Nelle sue “Antichità Picene XVII” Colucci parla della origine della città di Fabriano
e dell’arrivo di Barbarossa dalla Germania nel 1154. Nello stesso testo parla anche di un Capitano fabrianese di nome Federico, che nel 1010 conquista l’antica città di “Fiesoli”. Quindi, tanto per dire, il nome Federico era già in uso nella zona nell’anno mille.
A ogni modo, i cavalieri al seguito del Barbarossa presero albergo a Fabriano e, secondo la storia ufficiale , uno dei suoi capitani giunti dalla Germania con lui, il valoroso e nobile Ruggiero de’ Chiavelli, conquista con altri capitani per conto dell’Impero l’Umbria, la Marca e arriva a Fabriano soggiogandola. Costui, quando si ritira a vita privata, decide di stabilirsi proprio a Fabriano. Ruggiero sposa una ragazza di un castello vicino, chiamato “la Capretta”, che gli porta questa ricca proprietà in dote, da allora chiamata “Ruggiera”. La sua stirpe detenne la signoria di Fabriano per conto dell’Impero dal 1378 al 26 maggio 1435 quando, durante la messa cantata, nel coro del duomo di San Venanzo a Fabriano ci fu l’eccidio dei membri maschi perpetrato da un gruppo di congiurati.
Ora, il Colucci espone un lecito dubbio: che la famiglia Chiavelli fosse già residente in Fabriano da molto tempo, piuttosto che derivare dal germanico Ruggero, e che tutt’al più egli fosse discendente di un ramo trasferitosi per qualche motivo in Germania e poi tornato ai luoghi di origine con Barbarossa. Qualche risposta potevamo trovarla nell’archivio della famiglia, alcuni Chiavelli erano raffinati bibliofili ma i congiurati, come già detto, si avventarono su di loro al grido “viva la libertà a morte i tiranni” e li uccisero a pugnalate in chiesa poi, raggiunte le loro dimore, uccisero anche i maschi in fasce e si affrettarono a bruciare l’archivio. La signoria passò nelle mani di Francesco Sforza, e poco tempo dopo venne annessa allo stato Pontificio.
Oggi cosa sappiamo? Della famiglia Clavelli, o più correttamente De Clavellis, abbiamo notizie certe a partire dalla seconda metà del 1100, quando dalle pergamene ancora esistenti risulta essere già in vista e con consistenti proprietà terriere e immobiliari nei dintorni di Fabriano. Dopo l’eccidio ai Clavelli è toccata la solita damnatio memoriae disposta dai vincitori; diversi studiosi hanno tentato di toglierli dall’oblio, con risultati frammentari e dubbi per la scarsità di documenti. Un lavoro incredibile è stato fatto dal ricercatore paziente e appassionato Giovanni B. Ciappelloni, autore del volume “De Clavellis De Fabriano”, il quale grazie a ogni traccia ritrovata su toponomastiche, reperti lapidei e pergamene, ha ricostruito i movimenti, la presenza, la personalità dei membri di questo clan in Italia e in Europa.
Rimane ancora qualche “forse”, fugato parzialmente con la logica, analizzando il contesto e il comportamento dei Clavelli, che nel bene e nel male, prepotenti ma geniali, sono stati promotori della nascita di attività produttive delle quali ancora oggi Fabriano si vanta, come la fabbricazione della carta. Il “forse” non documentato, è la origine del clan. Dal temperamento, dalle frequentazioni, dall’aspetto fisico, l’etichetta spontanea è “normanni”, cioè i discendenti di quelle popolazioni audaci scandinave-danesi che invasero dapprima Inghilterra e Francia, poi si spinsero intorno all’anno 1000 fino al sud Italia, dediti al saccheggio, abili mercenari, poi assimilatisi alle popolazioni locali (la storia, forse neanche troppo romanzata, è stata ben rappresentata dalla serie tv “Vikings”).
Ma se è certo che i Drengot e gli Altavilla, le due potenti famiglie in contrasto per il potere sul sud Italia al tempo dei Clavelli, fossero Normanni, non è detto che i Clavelli fossero una famiglia normanna “minore” originaria di Esclavelles venuta al seguito dei Drengot e delle loro sorti, come potrebbe sembrare. È documentato però, che i Clavelli fossero ben insediati in Campania, dove ancor prima dei romani, prima dei normanni, erano giunti i SALII, quella popolazione che, partita dal piceno, aveva creato un impero commerciale che arrivava tanto in Normandia e nel nord dell’Inghilterra quanto nel sud della nostra penisola, con il vizio di dare nomi ricorrenti ai luoghi dove i loro clan si erano insediati. Come a lungo studiato dal dr. Nazzareno Graziosi, l’abilità dei piceni in alcuni mestieri e nel commercio è nota, come la loro irruenza.
Alla fine del 1800 nei pressi di Trebula-Treglia, in Campania, è emersa una grande necropoli piceno-sabellica, dimostrante che prima della fondazione di Roma non c’erano solo Osci e Sanniti. C’è anche un interessante piccolo comune, Liberi (in provincia di Caserta), che fino al 1862 si chiamava Slavius – Sclavia, ma non c’è memoria in quel tempo e in quella zona di schiavi né di presenza di popolazioni slave. Sarà nata prima la Campania Antiqua (anche detta Campania Felix) con la sua Treglia e la sua Sclavia, oppure la Campania Nova (intorno Roma), oppure la Feoda Campanie (la contea oggi provincia dello Champagne in Francia) con la sua Troyes e la sua Esclavolles? Che fossero contemporanee o meno, è difficile ricostruire come chi è andato, chi è tornato, ma certamente ci permettiamo di avere il sospetto che tutti siano partiti dalle Marche, portandosi dietro anche la cultura del vino!
Simonetta Borgiani
29 settembre 2023