Ripartiamo dalla ipotesi, o meglio ucronìa, che la chiesa di San Claudio al Chienti sia stata la vera cappella del palazzo di Carlo Magno, a pianta quadrata. E quindi, gli edifici eretti intorno al X secolo “su immagine di Aquisgrana” dovrebbero essere simili alla chiesa di San Claudio che conosciamo.
All’appello del precedente articolo (La rucola n° 268 e link vedi nota 5) manca un altro edificio, l’abbazia dei SS Pietro e Maria a Mettlach, in Germania, quasi al confine con il Lussemburgo, che risulta fondata alla fine del VII secolo d.C. dal vescovo di Treviri, Liudvino (antenato di Carlo Magno). Anche a Mettlach pare che sia passata la rivoluzione francese, e che l’abbazia sia stata a lungo abbandonata. Oggi ne resta solo la cosiddetta “Antica Torre”, a pianta ottagonale, che è diventata la sede della Villeroy & Boch: non resta niente altro, neanche le fondamenta, della storica abbazia, solo questa torre che storicamente risulta ricostruita intorno all’anno 990 dall’abate Lioffin (una casupola, che Hezzel aveva abbandonato in cattive condizioni, la abbatté fino alle fondamenta, e la eresse poi a somiglianza del palazzo di Aquisgrana).
Questa chiesa con i beni annessi, resta di proprietà dei discendenti di Liutvino finché Carlo Magno la restituisce alla diocesi di Treviri, poi il figlio Ludovico il Pio la cede di nuovo a un discendente di Liutvino: Guido I di Spoleto. E sorge spontaneo chiedere a Guido I di Spoleto che se ne facesse di una cattedrale situata a due passi dall’odierno Lussemburgo, pur essendo stata bene di famiglia, dal momento che i suoi interessi erano in centro Italia: di sicuro lo troviamo qui nell’843 quando viene appunto nominato duca di Spoleto.
Sarebbe più comprensibile se tale “dono” fosse situato più vicino al suo ducato. Una ipotesi che potrebbe andare bene è guardare verso una cittadina che ha molta storia, soprattutto ne ha tanta sepolta sotto il centro storico: Matelica, non assomiglia questo nome a Mettlach? Gli studiosi tra l’altro non sanno che pesci prendere riguardo all’origine del nome, che non ha somiglianze in nessun’altra parte, tranne Mettlach. Nel centro storico di Matilica Matilicorum (così la chiama Plinio il Vecchio), al centro della piazza Enrico Mattei, c’era la Pieve dei SS Adriano e Bartolomeo, patroni di Matelica, abbattuta nel 1530 per volere degli Ottoni, famiglia che governò per molto tempo la città: il palazzo da loro acquisito aveva proprio davanti questa vecchia pieve che, ingombrante, disturbava la visuale sulla piazza.
Nel 1948 durante i lavori di rifacimento della piazza emersero le fondamenta di vari edifici, che i tecnici riportarono sul disegno allegato, dal quale si può osservare il piccolo edificio sacro. La soprintendenza non si fece viva, quindi dopo due settimane di attesa gli scavi furono ricoperti. Mentre a Mettlach dovrebbero esserci almeno tre livelli sotto le ristrutturazioni ma nulla c’è, qui, al solito (vedi a esempio il Duomo Vecchio di San Severino e le sue numerose stratificazioni una delle quali simile a San Claudio), sotto la pieve che pare essere a base quadrata con un’abside, potrebbero esserci le fondazioni di un’altra chiesa e, pure, di un tempio ancora più precedente di epoca romana o pre-romana.
Con gli strumenti a disposizione oggi è possibile effettuare indagini poco invasive per studiarne la pianta, ed è stato fatto di recente dalla soprintendenza e dal comune di Matelica. I risultati non sono stati ancora pubblicati, ma pare che non corrispondano ai rilievi del 1946. In questo audace puzzle storico, dove i tasselli si incastrano perfettamente e restituiscono un disegno sempre più completo, manca il tassello centrale, quello che lo completa e lo rende indistruttibile.
Per quanto ci riguarda non servirebbe, ma chi ha gli strumenti per farlo, dovrebbe proprio trovarlo: se venisse fuori che una delle fasi costruttive della pieve sia realmente simile a San Claudio, sarebbe un indizio. Se poi dagli studi in corso sulle antiche pergamene di Matelica, uscisse fuori traccia di un vescovo di nome Lioffin prima dell’anno mille, saremmo a posto. Altrimenti, questa resterà semplicemente una intrigante, provocatoria, ucronìa.
Note
1 – L’Azione (giornale del 18/11/2021)
2 – Maria Fiorella Conti “Tibi Dedicata” 2006
3 – Patrologiae Tomus CLIV “Gesta Treverorum” 1881
4 – Camillo Acquacotta “Memorie di Matelica” 1838
5 – https://www.larucola.org/2020/12/14/hereford-e-le-altre-cappelle-il-punto-focale-non-e-aachen-ma-san-claudio-al-chienti/
Simonetta Borgiani
28 aprile 2022