La prima volta che andai alla presentazione di un libro del prof. Giovanni Carnevale correva l’anno 2011, il 3 dicembre a Civitanova. Il teatro era pieno, un pubblico attento e coinvolto dalle parole dell’anziano ma vivacissimo sacerdote. A un certo punto fu nominata un’amena località, “Ornat” una località vicino Aquisgrana che secondo le complesse ricostruzioni del professore fu teatro di almeno due importanti avvenimenti storici, uno riguardante la presenza di Carlo Magno e un altro il sinodo del cadavere di papa Formoso.
Ornat secondo il sacerdote e professore sarebbe identificabile con Acquaviva Picena, in virtù di una contrada con questo nome di cui c’è ancora traccia. Dai palchi qualcuno sollevò un’accesa obiezione, sostenendo che Ornat era meglio individuabile in Lornano di Macerata, dove sotto la attuale proprietà giacciono sicuramente i resti di un castello. Non capivo a quel tempo di cosa si stesse parlando, e in verità faccio fatica pure ora. Prendendo per buoni gli scritti di don Carnevale, personalmente concordo con l’opinione alternativa dello sconosciuto (per me) protestatore, e di altri ricercatori che sostengono l’Ornat Maceratese, che ha dalla sua la maggiore vicinanza con San Claudio-Aquisgrana. Ma non basta il solo “sentimento”, è ora di portare qualche prova, qualcosa, anche una traccia documentale che sia analizzabile dagli addetti ai lavori per un contraddittorio serio.
Ma torniamo all’inizio: papa Formoso, avendo dovuto incoronare due imperatori contrapposti, un “tedesco” e un “francese”, quando il primo all’improvviso muore deve subire le ritorsioni del secondo, il papa stesso muore poco dopo (aprile 896), viene sepolto in Vaticano (quindi San Claudio?) ma dopo 10 mesi viene riesumato per essere processato. Qui cominciano le incongruenze. Secondo don Carnevale in quel periodo Roma era nel caos e pressoché disabitata, anche i papi erano fuggiti da Roma, per rifugiarsi per circa tre secoli nel maceratese, probabilmente a San Claudio. Ci può stare, se pensiamo che quando i goti finirono di devastare Roma allargarono le incursioni al resto della Sabina, costringendo alla fuga anche i monaci della potente abbazia di Farfa, che si rifugiarono, reliquie comprese, a Santa Vittoria in Matenano.
Nella versione di don Carnevale, e in scritti successivi di altri dove si riprende l’episodio truce del sinodo del cadavere, leggiamo che il papa viene dissotterrato (da San Claudio al Chienti?) portato a Ornat/Acquaviva Picena, qui rivestito dei paramenti pontificali e processato dopo l’amputazione delle dita benedicenti della mano destra, gettato in un fiume dalla incerta identificazione. Ma dove sta scritto “Ornat”? Ho perso una diottria nel cercare una traccia su “Storia della chiesa” di Jedin, in due versioni di liber pontificalis, nel De Viti Romanorum Pontificum di Liutprando (1602), nel De vitis Pontificum Romanorum di Bartolomeo “Platina” (1610), in Storia Universale Sacra e Profana di A.Calmet (1760). Non c’è Ornat.
Interessante l’Abate Rohrbacher in Storia Universale della Chiesa Cattolica del 1860 il quale contesta l’autorevole Liutprando, confrontandolo con l’umanista Ausilio contemporaneo di Formoso. Spiego: Liutprando di Cremona (920/972 circa), scrisse che il cadavere di Formoso fu vestito dei paramenti papali, posto su un trono e processato con un avvocato che parlava per lui, indi gli furono mozzare le dita, la testa e quindi gettato nel Tevere. Ausilio contemporaneo di papa Formoso e conoscente diretto, invece nel suo trattato “Infensor et defensor” leggibile all’interno di Patrologie cursus completus del 1853, racconta semplicemente del poveretto che “il cadavere fu estratto dal tumulo, trascinato al concilio, qui venne spogliato dagli abiti che portava, rivestito con abiti laici, e gli amputarono due dita della mano destra. Quindi lo seppellirono nella tomba dei pellegrini. Non molto dopo lo gettarono nel Fiume Tevere”. Ausilio quindi non parla né di avvocato, né di trono né di decapitazione come fa Liutprando; nemmeno lui parla di Ornat. In nessuna delle fonti si parla di recupero dopo tre giorni della salma da parte di un monaco al porto di Ostia, dove sarebbe stato trascinato dalla corrente. Questo dettaglio del recupero lo troviamo in wikipedia, dove per il resto è ricalcata la versione di Liutprando.
Onestamente mi attendevo di trovare almeno in uno dei testi consultati “porto di Ostia” ma, almeno e semplicemente, “Porto”, come il toponimo alla foce del Potenza riportato in alcune mappe di qualche secolo fa. Ma non c’è. Eppure, se don Carnevale e altri studiosi mettono Ornano-Ornat e Porto come punti di forza, da qualche parte li avranno letti, e non avendo io altre diottrie da perdere, sarebbe bene che i ricercatori viventi le rendessero note (don Carnevale non può più farlo), perché è inutile rimpolpare le storie di dettagli e panegirici per far quadrare la propria ricostruzione, se poi la pezza di appoggio non c’è: rende vano il lavoro e dubbioso il lettore, che già prova a capirci qualcosa, ma molto spesso, vista la vastità dell’argomento “Francia Picena” e i giri complicati di parole, spingono allo sbadiglio e all’archivio nello scaffale del salotto per sempre.
Simonetta Borgiani
31 ottobre 2023