Dopo 25 anni di attesa finalmente la città di Macerata potrà riavere, perfettamente restaurata, la chiesa di San Giovanni. Ne traccia il percorso storico e l’iter restaurativo il Vescovo Nazzareno Marconi.
Il Vescovo Nazzareno Marconi sulla prossima riapertura, dopo 25, della chiesa maceratese di San Giovanni – “Il 10 dicembre prossimo, memoria della Beata Vergine di Loreto, principale patrona della Regione Marche, tra l’altro nel 70° anniversario della Consacrazione di Macerata a Città di Maria, durante il V Centenario della Conversione di Sant’Ignazio di Loyola celebrato durante l’Anno Ignaziano 2021-2022, giungerà a compimento una storia di restauro cominciata 25 anni fa. Infatti, fu il Terremoto Umbria – Marche del 1997-98 che portò alla chiusura definitiva della seicentesca chiesa maceratese di San Giovanni, dedicata come la basilica di san Giovanni in Laterano a Roma ai due santi cristiani che portano questo nome: San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista.
Per 25 anni le impalcature della messa in sicurezza e dei primi interventi hanno ricordato che i lavori di restauro non erano ancora terminati. Nel 2016 un nuovo sisma ha aggiunto danni su danni, ma le nuove ordinanze emanate sulla ricostruzione inizialmente non permettevano di intervenire su una chiesa già inagibile. Spesso si dice che gli italiani danno del loro meglio nelle situazioni più difficili, forse è vero e questa è stata una di quelle.
Lo studio preparatorio – All’indomani delle scosse telluriche dell’ottobre 2016, con fondi diocesani iniziammo uno studio serio su questa chiesa, sui nuovi danni prodotti dal secondo sisma, per progettarne un restauro di grande qualità. Eravamo certi che le buone idee poi trovano anche i fondi per essere realizzate. Da quello studio iniziò anche la comprensione di come San Giovanni fosse una chiesa particolare: dominata da un chiaro progetto iniziale che, nonostante il sovrapporsi di tanti interventi secondari, restava ancora leggibile e recuperabile.
La storia di questa chiesa, infatti, è la storia di un grande marchigiano Rosato Rosati, barnabita, giurista di formazione, ma anche architetto e ceroplasta, nato a Montalto nel 1559 e morto a Roma il 16 maggio 1622: proprio 400 anni fa! Studiò a Bologna e a Roma, dove fu canonico di San Lorenzo in Damaso. Progettò la chiesa di San Carlo ai Catinari (1612-20), una delle principali costruzioni barocche di Roma, con slanciata cupola, geniale nell’impostazione del problema del rapporto fra pianta centrale e pianta longitudinale. A Macerata progettò come sua ultima opera la nostra chiesa di San Giovanni, quale Chiesa del locale Collegio Gesuitico, chiamata a sostituire un primo ampliamento del 1569 della duecentesca “Chiesa dei Gerosolimitani” che stava accanto all’Ospedale dei Cavalieri di Rodi. Il Rosati alla realizzazione di quest’opera, di cui nel 1625 fu terminata l’aula liturgica ormai tre anni dopo la sua morte, dedicò tutti i suoi averi, la sua passione e la sua competenza.
Studiando san Giovanni è emerso il chiaro progetto del Rosati di farne una chiesa che incarnasse perfettamente il pensiero delle chiese gesuitiche, anche nelle opere pittoriche, che caratterizzano ogni sua cappella. Ciascuna è dedicata al santo patrono di una classe scolastica del percorso formativo di un gesuita, dal noviziato alla professione religiosa. Ciò si innesta nella dialettica dei due San Giovanni, titolari della chiesa come della Cattedrale di Roma: il Battista, che proclama il Cristo quale Agnello di Dio che prende su di sé i peccati del mondo, e l’Evangelista che nell’Apocalisse lo celebra quale Agnello immolato, ma vittorioso già nella Pasqua e di nuovo nella parusia, alla fine dei tempi.
Fin dal 1568 quando i gesuiti costruirono la loro prima chiesa nel centro di Roma e la dedicarono al “Nome di Gesù”, l’odierna “Chiesa del Gesù”, ne fecero il modello dell’architettura gesuitica. Le principali caratteristiche di questa chiesa brillano nella realizzazione di San Giovanni: l’ubicazione centrale nella città, che rispecchia l’intuizione di S. Ignazio di cercare Dio nel cuore dell’umano. La pianta a croce latina con un aula ampia per facilitare l’annuncio della Parola di Dio.
La presenza ben evidenziata e ripetuta del “trigramma” IHS, abbreviazione del Nome di Gesù, che sottolinea la relazione personale del credente con Cristo, ma soprattutto il desiderio che, attraverso il nome di Gesù, Dio venga glorificato in ogni luogo e in ogni tempo. Ed ancora: l’importanza dell’eucaristia, con la cura artistica dell’altare e di tutto il presbiterio centro della celebrazione liturgica. La presenza delle immagini dei santi principali della Compagnia, dal fondatore Sant’Ignazio, al modello del missionario diretto agli ultimi confini del mondo, San Francesco Saverio, co-patrono di Macerata di cui oggi ricorre la memoria liturgica. Ed infine lo stile barocco, come arte che coinvolge tutti i “5 sensi” nell’esperienza dell’incontro con Dio. Recuperare San Giovanni significava perciò restituire alla comunità tutta questa storia e questo messaggio culturale ed artistico.
Il finanziamento europeo – Parlando di questo progetto di restauro con l’Amministrazione Regionale allora presieduta dal Prof. Luca Ceriscioli, nacque l’ipotesi di farne un “edificio simbolo”, all’interno del POR/FESR 2014/2020, attingendo a fondi comunitari destinati alla valorizzazione e messa in rete del patrimonio culturale. Eravamo nel luglio 2018 e prima del nuovo anno avremmo dovuto definire il progetto secondo le specifiche del Bando europeo e soprattutto trovare l’appoggio ed il consenso non solo della Regione Marche, ma anche la partnership del Comune di Macerata guidata dal sindaco Carancini e l’appoggio delle principali Istituzioni cittadine. Sembrava una prima “mission impossible” sia a noi che alla Presidenza della Regione, ma era evidente che dall’alto qualcuno ci aveva a cuore. Così giungemmo alla firma dell’accordo tra Regione e Diocesi il 28 dicembre 2018.
Il complesso procedimento di progettazione esecutiva, appalto ed inizio lavori ha visto nel 2020 il cambio dell’Amministrazione Comunale con il Sindaco Parcaroli e poi quello dell’Amministrazione Regionale con il Presidente Acquaroli. I nuovi amministratori hanno subito intelligentemente compreso il valore del progetto, ci hanno sostenuto ed incoraggiato ancora di più a valorizzare il lavoro di restauro artistico della chiesa, rispetto ad una sua semplice riapertura in sicurezza.
Una lunga e fruttuosa interlocuzione con i dirigenti e funzionari della Soprintendenza ha permesso infine che gradualmente si riscoprisse la bellezza nascosta di questa chiesa e si trovasse una maniera equilibrata e rispettosa per renderla di nuovo fruibile.
Annotazioni conclusive sulla cerimonia di Inaugurazione – L’Inaugurazione si svolgerà con una presentazione civile dei lavori la mattina del 17 dicembre, alla presenza di tante Autorità in vario modo coinvolte nel progetto. San Giovanni avrà 400 posti seduti, per cui ci sarà spazio non solo per le autorità, ma anche per tutti i cittadini che vorranno vivere questo momento storico e contemplare in anteprima la bellezza della nostra chiesa. Ho chiesto che nelle prime file non si riservassero solo dei posti per le autorità, ma anche per chi ha operato materialmente su San Giovanni, dai tecnici agli operai, mostrando di possedere un eccezionale magistero del lavoro, che tutti potranno riconoscere.
Una chiesa per vivere va riempita di preghiera e curata con amore, per questo ne affido la custodia alla Comunità dei Figli del Sacro Cuore. Mi sembra un fatto provvidenziale: poiché i Gesuiti sono stati i grandi diffusori nel mondo della devozione al Sacro Cuore, che questa spiritualità continui ad essere trasmessa in questa storica Collegiata Gesuitica da chi oggi a Macerata la vive e la diffonde”.
4 dicembre 2022