Espone a Treia il fotografo Paolo Cudini in “Poesie fotografiche: la strada e altro”

Da cosa si distingue un fotografo di strada da qualsiasi altro fotografo, mediocre o bravo che sia? L’ho capito subito il 24 ottobre 2021, a Treia, una cittadina delle Marche profonde, scoprendo i segnali lungo la strada che conduceva alla sua mostra. Prima un cartellone appoggiato ad un cavalletto, un po’ sbilenco, poi alcune foto buttate lì per terra che indicavano una percorso, come i sassolini di Pollicino, verso la sala della esposizione: “Paolo Cudini Photographer – Poesie fotografiche: la strada ed altro…”.

A questo punto posso iniziare a raccontarvi le vicende che mi hanno condotto a conoscere questo mio omonimo, Paolo, che si esprime però, al contrario di me, con le immagini e non con la scrittura. Quella domenica di fine ottobre me ne stavo tranquillamente a casa, intento a redigere il mio diario quotidiano, il Giornaletto di Saul, allorquando mi chiamò al telefono l’amico Antonello Andreani, architetto, musicista, fotografo e fondatore della casa editrice Ephemeria di Macerata. “Oggi pomeriggio sarò a Treia per visitare la mostra di un mio collega, Paolo Cudini, che si tiene nei locali dell’ex Trea, in cui espone le sue foto di viaggio, anzi di viaggi, ti aspetto lì verso le ore 16…”. Fidandomi del giudizio di Antonello, che conosco da anni per aver collaborato con lui in varie avventure culturali, in vari luoghi delle Marche ed oltre, accettai di buon grado il suo invito.

Lo stesso giorno nella piazza principale di Treia si svolgeva una esposizione di bancarelle con prodotti artigianali e alimentari del centro Italia. Vedere gente a passeggio nel centro storico mi è sembrato un buon segnale di rivitalizzazione di questo borgo, bello architettonicamente e ambientalmente, ma quasi disabitato. Un po’ di vita non guasta!

Antonello Andreani l’ho trovato, elegante e sorridente, davanti all’ingresso dell’esposizione, ci siamo fermati un po’ a chiacchierare del più e del meno, e a un certo momento è uscito anche l’autore delle foto, Paolo Cudini, e nel frattempo c’è stato un continuo affluire di persone di ogni genere e natura. Quasi tutti “mascherati” ed in tiro. In particolare mi è rimasto impresso un giovanotto con un barbone da Ceceno, che raccontava le sue avventure, vissute assieme col Cudini, a San Pietroburgo, a Mosca e in altre città della grande madre Russia. Molte delle rimembranze vertevano sulle abbondanti libagioni di vodka, chiamate “sfide”, compiute con corpulenti cittadini russi che alla fine dovevano però dichiararsi sconfitti dalle inusitate capacità di assorbimento, senza perdere il controllo, di questi due italiani anomali, all’inizio scambiati quasi per “astemi” (in senso dispregiativo s’intende).

Allorché il crocchio all’esterno dei locali della mostra era diventato quasi un assembramento fuori legge ecco che Paolo Cudini spinge tutti all’interno. E qui per interno non intendo solo le stanze dell’esposizione ma anche la sottile presenza di un mondo “di strade e di situazioni” che veniva pian piano interiorizzata. Foto ovunque, sulle sedie come personaggi viventi, alle pareti come immagini ricordo, gettate sul pavimento come cartacce in un parco pubblico. E Paolo Cudini raccontava e raccontava, barboni, scheletri architettonici, risa e pianti, fughe sui tetti, panorami nemmeno mai visti, personaggi da corte dei miracoli e signore e signori distinti. Insomma foto di strada, foto di vita. Nella foga del racconto mi sono perso, mi sentivo sconfitto, malgrado la mia buona disposizione al dialogo, da quella narrativa fiume, da quella capacità di evocare ed allo stesso tempo rendere tutto “presente”.

Per averne testimonianza ho provato a chiedere aiuto all’amico Antonello, in quel mentre ancora impegnato all’esterno in dotte disquisizioni con il direttore del museo archeologico di Treia: “…per favore vieni almeno a scattare una foto di questo vulcano”. E lui venne e scattò con la stessa macchina fotografica del Cudini appoggiata su un tavolo e mi promise che poi il “photographer” me l’avrebbe inviata… ma l’artista si sa non è un funzionario comunale del protocollo, l’artista si perde nel suo viaggio, e mai la foto mi giunse… Buon viaggio Paolo!

Per fortuna però, questo me lo devo ricordare, tornato nella piazza, ho incrociato l’amico Andrea Cotica del Fotocineclub di Treia e gli ho elemosinato la foto del cartellone d’ingresso alla mostra. Almeno questa l’ho ricevuta!

Paolo D’Arpini

29 ottobre 2021

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