

Eno Santecchia

7 dicembre 2023

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