Malgrado le restrizioni causate dal Covid, un buon numero di persone ha assistito, il 2 aprile scorso, alla presentazione dell’opera “Uomini e fatti del Risorgimento maceratese” di Romano Ruffini, la numero 3 e 4 della collana di studi storici locali, voluta dal dott. Pierluigi Pianesi, il dinamico Presidente dell’Associazione culturale “Le Casette”.
Risalendo indietro nel tempo (una quindicina di lustri circa), ricordo che della materia di storia gli argomenti più trattati erano le guerre puniche e il Risorgimento. Credo che oggi sia cambiato molto in proposito, dato che nel frattempo guerre e distruzioni maggiori di quella di Cartagine ce ne sono state a iosa, mentre dei fatti risorgimentali se ne parla sempre meno diffusamente e comunque non in quella maniera esaustiva dei tempi passati.
Benvenuta quindi l’opera di Romano Ruffini, perché ha il pregio di calare sul grande affresco del Risorgimento nazionale fatti e personaggi locali, e ce ne sono tanti in quel lungo periodo di tempo che va dal 1817 al 1870. Il racconto di Ruffini inizia proprio con il primo moto rivoluzionario in Italia, avvenuto proprio nella nostra città nella notte di San Giovanni del 1817 e prosegue nella narrazione dei successivi moti insurrezionali del 20-21, del 31, del 52 e del 53, con la fattiva opera di molti nostri concittadini, da Vincenzo Pannelli a Livio Aurispa, dai Perozzi a Luigi Carletti, da Domenico Graziani a Luigi e Benedetto Pianesi. Nel 49, a Roma, al tempo della Repubblica altri maceratesi erano presenti: Sigismondo Ciccarelli, ancora i Perozzi, Antonio Gatti e tanti altri. Nel ’60 nella spedizione dei Mille figura presente, della nostra provincia, solo il treiese Luigi Bonvecchi.
In realtà, Romano Ruffini documenta la presenza di una sessantina di volontari maceratesi (tra questi Antonio Boni del Borgo, insieme con Cesare Ciccarelli) che andarono in Sicilia a combattere con Garibaldi facendo tutto il percorso a piedi. Una notizia del tutto sconosciuta ma sono molte altre le notizie e le curiosità che Romano Ruffini dà, per cui il suo scritto si legge con molto interesse perché l’autore unisce alla professionalità dello studioso la curiosità del ricercatore. Con questi illustri precedenti viene spontaneo domandarsi: Macerata ha ancora oggi il culto del Risorgimento?
A prima vista la risposta dovrebbe essere positiva. Infatti, dal 1905 esiste in città un Museo del Risorgimento, che per qualità e quantità del materiale raccolto (il catalogo redatto da Dante Cecchi e Amedeo Ricci conta ben 264 pagine) è unico non solo nelle Marche. Purtroppo è una istituzione che ha la curiosa e indisponente caratteristica di essere a disposizione di pubblico e studiosi ogni tanto: in poco più di 100 anni di vita è nato e risorto per ben quattro volte: nato nel 1905, chiuso nel 1915, riaperto nel 1927, richiuso nel 1940, riaperto nel 1949, richiuso dopo pochi anni, riaperto nel 1961 con un moderno allestimento dell’architetto Marone Marcelletti e nuovamente richiuso dopo poco tempo, con tutto il materiale riposto negli scatoloni sistemati negli scantinati. In conclusione c’è il materiale in gran quantità, c’è o c’era l’arredamento per l’esposizione, c’è il catalogo che è anche un ottimo volume di storia patria.
Tutto ciò premesso, perché l’Amministrazione Comunale non si decide a rompere gli scatoloni e riaprire il Museo, che sarebbe anche un ulteriore motivo di attrazione turistica? E dato che si parla di rottura di scatoloni, la nuova Amministrazione forse non è a conoscenza di quello che successe nel 2011, quando una Associazione donò alla città un monumento realizzato dal Maestro Ermenegildo Pannocchia, commemorativo dei 150 anni dell’Unità nazionale.
Qualcuno, in alto loco, non gradì il donatore e tanto fece e tanto disse che l’Amministrazione Comunale del tempo, non sapendo che pesci pigliare, nominò una commissione che doveva individuare la piazza dove collocare il monumento. Era un modo elegante per non decidere, anche perché in città non vi sono piazze sovraccariche di monumenti. A oggi, il monumento, che ricorda solo le date delle battaglie risorgimentali, regolarmente pagato, è o dovrebbe essere conservato dall’artista nei classici scatoloni, che aspettano con pazienza la decisione di una commissione che sicuramente non si sarà mai riunita. Risolvere questo semplice problema, con quello del Museo, sarebbe il modo migliore per ricordare e onorare tanti nostri concittadini che con il sacrificio anche della loro vita contribuirono a costruire una Italia libera e unita.
Siriano Evangelisti
6 settembre 2022