Grazie alla cortesia di specialisti disponibili proviamo a prendere coscienza della complicata situazione attuale. Alla larga da allarmismi esagerati, fake news, disinformazione e bufale che ormai popolano la Rete e i mass media. Il professor Marco Severini, docente di storia contemporanea all’Università di Macerata, risponde ad alcune domande.
È davvero finita la globalizzazione ed è tornato lo scontro tra potenze? – “Il processo di globalizzazione è duro a morire anche perché, fin dall’antichità, le relazioni e gli scambi sono parte essenziale degli esseri umani. Possiamo dire che in tale processo esistono molteplici fasi di espansione e di contenimento e quella sotto i nostri occhi appartiene a quest’ultima categoria”.
Come vede mutata l’Europa dopo tanti mesi di guerra? – “Come per tutti i conflitti che hanno caratterizzato la storia, l’invasione russa dell’Ucraina ha influenzato decisamente la storia del vecchio continente: la guerra ha determinato rilevanti ripercussioni sui mercati dell’energia e dei prodotti alimentari. L’Unione Europea si è prontamente mossa sia sul piano delle azioni volte a garantire l’approvvigionamento energetico sia sul piano sanzionatorio attraverso il varo di 11 pacchetti (alla fine del giugno 2023) comprendenti misure di natura commerciale, trasporti, l’energia, come detto, e le limitazioni alla circolazione di beni e persone. Inoltre, la guerra iniziata con l’invasione russa dell’Ucraina è sostenuta da Stati Uniti e Gran Bretagna con l’invio di armi e una continua presenza delle due potenze a Kiev: l’UE ha rinunciato al gas e petrolio russo, oltre al Nord Stream 2, sanzionando la Russia e inviando armi al governo guidato da Zelensky”.
Come percepisce cambiati gli equilibri mondiali? – “Il conflitto ha evidenziato una separazione tra anglosfera ed Europa nell’approccio alla Russia e alla Cina, mentre una gran parte dei paesi africani e asiatici – tra cui l’India – non hanno condannato la Russia e continuato a comprare gas e petrolio; la stessa Turchia, membro della Nato, non ha sanzionato Mosca e si è posta come paese mediatore, senza concreti risultati; ancora, il governo di Ankara ha ripreso i rapporti con Israele e con i paesi arabi. La partita effettiva, però, si gioca tra Stati Uniti e Cina, potenze globali che si scrutano e si sfidano, intrecciando interessi e visioni spesso contrastanti, nella politica come nell’economia, nella tecnologia come nella sicurezza nazionale. La crescente assertività della politica estera cinese ha spinto la Nato a intensificare la cooperazione con quattro Paesi chiave dell’Asia-Pacifico. Va poi sottolineato come dopo lo scoppio della guerra in Ucraina sia iniziata una nuova corsa agli armamenti: la spesa internazionale in armamenti, secondo i dati del Sipri di Stoccolma (aprile 2023), è cresciuta del 3,7% nell’ultimo anno stabilendo il record di 2.240 miliardi spesi in armi nel mondo. Ora, il fatto che si producano più armamenti e si spendano più soldi per acquistarli è un fattore molto inquietante che incide profondamente sulle prospettive di pace, che deve rimanere insieme con la convivenza e la reciproca cooperazione l’unico fondamentale obiettivo dei popoli. Dopo il primo anno di conflitto russo-ucraino sono mutate sia la percezione della guerra sia quella della pace. Quanto alla prima, dopo un iniziale periodo di condivisa partecipazione al dramma ucraino, hanno fatto seguito fasi diverse, in cui si sono intervallate l’assuefazione, la paura di pagare un prezzo troppo alto, la divisione per fazioni rispetto alla disinformazione e alla propaganda. Quanto alla pace, il dibattito su di essa ha conosciuto una gamma diversificata di sfaccettature: il pacifismo senza se e senza ma è stato affiancato dalle paure circa il fatto che una vittoria russa potrebbe avere sugli equilibri europei e internazionali; il continuo invio di armi all’Ucraina da parte dell’Occidente è stato metabolizzato dai cittadini europei, ma in molti si chiedono quali ripercussioni comporterà sul lungo periodo questa scelta. In ogni caso, un conto è inviare aiuti commerciali e materiali, un altro inviare armi che verranno prima o poi usate. Con gli armamenti si può costruire tutto meno che la pace”.
I geologi e gli scienziati hanno coniato la nuova parola Antropocene per attribuirla alla nostra era, qualche altro, non troppo per scherzo, Plasticocene. Dal punto di vista storico ci troviamo tra la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra? Ci sono i presupposti per un punto di rottura, uno spartiacque? – “L’Antropocene è un’epoca geologica definita dall’impatto dell’umanità sulla Terra, invece Plasticocene non è solo una provocazione, ma la comprensione avviata dalla scienza per divulgare, informare e sensibilizzare sull’importanza del nostro polmone blu. Di plastica non se ne può davvero più: i principali Paesi del mondo, specie i più inquinanti, devono assumere impegni precisi per ridurre drasticamente fino ad azzerarli la produzione e l’utilizzo della plastica. È una vera battaglia di civiltà: se la perdiamo, non è a rischio il pianeta, ma la sopravvivenza della specie umana”.
Secondo lei le nuove generazioni stanno prendendo coscienza delle attuali gravi crisi? – “Le nuove generazioni vivono da anni in una dimensione social sotto certi aspetti unilaterale, autoreferenziale e mortificante. Esse si trovano a vivere uno dei periodi più difficili della contemporaneità. Solo con un serio e organico progetto di rieducazione collettiva, di formazione a 360 gradi, si può uscire da questo stato catatonico di conformismo, mercificazione e assuefatta mediocrità in cui tutti parlano di tutto, spesso senza neanche – non dico avere competenze specifiche – conoscere le questioni. Nel nostro mondo tutti copiano tutti, l’originalità è quasi scomparsa, le voci innovative vengono marginalizzate. È questa l’età in cui le parolechiave nella vita pubblica sono “wow”, “eccellenze”, “plus”, “fantastico” etc., quando di meraviglioso c’è davvero poco o niente. Di sicuro non è quello che ci propina la pubblicità ahimè ancora sovrana”.
Eno Santecchia
2 novembre 2023