Consacrazione della chiesa di S. Giovanni in Macerata, l’Omelia del Vescovo Marconi

Carissimi, dopo tutta l’aspettativa e la solennità con cui abbiamo aperto questa liturgia: avvicinandoci in solenne processione all’Altare rinnovato nella sua originaria bellezza. Dopo aver ascoltato la proclamazione della Parola di Dio dal nuovo Ambone. Dopo che oso aggiungere le mie povere parole, che però sono sostenute dalla sobria solennità di questa nuova Cattedra, sarebbe forse giusto proclamare: «Tibi silentium laus» «Per te Signore, la giusta lode è il silenzio». È infatti proprio il silenzio che ci aiuta a capire perché abbiamo tanto lottato e faticato per restaurare questa Chiesa e per restaurarla proprio così.
Mi ha raccontato un nostro tecnico che, quasi al termine del restauro della chiesa di San Biagio a Pollenza, mentre stavano facendo gli ultimi ritocchi, si udirono le grida di due ragazzini che facevano confusione in piazza, si rincorrevano e si spintonavano urlando. Finché uno di loro, per fuggire l’altro che lo inseguiva, approfittando della porta socchiusa si precipitò ancora schiamazzando nella chiesa appena restaurata ed improvvisamente tacque. Quella bellezza avvolgente e luminosa gli aveva insegnato il Silenzio e con il silenzio pieno di meraviglia la coscienza che c’era qualcosa e forse Qualcuno che meritava quel Silenzio.

Questo è il senso ed il valore cristiano di un edificio sacro. Noi costruiamo le chiese da 2000 anni per insegnare il silenzio che nasce dal cuore e attraverso questa esperienza trasmettere il senso di Dio, l’intuizione del sacro, che è l’inizio ed il fondamento su cui cresce la fede. I cristiani hanno appreso dall’Antico Israele che uno spazio dedicato a Dio, in cui la comunità credente si raduna, ascolta la Parola e celebra il culto, è fondamentale per apprendere l’arte dell’anima. Per acquisire la capacità di comprendere il senso del vivere e la prospettiva della speranza che va oltre il morire.

Questa scoperta del senso di Dio, quest’arte dell’anima oggi più che mai è messa in crisi da uno stile di vita “rumoroso” e materialista, che non educa più né al silenzio, né alla lode. Uno stile di vita che ricercando di continuo ciò che serve, spesso dimentica di cercare ciò che è essenziale.

Ciò che è necessario e prezioso per vivere spesso è gratuito, immediato e semplicemente bello. Per questo una casa di Dio tra le case degli uomini ci serve come scuola dell’anima. Restauriamo le Chiese per aiutare a riscoprire tutti questi valori, i soli che aiutano a vivere, a sperare, a ricercare insieme il bene. Ogni casa di Dio e della Comunità di fede, spazio aperto all’accoglienza di tutti coloro che cercano la vera bellezza, è edificata da sempre con il linguaggio dei simboli. E i simboli ben restaurati parlano al cuore, senza bisogno di sottotitoli. Entrando in questa chiesa sono certo che ve ne siete accorti. I simboli sacri che riempiono questa Chiesa sono come i gesti della liturgia di questo pomeriggio, come la musica, la luce, le forme e i colori: non hanno bisogno di traduzione perché parlano una lingua universale e vera, rivolta più al cuore che alla testa, che parla a ciò che ci unisce e supera tutte le diversità. Vi invito soltanto ad ascoltare attentamente le parole con cui la liturgia consacra l’altare e benedice l’ambone e la sede.

La vita di fede vi appare evocata come un cammino, quello che abbiamo percorso finora, che va dal quotidiano della strada e della piazza a questo luogo che è ancora strada e piazza, ma trasfigurata dal pavimento alla cupola. Anche la nostra strada e la nostra piazza quotidiane sono belle e preziose, vi possiamo incontrare Dio e gli uomini come fratelli, qui tutto ce lo ricorda con i colori della bellezza. Qui scopriamo che quelle strade le hanno percorse i santi e chissà quanti santi anonimi anche oggi le stanno percorrendo. La vita di fede porta sull’Altare i frutti della terra e del nostro lavoro, per riprenderli dall’altare consacrati dalla presenza viva di Cristo. «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di tutti gli uomini» (Gaudium et Spes, 1), se le portiamo all’altare che è Cristo, sono accolte da Lui e viene a viverle con noi, a consolarle, a prenderle su di sé con il peccato di tutto il mondo e a farle fruttificare in bene.

La vita di fede si nutre alla fonte dell’Ambone. Posto a scavalcare la balaustra fiorita, che, come una siepe circonda il giardino del presbiterio. L’ambone ci annuncia che: quella comunione con Dio e tra di noi che si ruppe nel giardino dell’Eden e continua a rompersi per i nostri peccati, viene restaurata nel giardino della risurrezione di Cristo. Da questa fonte della Parola scende verso di noi l’annuncio del mattino di Pasqua: il Signore è risorto e vivo e vuole che anche noi risorgiamo ogni giorno con Lui ad una vita più piena e più vera. La vita di fede da questa Cattedra ascolta la sapienza della Chiesa: c’è un tesoro di fede, vissuta per due millenni, che può illuminare il cammino dell’umanità: guardando occhi negli occhi ogni persona come un fratello e una sorella, senza superbia e prepotenza, ma solo con la forza mite del bene vissuto e testimoniato.

Questa casa che dopo un quarto di secolo riapriamo, per dedicarla e consacrarla in un unico gesto a Dio ed all’uomo, testimonia che con l’aiuto di tanti il bene è possibile. Come Maria Santissima stasera mi sento di dover cantare un Magnificat di lode e di ringraziamento, perché «grandi cose ha fatto in noi il Signore». Se dovessimo ringraziare tutti non finiremmo mai questa liturgia. Ed allora: vi ricompensi il Signore! Questa è la parola più giusta e più vera che ci scambiamo in questo momento tra noi, perché nessuno è stato né sarà solo spettatore passivo di quest’opera di Dio, ma tutti abbiamo portato e porteremo la nostra parte, perché questa casa di Dio tra le case degli uomini possa risuonare di preghiera e da qui il Signore continui a spandere benedizione e pace sul mondo

Che il Venerabile Padre Matteo Ricci, appena proclamato, interceda tante grazie da Dio per tutti noi.

+ Nazzareno, vescovo

19 dicembre 2022

Sii il primo a dire che ti piace

Commenti

commenti