Il professor Bellabarba su una questione assai controversa: la inutilità delle crociate

Nei testi scolastici sono esaltate le crociate e l’utilità che hanno arrecato all’occidente medioevale e moderno. Il professor Pier Felice Bellabarba di Macerata, laureato in lingue straniere con specializzazione in tedesco, già insegnante alle scuole secondarie ci racconta della sua analisi storica e critica con risultati molto diversi.

Il giudizio dello storico Cardini – Dal 1997, dopo aver studiato su una bibliografia comparata  e vastissima di autori europei e arabi, è arrivato a conclusioni assai differenti. Dice: “La cultura va a momenti. Dal 1980 al 2000 c’è stato un revival delle pubblicazioni sulle crociate”. Dopo l’uscita del best seller “Il Codice da Vinci”, nel 2005 lui fece stampare in proprio il suo libro: “L’inutilità delle crociate”. Nel 2014 ne spedì una copia allo storico professor Franco Cardini il quale, in sintesi, gli rispose: “Lei insiste molto stranamente nella questione della utilità delle crociate, che è un classico pseudo problema: “Utili o inutili a chi? – A che cosa? E in quale senso? La categoria dell’utile è una delle meno criticamente spendibili in storia… Il suo libro è scritto con garbo e costruito con molta attenzione, solo il taglio polemico è superfluo”.

Gli aspetti delle crociate – L’autore da noi interpellato sostiene che il taglio polemico è dovuto a un’analisi rigorosa dei vari aspetti delle crociate: culturale (presunti scambi culturali), economico-commerciale (gli scambi esistevano già con la riconquista delle vie del marittime del Mediterraneo, a opera delle Repubbliche Marinare e dei Normanni di Sicilia, prima delle crociate), ideologico-religioso (la Chiesa voleva estendere il suo dominio religioso sull’impero bizantino e sui territori conquistati dagli arabi, con il pretesto della religione voleva aumentare il suo potere socio-politico).

Crociati contro crociati – All’epoca in Europa era in atto la lotta tra il Papato e l’Impero e anche tra gli stessi feudatari. Con il pretesto della religione si credeva di portare ordine politico-sociale nel vecchio continente, che sarebbe servito a unire l’occidente cristiano contro i turchi, e anche contro l’imperatore. Portando la guerra fuori dall’Europa Urbano II supponeva che si fosse creata la pace (tregua Dei) in occidente compattando la bellicosa Europa cattolica. In realtà in Terra Santa i cristiani occidentali crociati si allearono con i turchi per combattere altri crociati alleati con gli arabi, sin dalle prime due crociate.

Due false verità – In occidente le crociate sono spacciate come necessarie, inevitabili e fatali basandosi su due false verità. I crociati partivano spinti dalla propaganda sulla violenza dei Selgiuchidi in Terra Santa, l’altra menzogna fondamentale è la richiesta di aiuto da parte dell’imperatore di Bisanzio. Nessun vantaggio è stato portato dalle crociate allo sviluppo culturale europeo.

La Divina Commedia – Il volume di Bellabarba sulle crociate è particolarmente sgradito ai dantisti perché si narra dell’escatologia musulmana nella “Divina Commedia”. La disposizione dei gironi nell’Inferno dantesco è ripresa da “Il libro della scala”, la traduzione in castigliano di “Al-Mirag” fatta prima del 1264 a Toledo dall’ebreo Abraham Alafaquì, medico del re di Castiglia e Leon Alfonso X il Savio (1221-1284). Questa versione dall’arabo in castigliano voluta da quel re fu poi tradotta in latino. Dante Alighieri ne venne a conoscenza mediante le opere del suo maestro Brunetto Latini, già ambasciatore del partito Guelfo fiorentino in Spagna. Gli arabi erano a contatto con la cultura persiana, e quali attivi commercianti, conoscevano anche la cultura indiana e cinese, hanno scoperto che il libro Al-Mirag arabo aveva attinto da un’opera persiana dello stesso genere escatologico (cioè del mondo ultraterreno), “Il libro del Giusto Wiraz”, scritto nei primi secoli dell’era cristiana dal persiano Ardā Wīrāz, che fece un viaggio onirico nell’aldilà, come il suo profeta Zoroastro.

Se vuoi la pace conosci la guerra – Il nostro insegnante è autore anche del volume “Dall’arte della guerra all’arte della pace” (2018). È una rassegna sociologica di come passare dalla pseudo cultura della guerra alla cultura e realizzazione concreta della pace. Spazia dal “Frammento 53” di Eraclito (V-IV secolo a. C.) alla prima guerra mondiale e ai corpi civili di pace. Per chiarezza quest’ultimi sono stati istituiti nel 1992 dal segretario generale dell’ONU Kofi Annan ne “L’Agenda per la pace”. Il professor Bellabarba non evidenzia la citazione trita e ritrita della maggior parte di storici e strateghi: “Se vuoi la pace prepara la guerra”, preferisce: “Se vuoi la pace conosci la guerra” dello storico e giornalista britannico Basil Henry Liddell Hart (1895- 1970).

Non la guerra ma l’uomo fa la storia –  Alcuni storici affermano che un Paese senza guerra è un Paese senza storia, Pier Felice obietta che non è la guerra che fa la storia, ma è l’uomo che fa la storia. Finché c’è l’uomo ci sarà sempre la storia. I capi di Stato hanno trascinato i loro popoli in guerra con gli inganni e la violenza. Conoscere la verità è una istanza insita in tutti gli esseri umani. Eppure, conoscere la storia delle guerre è una esigenza che ha anche un valore etico, politico e sociale.

Reinterpretare e rivisitare – Quindi occorre sempre reinterpretare e rivisitare ciò che gli storici hanno scritto anche in tempi lontani e in luoghi diversi, in base alle loro ideologie, interessi e pregiudizi. Senza riprendere lo studio dei conflitti dalla guerra di Troia (nel 1200 circa a. C.) si può e si deve fare il punto sulla storiografia delle crociate in oriente bandite dal papa Urbano II nel 1095 e finite nel 1291, perché moltissimi storici affermano che le crociate erano necessarie inevitabili e utili per il progresso della società europea medievale e moderna.

Eno Santecchia

12 aprile 2022

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