Seconda parte – Mosca – Le nostre tappe sono di 300-400 chilometri al giorno, cercando di ripetere oltre al percorso anche le stesse tappe che fece Borghese nel 1907 ma siamo pure condizionati dalla disponibilità di alberghi. Così per arrivare a Mosca ci fermiamo a Novgorod e a Tver che invece Borghese saltò. La prima una graziosa città, con il suo Cremlino cinto da mura, tante chiese di ogni epoca e la spiaggia sul fiume Volkhov affollata di bagnanti. La strada corre tra boschi di betulle e abeti, a volte il percorso diventa quasi noioso per la sua uniformità. Sappiamo che verso Est sarà sempre più monotono nella taiga siberiana. Ci fermiamo ogni tanto per il rifornimento, sempre pagando in anticipo, e siamo colpiti dallo stato delle stazioni di sevizio. Servizi igienici mancanti o inservibili e il gestore che con la massima naturalezza ti invita ad andare nel prato. Va bene per i maschietti, ma per le signore?
A Tver ci riserviamo una cena con la nostra pasta condita con funghi comprati nei banchetti lungo la strada e raccolti da Michele, Davide e Giancarlo durante la sosta in una radura per lo spuntino di mezzogiorno. Per inciso, le persone che vendono funghi e mirtilli lungo la strada non sono dei poveri contadini, hanno l’auto con la quale sono arrivati sul posto parcheggiata a fianco della bancarella. La strada non è tutta uguale, a volte larga a doppia carreggiata a volte stretta dal fondo sconnesso. Alcuni semafori nei centri abitati creano lunghe colonne. Stanno lavorando e tra qualche tempo sarà tutta larga e scorrevole. Incontriamo molti posti di controllo fissi della polizia, residuo dei drastici controlli sui movimenti di merci e persone dei tempi andati, oggi solo controllo del traffico con tante pistole laser per colpire gli indisciplinati. Viene fermato anche il Torpedo di Carlo con Paolo, l’operatore, in rincorsa per raggiungerci, ma se la cavano con una ramanzina, naturalmente in russo, incomprensibile nelle parole ma inequivocabile nel significato.
Al visitatore che arriva per strada Mosca si presenta con due aspetti distinti: il ricordo dell’ultima guerra, due grandi monumenti, uno eretto proprio nel posto ove furono fermate le truppe tedesche, e grandi centri commerciali di stile e marca occidentale, Ikea, Auchan e altri, immagine del consumismo ormai imperante. Imbocchiamo il più esterno dei 4 anelli o ring di Mosca, 5 corsie per lato e 160 chilometri di lunghezza. Nonostante le sue corsie, intasato dal traffico come le nostre tangenziali. Sono perse nella notte dei tempi le strade deserte dove sfrecciavano solo le Volga della nomenclatura del partito. Oggi vetture di tutti i tipi, costose auto occidentali, auto giapponesi e coreane, Lada (la nostra Fiat 124 prodotta a Togliattigrad) e Volga quasi come utilitarie. Tutte le auto più prestigiose hanno i vetri oscurati, moda o ricordo della riservatezza dei vecchi funzionari? Si nota un diffuso benessere, dopo la fame dei tempi andati per usare una espressione semplice ma efficace, oggi finalmente i russi hanno la pancia piena. Non è ancora sparita la vecchia burocrazia, alcuni episodi sono addirittura sconcertanti.
A Novgorod Gianni, Beppe e Paolo vanno dal barbiere. Salone per uomo e donna. Sala di attesa al centro, stanza per uomini a sinistra per donne a destra. Da noi maschietti lavora solo una ragazza, un’altra legge un libro seduta su una delle due poltrone per clienti. Quando la ragazza ha finito di tagliare i capelli l’altra smette di leggere, compila la ricevuta, a mano, madre e figlia e incassa il denaro, poi torna al suo libro. Un minuto di lavoro ogni mezz’ora. Ancora. Nell’albergo dove siamo alloggiati se qualcuno va per qualsivoglia motivo alla reception, si sente chiedere il passaporto, che naturalmente non ha perché viene da loro ritirato. Sono alla reception, dopo aver risposto che il mio passaporto lo hanno loro, chiedo quello che mi serve (la chiave della camera non funzionava). Mi allontano ma dopo pochi passi ritorno al banco per un altro motivo e la ragazza con l’aria più serafica di questo mondo mi chiede ancora il passaporto. Proviamo a ragionare. Sono venuto da te, mi hai chiesto il passaporto, ti ho detto che lo hai tu, ho smesso di parlare con te da trenta secondi, mi sono allontanato di pochi passi e prima di rispondere alla mia nuova domanda mi chiedi di nuovo il passaporto? Ma, ragazza… hai innestato la spina?
Mosca è monumentale ma non bella. Sono poche le cose che ti colpiscono. Dopo la Piazza Rossa, il Cremlino, la cattedrale di San Basilio non c’è molto che ti entusiasmi. Il palazzo dell’università, simile a tutti gli altri degli ex paesi satelliti, le grandi arterie di scorrimento, la Moscova, la collina dalla quale Napoleone vide Mosca bruciare. Il brutto, come in tutte le città della Russia è nei quartieri periferici. Squallidi condomini, veri cubi di cemento, orrendi a vedersi. Sembra impossibile che un popolo che ha espresso tanti scrittori, musicisti, artisti in ogni campo possa aver realizzato brutture simili. Nei centri storici molti palazzi sono stati restaurati perfettamente, come quello dell’Ambasciata d’Italia, un gioiello dei secoli scorsi. Guardando in giro con attenzione però nell’architettura si nota un qualcosa, è una linea di confine, un prima e un dopo, un prima del ‘90 e un dopo il ‘90. Sono stili, materiali, completamente diversi. Una curiosità che ha quasi dell’incredibile: nella guida di Mosca che negli alberghi viene distribuita ai turisti, tra le date importanti della città, dalla fondazione in poi, sono riportate pure il 1987 anno in cui Mathias Rust atterrò con il suo piccolo aereo sulla Piazza Rossa e il 1990, quando fu aperto il primo Mac Donald’s. Molta acqua è passata sotto i ponti sulla Moscova!
Gianni Carnevale
24 luglio 2022