San Claudio, San Vittore alle Chiuse, Santa Croce dei Conti e Santa Maria delle Moje hanno certamente un’architettura carolingia: lo dice H. Sahler nel suo studio su queste chiese marchigiane. L’intellighenzia locale, avendo conosciuto i risultati in “quarta lettura”, non si è accorta di questa conclusione a cui è giunta la studiosa tedesca, ritenendosi appagata dalla sola notizia che l’edificio di Corridonia sarebbe stato costruito intorno al 1030.
Le incertezze nel testo – In effetti il tomo della Sahler è molto complesso, con diverse chiavi di lettura, ambiguo, contradditorio, pieno di forse, probabilmente, ecc. e di certezze non dimostrate da documenti. Dice infatti: “Con l’ausilio dei confronti stilistici è stato possibile datare la chiesa tra il 1010 e 1040”. Poi: “Durante l’episcopato del vescovo Uberto si hanno tutti i presupposti politici ed economici necessari all’edificazione di S. Claudio… è perciò molto probabile che il vescovo Uberto faccia erigere la chiesa ed il palazzo di S. Claudio proprio negli anni intorno al 1030”. Nel sommario di pagina 237 afferma: “Il vescovo Uberto di Fermo si fece costruire in un posto strategicamente importante verso il 1030 la chiesa a due piani di S. Claudio” ma due pagine prima nel sommario scritto in inglese dice: “probabily around 1030”. Non serve conoscere la lingua per tradurre probabily con probabilmente, quindi in italiano afferma con certezza che la chiesa è stata costruita nel 1030 mentre in inglese questa certezza non c’è. La studiosa senza portare prove afferma con certezza ciò che a pagina 63 aveva solo ipotizzato. Pensa forse che gli italiani, notoriamente approssimativi, possano credere che la data di costruzione sia dimostrata da documenti, mentre quando si rivolge al mondo accademico internazionale, non avendoli trovati (i documenti), fa intendere che la data di costruzione di S. Claudio sia solo frutto di una sua ipotesi?
E la piantina della chiesa di Aachen..? – Andiamo a vedere le chiese carolingie marchigiane che avrebbero fatto da modello al gruppo di edifici a croce greca iscritta secondo l’interpretazione di H. Sahler. La chiesa carolingia per eccellenza dovrebbe essere quella di Aquisgrana iniziata il 790 e forse inaugurata nell’800. La nostra studiosa,visto che considera come chiesa fatta costruire da Carlo Magno l’attuale cattedrale di Aachen in Germania, avrebbe dovuto metterne la piantina tra le 277 foto e profili grafici che riempiono il suo corposo volume. Mette fotografie di pilastri, semipilastri, plinti, capitelli, arcate, epigrafi, iscrizioni, ponti, facciate, absidi, lesene, navate, campate, calotte, tamburi, tribune, frammenti di decorazioni, chiostri, ma non la piantina della chiesa di Aachen. Visto che afferma che è in base ai confronti stilistici che ha datato la chiesa di S. Claudio al 1030, per quale motivo non ha messo la piantina della cattedrale di “Aquisgrana” così da procedere al necessario confronto?
Le differenze… – Forse non l’ha messa perché i lettori avrebbero, da soli, confrontato il quadrato della chiesa carolingia di S. Claudio con l’ottagono della chiesa carolingia di Aachen? O forse non l’ha messa perché i lettori avrebbero da soli confrontato i quattro pilastri al centro della chiesa carolingia di S. Claudio con gli otto pilastri in circolo della chiesa carolingia di Aachen? Forse non l’ha messa perché i lettori avrebbero da soli confrontato le cinque absidi della chiesa carolingia di S. Claudio con l’unica abside della chiesa carolingia di Aachen che solo lei vede? Fuggendo da questo confronto stilistico, Hildegard Sahler si limita a dire che “Aquisgrana” è una chiesa doppia come S. Claudio.
Le caratteristiche: quali? – Dice anche che S. Claudio farà da modello ad altre chiese e tre sono le sue caratteristiche presenti nella pianta e nella sezione: 1 – le absidi sono addossate al quadrato base sui lati nord, est e sud; 2 – il quadrato base è “articolato” attraverso quattro pilastri; 3 – ha due piani. Considerando questi elementi, S. Claudio ha quattro caratteristiche non tre come scrive: la quarta è il quadrato base che la Sahler non enumera, ma sottintende nelle prime due caratteristiche. La brava studiosa, se non fosse stata di parte, avrebbe dovuto dire che la pianta di S. Claudio ha fatto da modello alle altre chiese del gruppo marchigiano con le seguenti peculiarità: 1 – pianta quadrata; 2 – quattro pilastri al centro; 3 – cinque absidi. Queste sono le vere caratteristiche comuni a S. Claudio, S. Vittore alle chiuse, S. Croce dei Conti, S. Maria delle Moje e pure al Duomo vecchio di S. Severino (purtroppo chi ha scavato non si è accorto che ha la stessa pianta di queste altre quattro chiese). Solo S. Claudio, ora, è una chiesa doppia e quindi diversa dalle altre del gruppo, ma in passato è stata una unica chiesa, visto che la campata centrale è integra perché costruita successivamente.
La cupola – Inoltre Sahler mette in evidenza che la campata centrale superiore non ha nei pilastri sud “i serventi d’angolo in funzione delle nervature delle volte, rivolti verso la campata centrale. Perciò qui non sarebbe stato possibile costruire una volta a crociera e si potrebbe ipotizzare quale copertura una cupola, a vantaggio di una maggiore accentuazione centrale, per esempio una cupola su trombe con un tamburo ottagonale, come la si vede più tardi nella chiesa di S. Vittore delle Chiuse”. Comunque la pianta è come la mamma, sempre certa, l’alzato, dopo più di mille anni, forse… è certo!
Il confronto con Ottmarsheim – Lei deve ammettere che l’ottagono di Aachen ha come modello S. Vitale a Ravenna, ma nel mare di citazioni fatte (ben 971 note) si guarda bene dal parlare dell’ottagono dell’abbazia dei Santi Pietro e Paolo di Ottmarsheim: perché non ha paragonato Aachen con questa chiesa alsaziana? Lei tedesca non la conosce solo perché ora si trova in Francia? Forse perché avrebbe dovuto ammettere che Ottmarsheim consacrata nel 1049 da Leone IX è più rozza quindi precedente ad Aachen? “Non si è a conoscenza di una chiesa precedente” a S. Claudio (deve pur ammettere la studiosa) e per questo motivo confronta solo le singole parti che la compongono. Cita rapidamente le chiese armene di Wagharschapaht e alcune delle chiese un tempo presenti a Costantinopoli ma escludendo che siano state usate come modello, per la troppa distanza dalle Marche. Cita, invece, le chiese pugliesi di Castro ed Otranto, ignorando la ben più importante, perché doppia, Chiesa di S. Maria Maggiore di Siponto esistente già nel 493, quando sette Vescovi del territorio vi si riunirono per poi recarsi alla grotta di San Michele Arcangelo e aprirla al culto.
Le absidi di San Claudio – Sbaglia ancora grossolanamente quando afferma, per ben due volte, che S. Claudio è un triconco (tre absidi) mentre ne ha cinque. Ignora del tutto l’architettura erroneamente definita araba del sud del Mediterraneo, in particolare quella della Siria, che prima del 1000 era il centro della cultura. Tra i moltissimi edifici costruiti in Medio Oriente, durante il cosiddetto Medio Evo, ricordo Santa Maria Teotokos a Gerusalemme: era talmente imponente che nessun’altra chiesa poteva reggerne il confronto, compresa Santa Sofia di Costantinopoli. La stessa moschea della Roccia assomiglia alla chiesa del Santo Sepolcro perché costruita da architetti e maestranze bizantine. Il Califfo al-Mansur affidò la progettazione della città di Bagdad (762) a un architetto di fede zoroastriana e a uno di religione ebraica. Nei 250 anni dopo la conquista araba la maggioranza della popolazione della Siria di allora era rimasta non musulmana. La cultura araba è un’etichetta che contiene, nella sostanza, il patrimonio di conoscenze greco-giudaico-cristiane di Costantinopoli, come il sapere di Copti e Nestoriani. I moltissimi fabbricati edificati da maestranze locali o limitrofe dimostrano la grandissima capacità nel costruire che aveva la regione compresa tra il Mediterraneo, l’Armenia e la Persia.
Il palazzo Hisham, a Khirbat al Mafjar – Una di queste strutture, ignorata dalla Sahler, si trova vicino Gerico, è il palazzo Hisham, a Khirbat al Mafjar: basti dire che vi è un mosaico di 825 metri e che per la sua imponenza è stata definita la Versailles araba. Studiato da R. W. Hamilton e O. Graber, il frigidarium di questa reggia invernale del Califfo ha la stessa pianta a scacchiera di S. Claudio al Chienti, come si vede sovrapponendo i due disegni, cambia solo la dimensione, avendo sedici pilastri l’edificio palestinese e solo quattro quello marchigiano. Le absidi hanno la stessa tecnica costruttiva, i piani di posa dei mattoni non sono paralleli l’uno all’altro, come nella tradizione occidentale, ma convergono verso il centro di curvatura. Studiando un’abside di S. Claudio si ricava che è uguale alla descrizione che R.W. Hamilton fa di un’abside di Khirbat Al Mafjar: “La semicupola era un po’ più di un quarto di sfera. Il centro e il diametro si trovano 38 cm. dietro la corda dell’abside. La parte frontale della volta includeva di conseguenza la chiave di volta…”. Pur avendo citato il lavoro di Carnevale del 1993,“San Claudio al Chienti e le chiese a croce greca iscritta nelle Marche”, per quale motivo la Sahler non ha contestato questo collegamento con l’origine mediorientale delle nostre chiese marchigiane? Non è stata in grado di farlo e dovendo, ideologicamente, affermare che S. Claudio è, sì, in stile carolingio ma non fatta costruire da Carlo Magno, ha volutamente ignorato la Versailles araba di Gerico. continua
Albino Gobbi
9 agosto 2021