Storie marchigiane: il “volo” della Santa Casa di Loreto smontata mattone per mattone

In tutte le religioni grande importanza ha sempre avuto il culto delle reliquie. Anche il cristianesimo, specie nel medioevo, è stato caratterizzato da una grande venerazione di parti del corpo, di vesti, di oggetti che in qualche modo sono stati a contatto con persone ritenute sante.

Ancora oggi nel rito della Dedicatio, cioè la consacrazione di una chiesa, sotto o all’interno dell’altare principale vengono poste le reliquie del santo a cui la chiesa viene dedicata. Indossare, toccare, pregare di fronte a una reliquia equivale a evocare le qualità del morto cui appartenevano le Sacre Spolie e averne beneficio e protezione.

Questo fenomeno è stato molto legato ai pellegrinaggi, chi poteva andarci portava indietro con sé molte reliquie da regalare (o vendere) ad amici e parenti; nel medioevo erano fiorenti le “sante rapine”, i furti dei resti dei santi. Nel periodo delle Crociate ne arrivarono in grande quantità dalla Palestina: tutto ciò che di sacro aveva a che fare con Gesù, Maria e i suoi seguaci era molto ambito, e la Santa Casa di Loreto ne è un illustre esempio.

La ricostruzione, attualmente più accreditata, è che ad Accon, città vicina a Nazareth, tra il 1200 e il 1300 ci fosse una colonia di marchigiani dediti ai commerci tra il Regno di Gerusalemme e la nostra penisola, appoggiati sia dal papa che dall’imperatore, e negli stessi anni partirono diverse spedizioni marchigiane di predicatori crociati e pellegrini da Ancona verso la Palestina. Intorno al 1291 Accon fu attaccata dai musulmani e i Crociati furono costretti ad abbandonare la Terra Santa, portando via da Nazareth le pietre smontate della residenza di Maria da ragazza.

Una reliquia di grande importanza: è il luogo dell’Annunciazione, dove lo Spirito Santo scende su Maria e dà inizio all’era Cristiana. Le pietre vengono portate in Illiria, e diventeranno poi dote di nozze di Thamar/Margherita Angeli Comneno, figlia di Niceforo Angeli Comneno, despota dell’Epiro e discendente dagli imperatori di Costantinopoli, che va in sposa a Filippo II d’Angiò, erede al trono del Regno di Napoli. Lo testimonia un documento notarile, lista di beni dotali denominata Chartularium Culisanense, dove in un paragrafo compare la scritta “sanctas petras ex domo Dominae Nostrae Deiparae Virginis ablatas”, cioè “Le sante pietre portate via dalla casa della nostra Signora Vergine Madre di Dio”.

Niceforo le spedisce via nave, e giungono – per tradizione – il 10 di dicembre del 1294 al Porto di Ancona, poi da lì portate sul colle su cui oggi sorge la chiesa di Santa Maria Liberatrice di Posatora, località il cui nome la tradizione fa derivare proprio da questo evento: posa-et-ora (fermati e prega) consegnate, con molta probabilità, ai membri della famiglia Angeli, che pare risiedessero nelle Marche (e quindi avessero possedimenti) come risulta da alcuni documenti.

Dopo nove mesi, sempre via mare, viene portata al porto di Recanati, e collocata nella Ecclesia S. Marie in Fundo Laureti, luogo che alcuni studiosi identificano nella chiesetta a fondovalle detta “della Banderuola”, risultante in quel periodo di proprietà del monastero di Fonte Avellana, e quindi sotto il dominio del papa. Ma, forse a causa dell’impaludamento della valle, forse per la pirateria, le pietre vengono spostate nuovamente, e portate nella sua collocazione definitiva sul Monte Prodo da due fratelli, proprietari del fondo: Simone e Stefano Antici, figli di un compagno d’arme dell’imperatore Federico II nella crociata del 1228/1229.

Thamar, nel frattempo convolata a nozze con Filippo II d’Angiò a l’Aquila nel 1294, pochi anni dopo sarà ripudiata ed emarginata dal marito a causa di contrasti tra le loro due famiglie, morirà nel 1311 e le Sacre Pietre resteranno a Loreto. Il Monte Prodo era un luogo già transitato dai pellegrini diretti a S. Michele al Gargano oppure in Terrasanta, ma stranamente non si trova nessuna menzione di queste preziose reliquie negli annali e nelle pergamene superstiti degli archivi recanatesi e loretani, fino al 1590, data in cui si istituì una processione solenne in memoria della miracolosa traslazione angelica della Santa Casa a Loreto.

L’area di Loreto compare infatti in diversi documenti relativi a donazioni e passaggi di proprietà: nel 1062, nel 1088, nel 1089, nel 1179, nel 1285, dove si parla di “chiesa di Santa Maria di Loreto” e di “Castello di Loreto”, sfatando anche il mito che nel posto dove si trova ora la Santa Casa non ci fossero costruzioni né abitazioni. In effetti, è difficile pensare che fosse deserto vista la posizione formidabile di controllo sulla costa, dove approdavano commercianti e pirati. In seguito, nel 1624, fu decretato che nella notte tra il 9 e il 10 dicembre fosse solennizzato l’anniversario con accensione di fuochi nelle città e nelle campagne, suono delle campane e spari di mortai, a ricordare il passaggio nei cieli marchigiani del volo angelico della casa, dando il via a un enorme viavai di pellegrini, pari a Roma, a Santiago di Compostela e alla stessa Terra Santa.

Tipico dei pellegrini di Loreto, segno di devozione e penitenza, era farsi tatuare su un braccio l’icona della Madonna Nera di Loreto. Tra leggende, supposizioni e smentite, la verità ancora non è del tutto svelata. In attesa di documenti comprovanti l’esatto svolgimento della vicenda, restano sempre vivi il fascino del luogo e la devozione popolare, oggi ulteriormente valorizzati dalla istituzione della Via Lauretana, pellegrinaggio dello Spirito.

Simonetta Borgiani

3 luglio 2022

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