Ed ecco il Cairo. Bisogna vederla questa città, descriverla è impossibile. Un enorme brulicare, ti chiedi come possa coesistere una tal massa di esseri umani, animali e mezzi meccanici.
Le piramidi – Imperdibile una sosta a Giza alle Piramidi. Non si può ancor oggi restare indifferenti. Qui vedo quello che considero l’eccellenza della tecnica costruttiva, La camera funeraria nella piramide di Cheope. Sono blocchi di granito rosso perfettamente squadrati e levigati, tra due blocchi non passa neppure un foglio di carta o un capello. Come abbiano fatto con seghe e scalpelli di bronzo e sabbia e acqua resta ancora un mistero. Erano piramidi tutte rivestite di pietre levigate, oggi rimaste solo in parte su di una. Un mistero è come abbiano fatto a estrarre, trasportare e mettere in opera milioni di blocchi. Non vi è ancor oggi una accettabile risposta alla domanda: Come hanno fatto a costruire le piramidi?
Incidenti nel deserto – Da Giza partiamo per l’oasi di Bahariya ma il motore della mensa ha un problema. Con l’officina la prendo al traino e con Ricciolo torno indietro al Cairo nella officina Iveco. Due pistoni rovinati. Il gruppo prosegue ma naturalmente abbiamo perso tempo. E Beppe commette una imprudenza ignorando una delle regole fondamentali del deserto: Nel deserto non si viaggia mai di notte. Una lingua di sabbia sulla pista fa ribaltare il Combi d’assistenza. Beppe ne esce con una spalla malconcia ma Antonella, una delle autiste, deve rientrare in Italia per una frattura. Mentre riparo la mensa il gruppo si rimette in sesto e va ad aspettarmi a Tobruk. Appena a posto la mensa ripartiamo, mensa e officina, direttamente per Tobruk saltando Bahariya.
El Alamein e i “rottami” della guerra – Solo una sosta per un dovuto omaggio ad El Alamein e ci ritroviamo tutti a Tobruk. Tobruk, Bengasi, Sirte, il pensiero non può non tornare indietro alle battaglie dell’ultimo conflitto, alle alternanze tra avanzate e ritirate, anche perché i resti non riutilizzabili dei mezzi distrutti sono ancora lì, conservati dal clima secco del deserto. Da Sirte verso Sud nel deserto fino a Sebha la città natale di Gheddafi i cui ritratti campeggiano ovunque.
Le oasi e la “Pista dei contrabbandieri” – Qui il deserto da cartolina, le oasi del gruppo di laghi Mandara e Gabraoun, specchi d’acqua circondati da una corona di palme e intorno solo dune di sabbia. Ci spingiamo verso il massiccio roccioso dell’Akakus, quasi al confine con la Tunisia, a Ghat, un vecchio forte turco riutilizzato da noi italiani e dove passa la famosa “Pista dei contrabbandieri” proveniente da Djanet in Tunisia.
Il segno di Roma – Passati questi paesaggi fiabeschi torniamo sulla costa, a Tripoli per dirigerci verso la Tunisia dopo aver visitato le meravigliose rovine romane di Leptis Magna. Cosa è stata Roma nei secoli, l’intero Mediterraneo era regno di Roma. Entriamo in Tunisia a Tatahouine per raggiungere Tunisi attraversando i luoghi classici del turismo tunisino, Sousse, Ksar Ghilane e altri. Da Tunisi ci dirigiamo verso Sud. Entriamo in Algeria dopo aver toccato l’enorme lago salato dello Chott el Jerid e prendiamo la via principale che porta verso il Centrafrica, verso Agadez, passando per la mitica Tamanghasset e il massiccio dell’Assakrem, sogno di tutti i viaggiatori. Non è solo la bellezza, il fascino del deserto che ci fa fare questa scelta.
La disputa tra Marocco e Algeria – Non possiamo seguire le strade lungo la costa per passare dall’Algeria in Marocco. I due paesi hanno da tempo una disputa su alcune zone di confine per cui i loro rapporti sono deteriorati al punto da impedire il passaggio da un paese all’altro. Per andare in Marocco, necessario per completare il periplo del Mediterraneo, dobbiamo necessariamente scendere in Mauritania e di lì risalire in Marocco. Lasciamo la strada verso Sud e ci dirigiamo a Timimoun, celebre per il suo enorme palmeto, considerato il più esteso del Nord Africa e Beni Abbes. Da qui su una pista di mille chilometri raggiungiamo Tindouf, praticamente punto triconfinale tra Algeria, Marocco e Mauritania.
I profughi Saharawi e il Fronte Polisario – Qui tocchiamo con mano uno dei gravi problemi del nostro tempo, quello dei profughi. La zona del Nord Africa di fronte alle Canarie era il Sahara Occidentale Spagnolo, colonia spagnola. Al termine dell’ultimo conflitto, nel clima di decolonizzazione, la Spagna ha abbandonato al regione che è stata occupata dal Marocco. Gli abitanti del luogo però non sentendosi marocchini hanno reagito all’occupazione sia con le armi, costituendo quello che fu chiamato il Fronte del Polisario, sia con un esodo verso le confinanti Algeria e Mauritania creando dei campi profughi. Da Tindouf scendiamo verso Sud costeggiando il confine marocchino e incontrando altri campi profughi fino alla zona mineraria di Zouerat.
La ferrovia del ferro – Qui viene estratto minerale di ferro che con una ferrovia, chiamata la ferrovia del ferro, viene trasportato fino al porto di Nouadhibou. Sono circa 750 chilometri di treni composti tutti con vagoni a vasca per il minerale e una sola carrozza in coda per le persone. Per l’illuminazione in questa carrozza alcune lampade a petrolio, come ai tempi del Far West. Percorriamo una pista parallela alla ferrovia fino a sbucare sulla costa a Guerguarat ove è posta la dogana tra Mauritania e Marocco.
La Hollywood dell’Africa – Inizia la risalita lungo la costa atlantica, Dakhla, Laayoune, il paradiso dei surfisti, poi Agadir. Da qui una puntata verso le oasi dell’interno e Ouarzazate, e l’oasi castello di Ait Benhaddou dove vengono girati quasi tutti i film ambientati in Africa. Tanto da attribuirle il nome di Hollywood dell’Africa. Da Ouarzazate verso la mitica Marrakech, a metà strada circa la montagna più alta dell’Atlante, il Jebel Toubkal di 4167 metri, dove salgono Giancarlo e Michele.
Casablanca e le città imperiali – Poi Marrakech, un unico enorme mercato, e Casablanca, celebrata in film e canzoni noti in tutto il mondo. Un breve giro per le antiche città imperiali di Meknes e di Fez e infine Tangeri, il cui nome evoca traffici leciti, illeciti e un mondo di spie. Gibilterra, con la sua rocca irta di cannoni è territorio inglese non aperto al traffico turistico, mesto retaggio ormai di tempi passati, per cui il traghetto ci porta in Spagna ad Algesiras.
La Spagna – La Spagna è fin troppo nota per parlarne ma noi abbiamo le montagne che ci aspettano, la Sierra Nevada, la catena interna, con la Punta Multhacen di 3482 metri, poi Madrid per l’omaggio alla capitale, Saragozza e infine i Pirenei, la catena tra Spagna e Francia. Sosta a Benasque e la salita alla cima del Pico de Aneto di 3404 metri, la costa meridionale della Francia per trovarci di fronte alle Marittime e rientrare il Italia.
L’Italia – Appena in Italia andiamo a Triora, detto il paese delle streghe, per assistere a una festa folcloristica locale, di nuovo in Francia a percorrere le Gole di Verdun, Briancon e definitivo rientro in Italia percorrendo le strade militari di Sagnalonga tra Briancon e Cesana, teatro dell’ultimo conflitto. Infine l’arrivo a Torino, in Piazza Castello con tutte le autorità, gli sponsor, gli amici, i parenti e una bella marea di fan di Overland ad aspettarci.
Il ritorno a Genova – Ma per noi l’anello non è chiuso, siamo partiti da Genova e a Genova torniamo tutti insieme per festeggiare la fine del viaggio. Un viaggio meraviglioso, in particolare per gli amanti delle montagne che oltre tutto permette, in caso di problemi, un rapido rientro in Italia. Escludendo l’Italia sono necessari tre, quattro mesi. Noi abbiamo impiegato, esclusa l’Italia, quattro mesi compreso il tempo per le ascensioni e le riprese. Bisogna poi essere almeno in tre, quattro equipaggi con veicoli da fuoristrada a trazione integrale e fare attenzione al visto di Israele. Potrebbe essere il viaggio della vita.
Gianni Carnevale
30 giugno 2022