Molti anni fa, quando furono posti in commercio i primi grammofoni, quelli a tromba oggi considerati pezzi di antiquariato, una ricca famiglia romana ne acquistò subito uno. La domestica, oggi detta colf ma che allora si chiamava sèrva, era una ragazzotta di Visso assunta da poco e questa s’incantava allorché il grammofono era messo in funzione e per poterlo ascoltare trascurava le sue faccende.
Un giorno che in casa c’erano ospiti e tutti erano riuniti attorno al grammofono ad ascoltare dischi, la padrona di casa dovette redarguire la sèrva perché si dimostrava negligente. A un certo punto dovette sollecitarla: “Ti ho già detto di andare di là a prendere i biscotti, si può sapere che aspetti?” E la servetta, fattasi coraggio, rispose: “Spètto lu discu che parla tando de lu paese mia!” (Aspetto il disco che parla tanto del mio paese!).
Sbalordita e incuriosita insieme, la padrona chiese: “E quale sarebbe questo disco?” La sèrva di Visso, non sapendo come farsi intendere, prese seduta stante a cantare entusiasticamente la famosa romanza di Tosca: “Visso d’arte, Visso d’amore..!” La nostalgia era così forte in lei da farle intendere così il verso di quella famosa romanza.
Claudio Principi (tratto da “Dicerie popolari marchigiane”)
30 gennaio 2022