Un mestiere inventato nelle Marche è quello del cantoniere, detto anche “lu capu stradì”

Quando vedo passare il camion del comune con gli operai che vanno a rattoppare le buche con l’asfalto preparato, mi viene da sorridere. Sono ben pagati e stanno certamente meglio di quelli di cent’anni fa, ma manca la poesia che un tempo caratterizzava questo mestiere.

Gli stradini oggi sono diventati… cantonieri: fa più chic? Ora spiego che il termine stradino venne usato a partire dal XVI secolo, deriva da strada e indica un operaio addetto alla manutenzione stradale. L’espressione cantoniere deriva dal francese canton, che significa cantone ed è più moderna. Cantoniére viene dal francese cantonnier e dalla parola canton “angolo (della strada)”. Inoltre, si può dire che la tradizione popolare identifica lo stradino in colui che si occupa della manutenzione di strade secondarie (comunali), mentre il cantoniere è considerato quello che sistema le strade provinciali o statali, cioè le vie di comunicazione più importanti. Un tempo costui viveva nella casa rossa cantoniera.

Probabilmente pochissimi sanno che questo mestiere è stato inventato nelle Marche. Durante il XVI secolo, infatti, ci furono le prime disposizioni governative (almeno nel Ducato di Urbino) atte a preservare e a riparare le principali strade di collegamento fra le città dello Stato.

Quando ero giovane, il mio Comune aveva un capo stradino molto temuto e tanti stradini semplici che avevano l’incarico di governare una o due strade ciascuno. Un tempo era opinione diffusa che quello dello stradino fosse un “bel mestiere” prima di tutto perché disponeva di uno stipendio sicuro: essendo alle dipendenze di un Ente pubblico era garantito e, secondariamente, perché poteva meglio gestirsi, non essendo continuamente controllato da un sorvegliante. Inoltre il cantoniere godeva di benefici come le ferie e il riposo per malattia retribuito, sconosciuti ad altre categorie di lavoratori. In particolare erano i contadini a invidiarlo di più, perché il loro lavoro, al contrario, non aveva orario e il guadagno, specie per il mezzadro, non compensava le fatiche e i sacrifici quotidiani di tutta la famiglia.

Anticamente le strade erano tutte bianche e il lavoro principale degli stradini era legato alla manutenzione della strada, ma anche al presidio del territorio. Ho detto che erano anche temuti, perché avevano il compito di indirizzare le acque di scolo nei campi limitrofi alle strade. L’Art. 913 dà precise indicazioni sullo scolo delle acque. Ora rischio di dire una cosa inesatta ma mi sembra che un tempo c’erano due diverse responsabilità per le acque di scolo sui bordi delle strade (gli avvocati vengano in aiuto). Il mio ricordo è cosa buffa. Mi pare che per legge la spallata alta era di competenza del proprietario del terreno e quella bassa del Comune. Questo significa che quando c’erano “li sciù de piòe” e quindi le frane, il contadino frontista doveva caricarsi la terra e portarsela via. Idem per gli alberi caduti. I danni che invece interessavano i fondi del sottostrada erano a carico del Comune. Pertanto l’Ente era in una condizione di privilegio (spero di non sbagliare).

Per i cantonieri il lavoro principale consisteva nel rinnovo dei materiali della massicciata erosi dal traffico, dall’acqua e dal gelo, nella manutenzione e pulizia della segnaletica, delle banchine e dei fossi di scolo, con lo spalamento della neve in inverno. Avevano una divisa e un cappello che davano loro importanza. Avendo gli stradini autorità sulle acque, i contadini ci si arruffianavano e non facevano mai mancare aiuto e vino. Per questo era abbastanza usuale che il dipendente comunale alla sera tornasse a casa sbornio.

Con gli anni ‘20 arrivarono il catrame e il bitume, con rilevante cambiamento nelle mansioni dei cantonieri. Sottolineo che i contadini delle colonie vicine alla strada da riparare, anticamente, erano obbligati per legge, a fornire un determinato numero di giornate di manovalanza gratuita, nel corso dell’anno solare. Una volta le strade erano quasi tutte a sterro e gli stradini più bravi, quando pioveva si munivano di ombrello e camminavano lungo la strada a loro assegnata per vedere che tragitto facevano le acque piovane. Di contro, lo stesso controllo lo facevano i contadini che con pala e piccone, chiudevano i passaggi (più imbarazzanti) dell’acqua. Qualche volta non mancava la litigata tra l’addetto comunale e il contadino, che non voleva la caduta dello scolo nel bel mezzo del suo campo. E qui faceva da paciere un bel paio di polli.

Lo stradino di una volta svolgeva il suo lavoro del tutto manualmente, aiutato solo da pochi strumenti rudimentali: una pala, un martello, una zappa, un rastrello, una falce, una carriola. Ogni stradino aveva la manutenzione di cinque o sei chilometri di strada comunale non asfaltata, oltre alle strade di campagna (vicinali), aiutato in quest’ultimo caso sempre dai contadini. Le strade vicinali, quasi tutte sterrate o malamente imbrecciate, erano transitate solo con carri trainati da animali, biciclette e da bestie da soma, ma essendo spesso delle scorciatoie erano comunque frequentate da un buon numero di viaggiatori locali.

Ogni Comune aveva alle proprie dipendenze diversi stradini e più il territorio era vasto più addetti servivano. Ognuno di loro aveva assegnato un tratto di strada del quale era responsabile. Il lavoro era gravoso: spargere la ghiaia, pulire i fossi, creare le cunette, tagliare l’erbacce. Ma non solo questo, perché dovevano preparare anche la materia prima per le manutenzioni. Infatti allo stradino veniva lasciata una grossa quantità di pietre (spesso anche i contadini fornivano al cantoniere i sassi che levavano dai campi), che lui doveva sbriciolare con il solo aiuto di un martello. Perciò era costretto, per ore e ore, a battere energicamente le pietre per ottenere i sassi e sassolini della giusta dimensione (questi si misuravano con cerchietti calibrati, dentro cui dovevano passare). Il controllo era fatto in genere da un capo stradino che vegliava sui lavori e che, se necessario, non lesinava rimproveri ai sottoposti.

La spanditura della ghiaia avveniva all’inizio dell’inverno, perché grazie al terreno bagnato i sassi penetravano bene nel fondo stradale e non schizzavano via al passaggio dei mezzi. Se il lavoro era corretto, la strada si manteneva tutto l’anno, pur se le piogge erano sempre un problema. Oggi ci si lamenta delle buche. Un tempo, invece, le buche non erano il tema principale di discussione né occupavano la prima pagina dei giornali, perché non facevano in tempo a formarsi, che già c’era qualcuno addetto a chiuderle. Altro che gare, attese e burocrazia. Un sorvegliante, controllava lo stato delle strade, segnalava e l’operaio sistemava.

Alberto Maria Marziali

20 novembre 2022

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