Non conoscevamo i fatti d’arme di Quintodecimo che hanno dato il titolo al libro scritto da Cristiano Pesci ed edito da Edizioni Simple di Macerata, ma ci siamo incuriositi per il nome del paese: Quintodecimo. Un nome storicamente importante perché significa che la via Salaria partiva da Ascoli e non da Roma (Quintodecimo vuol dire 15 miglia picene – o romane – che equivalgono a 22 km: la distanza esatta da Ascoli).
Ma lasciamo da parte questo tipo di storia per passare alle vicende riguardanti l’unione d’Italia e la guerra tra i Sabaudi e il Papato. L’autore ha avuto la capacità di effettuare un ricerca certosina per supportare la storia con documentazioni ufficiali, poi grazie alla sua conoscenza del territorio ha imbastito un racconto avvincente e molto realistico, con una capacità di scrittura che pare di esserci: sembra la sceneggiatura di un film con eroi da ambo le parti, con tattiche militari applicate ai luoghi e con la partecipazione dinamica degli abitanti.
Certamente i “Cacciatori” dell’esercito piemontese sono più organizzati, con armi moderne, indumenti adatti, suddivisi in battaglioni capaci di manovrare a tenaglia, comandati da ufficiali esperti. Dall’altra parte, animati da un forte spirito di appartenenza al papato, un insieme di volontari di ogni età, di soldati sbandati, non definibili “accozzaglia” per il coraggio che dimostrano e per l’infaticabile impegno pur dovendo, paese per paese, arretrare di fronte alla preponderanza, anche numerica, del nemico. Al loro comando ufficiali dell’esercito papalino esperti di guerriglia, tecnica militare che applicano alla perfezione e che permette a questi disperati di contrastare i sabaudi con alta efficienza e di rallentare il loro percorso.
Fughe per impervi sentieri sconosciuti agli invasori che permettono a questi valorosi di anticipare i nemici e di posizionarsi nel miglior modo possibile per effettuare le loro azioni di contrasto. Certo, sono poche decine, armati con pochi fucili, addirittura alcuni a trombone dalla scarsa gittata, ma si buttano nella mischia, quando non è possibile fare altrimenti armati di scuri, falci, zappe, picche e coltellacci. Scontri impari con morti e feriti da ambo le parti.
Li chiamano “briganti”, questi Piceni, ma briganti non sono, piuttosto dei combattenti per un ideale e per la difesa dei loro paesi dall’invasore. Pressati dal nemico resistono fin nell’ultima barricata: chi muore, chi rimane ferito, qualcuno fugge per continuare altrove la resistenza. Restano incendi, case distrutte, anche la piccola chiesa di Quintodecimo, mentre i “Cacciatori” conducono il rastrellamento fra le varie contrade alla ricerca di rivoltosi. Commovente l’impegno del parroco del paese che la mattina seguente i combattimenti, aiutato da alcuni giovani, raccoglie con le carriole i corpi dei caduti, con le salme dei quintodecimani inumate nella chiesa.
Il libro si chiude con pagine dedicate ai protagonisti, ricche d’informazioni e corredate dalle foto dei personaggi tra i quali spiccano Papa Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti) e Francesco II di Borbone, ultimo Re del Regno delle Due Sicilie.
Fernando Pallocchini
25 giugno 2022