Si alza uno dei sipari sul teatrino degli sbarchi: ecco chi finanzia le navi di soccorso

Tenere in mare una grossa nave costa, e manco poco. Una nave passeggeri ha i suoi utili, così come una nave commerciale. E una nave di soccorso, non di uno Stato, come si mantiene? Non solo. Ma, come accade nel caso della Sea Watch 4 che è stata sequestrata, come fa l’Associazione United4Rescue a metterne in acqua subito un’altra, la Sea Watch 5?

Dicono di essere sostenuti da contribuzioni volontarie (chiese, privati…) ma qui occorrono milioni di euro. Dove li trovano? Nel numero scorso de “La rucola” i nostri Peppa & Gustì se lo sono chiesto: “Umanitarie? Lo sai quanto costa a mandené’ ‘ssi piroscafi? C’è da combràlli, da fàje la manutenzió, da méttece la minzina, ce vòle li marinaji… chi adè che paga? Perché?” Finora sui finanziamenti a queste Associazioni c’è stata fitta nebbia, disinformazione, un alone di bontà ha ammantato tutto… però, pochi giorni fa è spuntata, piccola, una notizia pubblicata sul quotidiano a tiratura nazionale “Il Giornale”. Citiamo: “È diventata un caso in Germania la vicenda relativa al finanziamento dell’Associazione United4Rescue, la stessa per intenderci che a breve metterà in mare la nave umanitaria Sea Watch 5. La Commissione bilancio del parlamento tedesco, infatti, nei giorni scorsi ha approvato lo stanziamento di due milioni di euro all’anno fino al 2026 a favore della ONG (ndr: questa di cui stiamo scrivendo è una delle più attive nel Mediterraneo centrale).

Eccoli là! Capito? Sono 10 milioni di euro! Per “salvare” quelli che vengono fatti partire su barche fatiscenti cariche all’inverosimile dalle coste africane  mediterranee affinché siano salvati. Magari i salvatori vengono avvisati per telefono: “Occhio che è partito un barcone con 130 persone a bordo. Pronti a intercettarlo?” Naturalmente quei disgraziati esseri umani vanno soccorsi altrimenti si rischia di essere inumani come chi li spedisce. Però, guarda caso, le navi soccorso si dirigono tutte verso l’Italia. Eppure ci sono le coste spagnole; quelle francesi il cui Governo è così disponibile e pregno di umanità, a parole. Perché poi nei fatti non si fa carico delle quote pattuite e molti ce li rimanda attraverso le frontiere alpine. Addirittura noi, che di africani cominciamo a essere saturi, veniamo tacciati con le peggiori parole infamanti.

Ora veniamo alla seconda domanda che Peppa e Gustì si sono posti: “Perché?” Perché tutto questo trasbordo organizzato di esseri umani? Andiamo al metodo, che ricorda molto quello usato dalle navi negriere nel 1700, che approdavano alle coste africane, razziavano i villaggi portando così 20milioni di schiavi in America. In quel tempo si poteva fare, oggi con i trattati internazionali è un metodo impossibile da usare, le navi non possono avvicinarsi alla costa di uno Stato impunemente, allora attendono al largo, in acque internazionali, mentre i “raccoglitori di schiavi” li mandano al largo in barconi destinati al macero. All’America del 1700, scarsamente abitata, servivano braccia. All’Europa odierna, la cui popolazione sta invecchiando, i cui giovani non amano i lavori poco gratificanti, servono braccia. È il nuovo schiavismo, certamente dal volto più umano, ma sempre schiavismo è. Senza ammantarlo di tanta ipocrisia.

Poi arrivano altre verità… la ragazza fatta a pezzi a Macerata (e pure altrove), la Onlus maceratese milionaria indagata (e non solo questa), finita l’accoglienza immigrati buttati in strada (ancora Macerata come esempio) preda della mafia nigeriana che li usa per lo spaccio. Oggi il caso romano Soumahoro, che se si andasse a scavare non sarebbe l’unico…

Fernando Pallocchini

11 gennaio 2023

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