Nella prima metà del ‘500 Fra Mattia Della Robbia operò a Montecassiano, realizzando pregevolissimi lavori in terracotta sia invetriata che dipinta. Qui, per la chiesa collegiata di Santa Maria Assunta, eseguì la sua opera più significativa e l’unica documentata con certezza, la complessa pala d’altare raffigurante la Incoronazione della Vergine tra i Santi Rocco, Sebastiano, Pietro martire e Antonio Abate. Inizialmente l’opera fu commissionata ai due fratelli Della Robbia, Fra Mattia e Fra Anselmo ma la morte di quest’ultimo, proprio a lavoro appena iniziato, fece sì che a portarlo avanti fosse il solo Mattia.
Le datazioni – La data iscritta sulla tabella posta all’apice del festone di frutta interno alla lunetta, MDXXVII, si ritiene segni l’inizio dei lavori presumibilmente conclusi tra il 1530 e il 1532. C’è questa incertezza in quanto la data di ultimazione dell’opera era probabilmente scritta sul gradino inferiore dove poggiano i piedi degli angeli; purtroppo la lettura della data è assai incerta a causa delle ripetute ridipinture e dal pessimo stato di conservazione e anche perché non ci sono documentazioni riguardo le fasi conclusive del lavoro fino al montaggio della pala nella chiesa.
I soggetti raffigurati – La grandiosa pala raffigura in alto sospesa tra le nuvole la Vergine con il Bambino incoronata da due angeli in volo al suo fianco. Nella zona sottostante si dispongono in una composizione piramidale le figure a bassorilievo dei Santi Pietro martire e Antonio abate e, in primo piano, quelle quasi a tutto tondo dei Santi Rocco e Sebastiano, a indicare la ragione principale della commissione dell’opera intesa come una invocazione figurata alla divinità contro il flagello della peste, che in quegli anni colpiva drammaticamente la zona. Sullo sfondo è dipinto un ampio paesaggio, tornato visibile dopo il restauro, da cui emerge sulla sinistra il profilo di Montecassiano, verso cui vi rivolge lo sguardo e la benedizione del Bambino Gesù.
Le piccole nicchie – Nelle lesene laterali, culminanti in un capitello composito, Fra Mattia sperimenta il tema delle nicchie sovrapposte: sono cinque per parte, vuote e decorate a nicchio. Ai lati e lievemente retrocesse sono due fasce: la prima esterna con il motivo della treccia corrente e la seconda, posta fra la mostra stessa e il rilievo, è costituita dalla sovrapposizione di sette nicchiettine per parte dove sono ospitati spiritelli seduti che recano cartigli e gli strumenti della Passione.
Il Padre Eterno benedicente – Il fregio della trabeazione a teste di putto alate con ghirlande di raccordo strette fra loro, è profilato da cornici costituite da dentellature, ovuli e dardi e da un motivo a foglioline. Alle estremità della trabeazione sono disposti due angioletti a tutto tondo che affiancano la grande lunetta apicale con il Padre Eterno benedicente tra angeli musicanti e serafini, profilata da una serie di elementi decorativi che si susseguono. Dall’esterno figurano cornici bianche a foglioline e a ovuli e dardi, seguite da una fascia decorata a teste alate di angiolini bianchi su fondo azzurro, e da un fregio con composizioni di fiori e frutti, che prende avvio, al colmo dell’arco dalla targhetta con la data “MDXXVII”.
La predella – La predella, chiusa alle estremità da plinti decorati con scudi sagomati a cartoccio recanti lo stemma del Comune di Montecassiano, ha cinque scomparti intervallati da formelle con festoni di fiori e frutti appesi, tramite un anello, a protomi leonine. Le scene raffigurate sono l’Annunciazione, la Visitazione, la Natività, l’Adorazione dei Magi e la Fuga in Egitto.
L’analisi critica – La pala, realizzata quasi interamente da Fra Mattia, ripropone soluzioni tecniche e decorative progettate da Fra Ambrogio per quella in San Francesco a Macerata, dove le figure del quadro centrale, dipinte a olio, erano inquadrate da una imponente cornice architettonica invetriata e sormontata da una lunetta. Lo slancio verticale conferito all’insieme nonché le pose disarticolate delle figure rappresentano il tentativo dell’artefice di aggiornare il suo linguaggio sui modelli di gusto manieristico, conosciuti durante il soggiorno romano. Fra Mattia non fu certamente un grande plasticatore, ma è indiscutibile la sua capacità di sconvolgere e innovare gli ormai vetusti moduli sia stilistici sia tecnico costruttivi del repertorio robbiano, sviluppando composizioni più pittoriche, complesse e decorate. E questo vale non solo per il quadro centrale, dipinto a olio tranne il mantello della Vergine smaltato di blu con la fodera verde, ma anche per la monumentale cornice architettonica invetriata.
Spostamenti e degrado – La monumentale pala, smontata dall’altare maggiore della Pieve di Santa Maria Assunta probabilmente tra Sei e Settecento quando la chiesa venne ristrutturata e ingrandita, fu rimontata sulla parete della navata destra della chiesa. Negli ultimi anni, in particolare dopo il sisma del 1997, la straordinaria opera manifestava un forte degrado conservativo. Uno spesso strato di sporco accumulatosi nei secoli anneriva sia le parti smaltate sia quelle dipinte a olio, ma soprattutto ampie parti della trabeazione e della lunetta terminale si erano staccate dal supporto murario minacciando il crollo.
Il restauro – Il complesso e impegnativo restauro ha comportato quattro anni di lavoro e si è avvalso di una équipe di specialisti nei vari settori, sia in fase di progettazione sia in fase di esecuzione dell’intervento. L’operazione ha avuto un carattere innovativo, sia per quel che riguarda il risanamento e l’integrazione del materiale ceramico, sia, soprattutto, nella scelta di un metodo alternativo riguardo al rimontaggio della pala, consistito nel posizionamento della stessa su una diversa parete della chiesa, individuata tenendo conto sia delle maggiori garanzie statiche che forniva sia della possibilità di una migliore visione della pala stessa, utilizzando una struttura metallica opportunamente progettata, ancorata alla muratura ma di fatto autoportante. Questo ha consentito di svincolare la pala dal supporto murario al fine di evitare continue e dannose infiltrazioni di umidità e di garantire un miglioramento sismico. Su tale struttura metallica sono stati agganciati tramite opportuni dispositivi meccanici i diversi supporti in aerolam (sandwich di fibre di vetro e alveolare in alluminio in una matrice epossidica), sui quali erano state fissate le singole porzioni ceramiche di cui si compone il rilievo, sempre con un metodo di tipo meccanico, che sfrutta le cavità a tergo degli elementi, tipiche della tecnica di produzione delle ceramiche invetriate.
La più grande opera dei Della Robbia – Finora questo metodo innovativo aveva trovato impiego in manufatti di piccola dimensione; questa sulla pala di Montecassiano è stata la prima applicazione a un’opera di dimensioni monumentali. Si tratta infatti di un rilievo composto da 262 pezzi che nel complesso misura 4,20 metri di base per 7,07 metri di altezza, e 40 centimetri di profondità: la superficie di circa 25 metri quadrati, di cui oltre 8 di terracotta policroma, pone la pala di Montecassiano tra le opere di maggiori dimensioni mai realizzate dai diversi artefici della dinastia dei Della Robbia.
A cura di Fernando Pallocchini (Tratto da un lavoro di Gabriele Barucca per Fondazione Carima )
20 ottobre 2022