Basta una vecchia foto e fluiscono i ricordi: nonna, quanto mi manchi, quanto ti amo

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Mi è capitata in mano la foto di una nonna che imbocca la nipotina. Nella mente si è aperta una porticina dalla quale è rientrata una poesia di “Efraín Barquero”. Non la ricordavo da tanto. Chissà dove s’era nascosta?

Mia nonna era il ramo curvato per i parti. / Era il volto della casa seduto in cucina. / Era l’odore del pane e della mela tenuta in serbo. / Era la mano del rosmarino e la voce dell’incantesimo. / Era la miseria dei lunghi inverni / avvolta nello zucchero come un dolcetto povero.

Meravigliose, sono queste  parole del poeta cileno Efraín Barquero e meravigliosa è questa foto, che pubblico.

Penso che unitamente possano racchiudere tutti i nostri ricordi dei giorni passati in casa. Un affresco calzante di una componente delle famiglie, che tutti noi abbiamo amato e che hanno reso le nostre vite più belle e ricche di emozioni e, a volte, colme di fantasie sognanti che hanno popolato la nostra infanzia. Mia nonna la porto sempre con me, so che mi protegge, sento la sua presenza…  ma quanto vorrei avere un solo attimo per poterla riabbracciare e sentire il suo profumo. Nonna ti amo, grazie per tutto l’amore che mi hai dato!

La mia vecchietta faceva ogni giorno il sugo e cominciava la mattina presto; ricordo che una mia zia sorridendo diceva: “In casa nostra all’ora della colazione si sente profumo di sugo piuttosto che quello del caffè!” Sarei voluto stare di più con la mia nonna ma vivevamo in cittadine diverse. Poi, quando è morto mio nonno, lei già avanti negli anni è venuta a vivere con noi. La ho sempre negli occhi e nel cuore, e me la rivedo incurvata dal tempo, con il viso dolce e senza rughe. Ora le vorrei dare una carezza sulla testa, sui capelli bianco-grigio,  sempre ordinati.

La mia vecchietta era un po’ particolare e, invogliata dal nonno,  cucinava volentieri le specialità più semplici e antiche. Quando viveva con noi, rare volte le capitò di bruciare il latte sul fornello e ricordo il suo viso sconsolato mentre diceva: “Sono vecchia, la testa non è più quella di una volta!” Era molto operosa e quando mia madre cercava di tenerla buona in poltrona lei si sfogava a fare i cruciverba, o lavori all’uncinetto o a maglia. Diceva che la mente va esercitata fino all’ultimo. Era una donna molto avanti, stava sempre con noi giovani nipoti e le piacevano le innovazioni . Era silenziosa, educata e allegramente egocentrica.

Quanto è bello, oggi che il vecchierello sono io, parlare delle nonne vecchio stampo. Riprovo il calore del focolare e delle storie che raccontava a tutti, adulti e bambini. Era sempre vestita con grembiuli a fantasie prossime al nero, ma nei giorni di festa ci teneva a uscire elegante per andare a messa. Per queste uscite c’erano sempre scarpe impeccabili. In casa, lei e la mamma, quando faceva freddo indossavano scialli pesanti, fatti  con le loro mani ai ferri o all’uncinetto. Portava sempre un fazzolettino infilato nella manica per potersi tergere le labbra o il naso quando non si sentiva perfettamente in ordine. Il fazzoletto, pulito, le serviva anche quando noi eravamo bambini: lo imbeveva nell’acqua e ce lo passava per disinfettare la nostre piccole escoriazioni al ginocchio, quando si accorgeva di qualche nostra innocua caduta. Care dolci nonne dei tempi passati. Ricordi che resteranno sempre nel cuore. Senza togliere nulla alle nuove attente nonne di adesso, loro erano decisamente infaticabili e premurose.

Mi rivedo bambino, in questa foto pubblicata, imboccato dalla nonna perché ero inappetente e dovevo sempre essere rincorso per mangiare. Ricordi dolcissimi che non mi abbandonano mai! La mia nonna, però, era un maresciallo molto più di mia madre. Ha avuto molti nipoti e da tutti sapeva pretendere il rispetto. Il suo sguardo parlava e non ammetteva capricci. I figli suoi la temevano e la rispettavano. Guai a fumare o a dire parolacce in sua presenza. Sarebbe stata capace di sganciare uno schiaffo. E questo anche in età avanzata. Mia nonna, raccontava sempre del passato e mi proteggeva quando mia madre mi sgridava per scaricare i nervi…

Con noi nipoti lei non sapeva dare sculacciate ed era molto cara. Ci faceva delle torte di mele, o altri dolci tradizionali, dei quali  sento ancora il profumo. Le merende più semplici lei le preparava con amore e diventavano eccezionali. Non posso dimenticare quando ci faceva la panzanella con un po’ di vino, e mamma faceva finta che non voleva, con nostro grande divertimento. Nonna faceva i cappelletti con una ricetta tutta sua, trafugata dalle monache di Camerino, ed erano incredibilmente buoni; e che dire delle sue frittelle ottenute dalla pasta del pane? Quando metteva a lievitare l’impasto lo copriva con la sua mantella di lana, fresca di bucato e guai a chi sbirciava. Questo cresceva dalla mattina al pomeriggio e noi bambini spiavamo la massa crescere e trasformarsi sopra il tagliere, in una specie di montagna nascosta sotto la mantella. Quando lo scopriva spandeva il suo profumo di lievito per tutta casa e noi guardavamo incantati tutte le fasi della preparazione, con l’acquolina in bocca! Mi piaceva molto sentire anche l’odore di spighette che veniva sprigionato dai suoi grembiuli. Nonna, Nonna, quanto mi manchi in questo Natale troppo moderno per i miei gusti.

Alberto Maria Marziali

14 marzo 2023

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