Già il titolo è una ucronia, leggendo solo quello lo studioso salterebbe sulla sedia e getterebbe via il giornale o il pc. Ma è una ucronia, una intrigante storia alla Agatha Christie in versione medioevo.
Lo zio Grìllu – Chi scrive ha un anziano zio che, come si usa nella nostra regione, è più conosciuto con il soprannome che con il cognome vero: Grìllu, cioè grillo; con la sua famiglia abitava vicino a Villa Collio, quella maestosa residenza ottocentesca fiore all’occhiello di San Severino Marche, severamente lesionata purtroppo dal sisma del 2016.
Il Glorioso – Villa Collio ricade nell’area della contrada del Glorioso, che dà nome al Santuario poco distante, Santa Maria del Glorioso. Zio Grillu è figlio del defunto Fèfo del Grìllu, colono, che chissà da quante generazioni ha abitato i dintorni del Glorioso, tanto da assimilarne l’appellativo: sì perché Glorioso si chiama definitivamente tale a partire dal 1500 o giù di lì; il nome primitivo, dedotto da una sessantina di documenti medievali, datati tra il 1265 e il 1519, conservati nei fondi archivistici settempedani, è Grillùso, con varianti tipo Grellùso, Grilluluso, et cetera. Attingiamo queste informazioni dal testo del 2019 “La Chiesa di Santa Maria del Glorioso prima del miracolo della lacrimazione (1519)”, frutto di una puntuale ricerca di Raoul Paciaroni. Quindi lo zio Grìllu, porterebbe in eredità il soprannome antico di molti secoli di fedeltà alla stessa contrada, e a chissà quale iniziale proprietario.
Berterada – Qui la ucronìa potrebbe prendere diverse strade ma per il momento ne seguiamo una, la più fantasiosa, improbabile e antica. Un intreccio di due storie molto lontane, anche geograficamente, così ci dicono, ma se le avvicinassimo facendole nostre? C’era una volta una principessa di nome Berterada, detta Berta, figlia del re dei Franchi Teodorico III. Va in sposa al maestro di palazzo di Laon, ottimo partito: parente stretto dei merovingi e pure cugino di Pipino di Herstal. Forse si chiama Martino, forse no; comunque questi muore intorno al 700. Nel frattempo sono nati alcuni figli, Cariberto conte di Laon, Chrodelinde detta Rolanda e almeno un altro, di cui non sappiamo il nome, che muore intorno al 721.
La donazione – Ecco che Berterada fa una importante donazione a una chiesa esistente, Echternach (Colonia), dove è badessa una sua parente, e ne fa pure un’altra, sacrificando delle terre ereditate dai suoi antenati, per fondare un monastero benedettino a Prum che vuol dedicare al riposo del figlio defunto, quello senza nome. La donazione è sottoscritta dai figli viventi Cariberto e Rolanda, dal genero Bernier e dal nipote Teodorico. Nella sua storia questo monastero subirà molti saccheggi, distruzioni, fasi alterne di prosperità e decadenza. Fino qui la storia ufficiale, purtroppo dai dettagli scarsi.
I luoghi diversi… – Quella fantastica è che (come ripetiamo sempre e non solo noi) la storia venne riscritta, dopo essere stata letteralmente traslata altrove, a partire dal 1200, e fino al 1800. I nomi di persona, come i toponimi, sono stati tradotti e ufficializzati in altre lingue. Prum, a esempio, è il tedesco di “glorioso”… per cui immaginiamo che questa principessa avesse possedimenti nella antica Septempeda, e la chiesa da lei fondata fosse proprio il Glorioso… Ma se il vero nome era Grilluso, come diventa Prum? Lo diventa quando il Grilloso ha già cambiato nome in Glorioso. Sappiamo che nel 1519 la madonnina lacrimò, proprio quando la Confraternita dei Bifolchi reclamava dignità alla costruzione in decadenza e ottenendo, grazie al miracolo, di poterla ricostruire. Ma questa in passato, dalle poche ma significative tracce documentali, non poteva essere una edicoletta, doveva preesistere una costruzione dotata di possedimenti e rendite notevoli. Se fosse stata questa la vera Prum, nel 1500 non lo sapeva più nessuno: essendo passati già 700 anni non ce ne era più memoria.
La traccia – Però una traccia indelebile la benefattrice Berta l’ha lasciata: la contrada omonima di San Severino e un ponte (nei pressi dell’opera pia Miliani) chiamato più precisamente di Santa Berta. Ma Berta di Prum non è Santa, e non lo è neanche la sua famosa nipote Berta di Laon, moglie di Pipino il Breve; uno sbaglio topografico allora? Forse no. Non ci è dato al momento di sapere che fine fece Berta, se restò o meno in quel luogo, Prum, dopo questa fondazione. I nomi Berta e Lamberto o Roberto erano ricorrenti nelle famiglie franche, una sorta di distintivo che indicava un legame di parentela, degli antenati comuni.
Un’altra Berta – C’è una storia che assomiglia molto a quella di Berta von Prum: quella di un’altra Berta, che aveva perso il figlio Ruperto appena ventenne. Sono Santa Bertha e San Ruperto dei quali scrisse la vita santa Ildegarda di Bingen, che li pone “al tempo di Carlo Magno”; questa Berta, dalla ricca dote di terreni, figlia di un conte dei paesi loreni, rimase presto vedova del marito duca frisone Rodbodo/Robolao/Roboldo. Non sappiamo se avesse altri figli, sappiamo solo che si ritirò presso una sua proprietà vicino Bingen con il figlioletto di tre anni, instradandolo alle pratiche devozionali e associandolo alla fondazione di un monastero nei dintorni di questo posto. A 21 anni, nel 718, Ruperto morì, e iniziò una grande venerazione dove fu sepolto, nel monastero da lui fondato, tanto che il luogo prese il suo nome: Rupertsberg. Anche la madre Berta verrà ritenuta santa, quindi il ponte settempedano potrebbe essere dedicato a lei, e anche la contrada; ma come si concilia Berta di Rupertsberg con la Berta del Glorioso?
Due Berta una sola persona? – Si concilia solo se si tratta della stessa persona, Santa Berta di Rupertsberg/Monte Roberto e Santa Berta di Prum/Glorioso. Le notizie storiche sono vaghe, troppo vaghe le date, pochi dati per “incrociare” con certezza le due famiglie, però consideriamo un altro elemento: Bingen e la vicina Rupertsbergg risultano appartenere alla diocesi di Treviri. Anche Prum, con una certa resistenza, fu incorporata nella stessa diocesi nel 1300. Ma non stiamo parlando della città romana Augusta Trevirorum, nella attuale Germania, chiamata Tréier dai lussemburghesi, i vicini più prossimi (che quindi parlano la lingua più simile agli antichi abitatori della città dei treveri). Parliamo della Treviri originale, che nelle nostre ucronie deve stare da queste parti. Altri studiosi “eretici” la pongono nel fermano, a noi piace porre Tréier a Treia, un pò più centrale rispetto a Prum/Glorioso e a Rupertsberg/Monte Ruperto e il suo Pincio/Bingen.
Due donazioni e un unico scopo – Ma se le due Berterade fossero la stessa persona, come spiegare il dato certo, cioè le due diverse donazioni fatte per lo stesso scopo: la sepoltura del figlio? Ecco una ipotesi: Bertha di Prum, sposando un Von Laon, di nome Ramboldo, si trasferisce a Laon, dalle parti di Castelleone di Suasa. Rimane vedova, e si ritira con il figlioletto di tre anni nel castello ereditato dal marito, dalle parti di Bingen/Monte Roberto. Quando il figlio ha 12 anni fondano un monastero nei pressi del castello, del quale Ruperto diventerà vescovo; ma disgraziatamente a soli 21 anni, nel 718, muore. Berta nel 721 decide di privarsi di una fetta della sua dote, facendo donazioni al monastero di Echternach e fondando un altro monastero, al Glorioso/Prum, dove vorrebbe tornare e portare le spoglie del figlio defunto.
I terremoti… del nostro territorio – Ma qualcosa deve essere andato storto, perché lei rimarrà nel castello del marito a Rupertberg fino alla morte, sopraggiunta circa 25 anni dopo, intorno al 743, dove nel frattempo l’intera zona ha preso questo nome per la devozione cresciuta intorno alla figura di Ruperto. Verrà sepolta nel monastero fondato nei pressi, accanto al figlio. Tornando al monastero di Prum fondato nel 721, quindi probabilmente su un edificio già esistente, il dato certo è che questo viene ricostruito da Pipino il Breve, marito della nipote, ultimandolo nel 762, quando Berta di Prum è già passata a miglior vita. L’annessa chiesa verrà inaugurata addirittura da Carlo Magno nel 799. Come è possibile che fu ricostruita dopo solo 40 anni? Non sarà mica crollata per un terremoto, rendendone impossibile l’utilizzo, quindi il ritorno di Berta? Anche questo è un dato certo: il terremoto è una calamità che perseguita la chiesa del Glorioso, ogni volta ricostruita per la sua sacralità, fortemente sentita fino a oggi.
Simonetta Borgiani
5 agosto 2021