I dati sull’occupazione attestano una situazione altalenante e ancora distante dal periodo pre-Covid. La pandemia prima e la crisi russo-ucraina ora stanno facendo ristagnare la crescita di posti di lavoro e il mercato occupazionale non sta vivendo una buona fase. Ma come siamo arrivati a questa situazione?
I dati regionali- L’analisi parte dallo studio di Confartigianato sul mercato del lavoro nelle Marche, che attesta come nel IV trimestre del 2021 gli occupati nella regione siano in aumento del 3,9% rispetto al trimestre precedente, performance migliore della media nazionale (+2,6%). Gli occupati delle Marche nel 2021 ammontano a 617.000, in crescita dell’0,8% rispetto al 2020 ma non sono stati ancora recuperati i livelli pre-pandemia del 2019 (-2,5%).
I dati provinciali – A livello provinciale, marcano segno positivo Ascoli Piceno con il +1,3% (anche in questo caso andamento opposto rispetto al 2020, con -4,8%) e Fermo (+0,1%) dopo la flessione del 2020 (-8,3%). Macerata è l’unica provincia in regione in cui diminuiscono gli occupati (-2,7%) anche se in attenuazione rispetto al 2020 (-4,3%). Sempre a livello provinciale, il 19,8% degli occupati in regione è a Macerata (122.000 unità), il 12,9% ad Ascoli Piceno (79.000 unità) e l’11,4% a Fermo (70.000 unità).
Mancano operai specializzati – A marzo 2022 nelle Marche sono difficili da reperire 4 lavoratori su 10 (40,1% delle entrate previste) e in particolare sono difficili da reperire i due terzi degli operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici, quota che cresce di 34,5 punti percentuali rispetto a marzo 2019.
L’analisi – Afferma il Segretario Generale Giorgio Menichelli: “La prima considerazione che dobbiamo mettere al centro è di tipo demografica, perché la popolazione marchigiana è scesa sotto i 1,5 milioni di residenti. Questo calo che parte da lontano e sembra inarrestabile in quasi tutti i settori, è avvenuto proprio nel momento di fuga di personale (causa Covid e restrizioni) da alcuni comparti considerati chiave nella regione, come ristorazione e accoglienza. Così, alla ripartenza, questi comparti strategici stanno trovando difficoltà nel reperire figure altamente specializzate. E proprio la formazione rappresenta un nostro “tallone d’Achille”, perché i tempi per formare i lavoratori sono lunghi rispetto alle imminenti necessità di ripartenza. Inoltre, i sussidi e le casse integrazioni Covid, seppur necessarie, hanno inciso su quest’ultimo dato. La carenza di manodopera poi, sta portando le aziende a contendersi le eccellenze, addirittura ‘rubandole’ ai competitors: questa concorrenza così aggressiva è controproducente e danneggia a pioggia le filiere e i singoli progetti aziendali, e quindi la crescita dimensionale”.
Ai giovani non piace il lavoro in bottega – Inoltre, le imprese artigiane in particolar modo, hanno lo svantaggio di non riuscire ad attirare i giovani che considerano il lavoro in bottega non molto appagante sotto il profilo dell’immagine. Probabilmente perché visto come un mondo troppo distante da quello che invece cercano, ovvero innovazione, forti spinte motivazionali e un buon clima aziendale.
Il giusto riconoscimento economico – Quello che più sembra mancare non è tanto il talento, ma piuttosto la giusta attitudine, l’impegno costante e la resistenza. Un impegno prolungato e costante, forgiato dalla pratica quotidiana, allevia la fatica e fa apprezzare giorno dopo giorno il proprio lavoro. E con il giusto riconoscimento, anche dal punto di vista economico, il giovane potrà essere stimolato e sentirsi parte di un progetto comune, contribuendo attivamente al raggiungimento dei risultati aziendali.
I percorsi formativi – Il mondo intorno a noi sta cambiando e agli imprenditori serve un adattamento darwiniano, unica via che garantisce la sopravvivenza e il successo. Sotto questo punto di vista, i percorsi formativi come gli Its sono una delle soluzioni praticabili di successo, ma bisognerà costruire le condizioni per avvicinare domanda e offerta nel momento in cui l’offerta, tra calo demografico, motivazioni delle nuove generazioni e mercato del lavoro, è cambiata. Altrimenti sarà inevitabile l’attuale mismatch.
Il paradosso – Conclusioni di Menichelli: “Non ci sono semplici soluzioni, o almeno non così rapide da mutare il mercato dall’oggi al domani. Ma la delicata situazione può spingere gli imprenditori a dare il via ad una serie di cambiamenti nel modo di operare a livello occupazionale. Bisogna in primis essere proattivi, perché per trovare personale non è più sufficiente mettere un annuncio. Nella ricerca lavoro è bene creare sinergie che nel medio periodo aiutino a creare le occasioni di investimento in risorse umane. Quindi, è arrivato il tempo di crescere sotto il profilo formativo. Pertanto, cogliamo l’occasione di utilizzare al meglio i fondi comunitari dell’FSE della programmazione 2021/2027 per centrare le azioni che riducano drasticamente il paradosso per cui mancano i lavoratori, ma mancano anche i posti di lavoro”.
7 aprile 2022