Derivata da antica tradizione dei cantastorie popolari, nel medioevo si diffuse la tematica dell’esaltazione delle gesta dei cavalieri, che rimase viva fino al Rinascimento quando assunse toni più burleschi. Nel 1600 scemò l’interesse per questo tipo di letteratura, che però già dal secolo successivo riprese a essere considerata e studiata sia dal punto di vista linguistico, che da quello letterario e storico.
Dal punto di vista geografico, l’ambientazione è sempre in Francia, in Germania, in Spagna, un po’ pure in Italia ma ignorando sistematicamente le Marche, tranne quando non si poté fare a meno (la Regina Sibilla). Seppure contengano molta fantasia, non si può negare che i cantari siano storie ispirate a personaggi ed eventi realmente esistiti, come Carlo Magno, i paladini (Orlando in primis) e altri personaggi. Contengono anche indicazioni genealogiche, dove alcune parentele improbabili forniscono comunque spunti di ricerca.
Una ricostruzione è riportata nel volume “Storia e analisi degli antichi romanzi di Cavalleria” vol.2 del 1828, qui troviamo come antenato comune di Carlo Magno e Milone, Flavio Giulio Costanzo, figlio dell’imperatore Costantino il Grande. La curiosità, più che l’improbabile parentela, è che viene definito “detto Fior di Monte”. Ma andiamo avanti, Milone, cugino di Carlo Magno, sposo della sorella di Carlo Magno e padre del Paladino Orlando, anche detto Rolando o Rotolando, apparteneva alla casata di Chiaramonte. Curioso che nel Comune di Servigliano, appena fuori il centro abitato, c’è contrada Chiarmonte, che i locali chiamano Clermò (1); inoltre, ancora più significativa è la presenza nel medioevo di una nobile famiglia di conti di Chiaromonte a Fabriano, dove avevano il loro castello, che sorgeva dove oggi c’è la chiesa di San Cassiano (2).
Non lungi da Macerata, c’è Pollenza, che per un periodo si chiamò Montemilone. Milone come già detto era un Chiaromonte, casata che prendeva nome dal castello fatto erigere da un antenato. Un altro antenato di Milone, tal re Sinibaldo, arriva nella Francese Champagne dove fece costruire un castello, dando origine a un’altra importante casata: i Mongrana. Ma dove di preciso? E come si pronunciava, forse Mongranà? Dei Mongrana era Guerino il Meschino, quello che nel romanzo di Andrea da Barberino stette per un anno nella grotta della Sibilla.
Riportiamo un poemetto dal volume “Ricerche intorno ai Reali di Francia” vol. I di Pio Rajna 1872: Re Sinibaldo all’hora fece fare nella Campagna una città grande, che con la Franza havea a confinare; Mongrana la città per tutto spande; per la quale città si fe’ chiamare di Sinibaldo quella giesta grande Mongrana. A Dio, gente pellegrine, di quest’istoria hor mai pigliate il fine.
Ma non abbiamo finito: dal Morgante di Luigi Pulci, rifacimento quattrocentesco dell’Orlando Furioso dell’Ariosto, citeremo giusto tre stralci dal secondo cantare: 12.(…) Sappi che qua verso levante sento che in una gran città, parente mio un re pagan vi fa drento dimoro il qual si fa chiamar Re Caradoro (…). 43. (…) Io son cristiano, e poco tempo è ch’io venni ad abitare a un castel chiamato Montealbano. 54. Quand’io da Montalban feci partita io fui a Parigi, dond’io vengo adesso: la corte pare una cosa smarrita, lo Imperador non pareva più desso, vedovo il regno, e la gente stordita.
Chi conosce il territorio maceratese-fermano non può non riconoscere nomi di famiglie e di località vicine fra loro. Carradori è una famiglia antica che nel maceratese ha intitolati palazzi e vie. Montalbano è il nome di una frazione di Macerata. Quando il paladino esce da Montalbano e si trova a Parigi, dove andò realmente? Chi conosce il territorio maceratese-fermano non può non riconoscere in questo testo nomi di famiglie e di località vicine fra loro. Sono nomi ricorrenti in Italia e all’estero, qui però li troviamo concentrati in un territorio ristretto, non può essere un caso. È come per la storia di Carlomagno e Agolante in Aspromonte, collocata forzosamente in Calabria, mentre a Montefiore dell’Aso esiste una tradizione di questo evento riportato perfino negli Statuti Comunali.
È possibile che buona parte della letteratura cavalleresca medievale si sia svolta, o almeno sia stata in origine ambientata, in un territorio ristretto del maceratese-fermano? Chi trasecola, piuttosto che obiettare e chiedere a noi di dimostrarne la fondatezza, provi piuttosto a dimostrarne la falsità. Chi ha gli strumenti, colga questi spunti e dia nuova vita, nuove possibili verità agli eroi medievali, prima che le nostre ucronìe e gli scritti di altri dilettanti più o meno preparati facciano l’effetto contrario: invece che risvegliare, vengano a noia e riportino nell’oblio appena scalfito la nostra vera storia, cancellata, modificata, e della quale purtroppo già ora non interessa granché alla maggior parte delle persone. L’impresa sapevamo fosse ardua, ma con l’ultima versione di “panem et circenses” che oggi si traduce in “telefonini e social” i nostri semi a quale fine saranno destinati…?
Note – 1 – Testimonianza raccolta da Domenico Antognozzi; 2 – da fonti consultate da Albino Gobbi.
Simonetta Borgiani
19 ottobre 2022