Periodo estivo, escursioni in montagna, sui nostri Sibillini, ricchi di fascino per la natura e per antichi e mai sopiti i misteri; monti pieni di pericoli solo se le persone sono guidate dall’incoscienza. Tra i pericoli la temuta, più a torto che a ragione, vipera. Quante vipere ci sono in Italia? Dove vivono? Anche nei Sibillini? Il loro morso velenoso è mortale? Vediamo di rispondere a questi interrogativi con l’aiuto prezioso del biologo ed erpetologo David Fiacchini, che ringraziamo per il puntuale e dettagliato intervento che segue.
Vivono in Italia cinque specie di viperidi: 1 – Marasso (Vipera berus); 2 – Vipera dei Walser (Vipera walser) [dal 2016 è stata considerata da alcuni autori “buona specie”, distinguendola dalla congenere V. berus]; 3 – Vipera dal corno (Vipera ammodytes); 4 –Vipera comune (Vipera aspis); 5 – Vipera dell’Orsini (Vipera ursinii). C’è da aggiungere che, a seconda della specie e della zona geografica, le vipere frequentano diverse tipologie di habitat: da quelli di fondovalle e planiziali a quelli montani, tutti accomunati da un sufficiente livello di “integrità” degli ambienti. Può capitare di trovare singoli individui anche nei pressi di abitazioni e manufatti antropici, ma occorre ricordare che le nostre vipere – in genere – non prediligono aree fortemente antropizzate o alterate: la modificazione dell’ambiente naturale è infatti tra le principali cause di rarefazione di questi animali, di fatto non così comuni da osservare.
Quante “vipere” abbiamo nelle Marche? – Nelle Marche, e in Italia centrale, sono presenti due specie di viperidi: La vipera comune (Vipera aspis), che possiamo trovare nella fascia alto-collinare e montana nelle Marche e la vipera dell’Orsini (Vipera ursinii), distribuita solo in una ristretta area appenninica sopra i 1350 metri di quota (nelle Marche e Umbria è presente solo nei Monti Sibillini).
Come si riconoscono le “vipere”? – Sono serpenti di piccole dimensioni (gli adulti della vipera comune, a esempio, difficilmente superano i 60-70 cm di lunghezza), hanno un corpo proporzionalmente più corto e più tozzo, presentano la pupilla ellittica verticale e, sul capo, una serie di piccole squame disposte in modo disordinato. Comunque è sempre bene NON basarsi solo sulla forma tendenzialmente triangolare della testa per distinguere le vipere: si tratta di una caratteristica non così marcata in tutti gli esemplari; inoltre, molte specie di colubridi come strategia difensiva, di fronte ad una minaccia, appiattiscono il capo facendogli assumere una forma triangolare. Nemmeno bisogna basarsi su osservazione e stima, a vista, di una “coda corta”. Nelle vipere generalmente è così, ma bisogna essere in grado di capire da dove ha inizio la coda per utilizzare correttamente questo carattere distintivo.
Come ci si deve comportare quando si incontra una (presunta) vipera? – Dopo la reciproca “sorpresa” è sufficiente lasciare al serpente il tempo necessario per individuare una via di “fuga” con la possibilità di rintanarsi in qualche rifugio naturale (un cespuglio frondoso, una fessura tra le rocce, un vecchio tronco…). Se non ci sentiamo ancora “sicuri”, è sufficiente aggirare l’animale passando a qualche metro di distanza.
Ci sono “misure preventive” da adottare durante le escursioni in montagna? – I principali “consigli” sono questi: 1 – indossare sempre calzature idonee e pantaloni lunghi (anche i bambini); 2 – evitare di camminare scalzi nell’erba alta; 3 – prestare attenzione a dove si cammina (in particolare su pietraie e sentieri vicino a fonti/sorgenti); 4 – non mettere le mani tra rocce, sassi, fessure del terreno, ramaglie e altri potenziali rifugi esposti al sole; 5 – ispezionare con attenzione il luogo in cui ci si desidera sostare/sedere; 6 – evitare di lasciare i bambini piccoli a giocare da soli nell’erba alta o nella sterpaglia; 7 – è bene spiegare loro che un serpente rappresenta un “pericolo” solo se si ha nei suoi confronti un comportamento sbagliato (come, a esempio, se lo si provoca volontariamente).
I denti del veleno – I viperidi presentano un apparato velenifero costituito da ghiandole del veleno e dentizione “solenoglifa”: si tratta, in particolare, di due canini tubolari posizionati nella parte anteriore della mandibola superiore, ripiegati all’indietro quando la bocca è chiusa. Questi denti “canalicolati”, di lunghezza variabile a seconda della specie (si tratta comunque di pochi millimetri), sono paragonabili all’ago di una siringa e, quando vengono conficcati nella preda, permettono l’iniezione del veleno. I viperidi usano i denti del veleno per mordere le prede (essenzialmente roditori, uccelli, lucertole, insetti) e, solo se in pericolo e senza via di fuga, per difendersi dagli attacchi dei predatori (come rapaci diurni e mustelidi). Alcune volte, per motivi diversi, possono essere inferti i cosiddetti “dry bites”, o morsi secchi (senza inoculazione di veleno), che rappresentano circa un quarto dei morsi di vipera.
Quanto è “pericoloso” il morso di una vipera? – Cominciamo col precisare che è molto raro subire un morso di serpente (è molto più facile essere punti da un imenottero – api, vespe, calabroni – e finire in ospedale), ed è ancora più difficile che quel morso sia stato inferto da un viperide: per quanto le statistiche a disposizione possano sottostimare i casi, dalle ricerche svolte su questo tema sappiamo che ogni anno, in Europa si registrano in media circa 7-8.000 casi di morsi da parte di serpenti velenosi (1 persona colpita ogni 100.000). Di questi, un 55% circa è stato classificato dal punto di vista della rilevanza sanitaria come “severo” (medio e massimo livello di attenzione, ovvero “G2 – Moderate envenoming”, e “G3 – Severe envenoming”), con 4 – 5 casi mortali all’anno derivanti dall’insorgenza di una serie di complicanze e da co-morbilità. In confronto, per le punture di imenotteri in Europa perdono la vita circa 25-30 persone all’anno. In Italia i casi più severi, in termini di cure mediche, riguardano i morsi inflitti dal Marasso (Vipera berus) e dalla Vipera dal Corno (Vipera ammodytes), serpenti distribuiti in alcune aree della catena Alpina.
Cosa fare in caso di morso di una (presunta) vipera? – Le procedure da adottare in caso di morso di un serpente (presumendo sia un viperide) sono: 1 – allertare direttamente (o far chiamare, se impossibilitati) i soccorsi; 2 – mantenere la calma (l’agitazione accelera il battito cardiaco, amplificando gli effetti del veleno) e, se possibile, rimanere fermi e immobili nel punto concordato per ricevere soccorso (è controproducente mettersi a correre a perdifiato…); 3 – non succhiare il veleno né fare compressioni o fasciature strette (è sufficiente tenere ferma la parte interessata); 4 – non incidere né fare tagli nella zona del morso (per evitare di arrecare danni ben maggiori); 5 – nell’attesa non utilizzare medicinali, ghiaccio, disinfettanti a base alcolica o altro, al limite si può versare acqua nel punto del morso; 6 – se del caso togliere, in prossimità dell’area colpita, oggetti (quali braccialetti e anelli), vestiti, scarpe. Bisogna ricordare che, salvo i casi di ipersensibilità e di co-morbidità che possono peggiorare il quadro clinico, si riceve assistenza sanitaria in tempi abbastanza rapidi: l’insorgenza degli effetti più severi si registra a distanza di diverse ore dal morso, mentre – in media, in Europa – si raggiungono i presidi ospedalieri in 3 – 4 ore dall’evento.
Quali sono i principali effetti del veleno dei viperidi sull’uomo? – Anche se non esiste una risposta unica, date le numerose varianti da considerare, il veleno delle vipere italiane non è considerato “mortale” in un soggetto sano adulto, ma può causare problemi che richiedono l’ospedalizzazione della persona per il monitoraggio generale e per l’eventuale terapia. Quando a essere colpiti sono anziani, bambini o persone cardiopatiche le complicazioni, con il passare del tempo, possono diventare anche severe e il quadro clinico può peggiorare. Segnaliamo, in proposito, uno studio retrospettivo condotto in Italia su 24 casi di morsi di vipera occorsi a soggetti in età pediatrica (tra 1,5 e 16 anni) tra il 2000 e il 2020: la maggior parte degli eventi è avvenuta tra luglio e settembre, e nel 55% dei casi si sono avuti sintomi classificati tra “moderati” e “severi”, senza registrare alcun decesso. Gli effetti principali post-morso sono, in generale, forte dolore locale con gonfiore (edema) che può estendersi all’intero arto coinvolto, stato di ansia, ipotensione; con il passare del tempo possono insorgere effetti sistemici più marcati come febbre, alterazione della frequenza cardiaca e della coagulazione del sangue, e, nei casi peggiori, disfunzioni a livello epatico o renale.
Come si viene curati in ospedale? – In generale l’ospedalizzazione si limita a un periodo di osservazione con immobilizzazione dell’arto colpito dal morso, disinfezione della ferita e monitoraggio generale delle funzioni vitali. Il “siero antiofidico” viene utilizzato, sempre e solo in ospedale (sotto stretta osservazione da parte del personale sanitario), nel raro e malaugurato caso in cui gli effetti sistemici e il quadro clinico ne richiedano l’utilizzo (alterazione dei parametri emo-coagulativi, ipotensione grave o shock, dispnea, aritmie cardiache, edema imponente dell’arto coinvolto).
Quanto è “pericoloso” il morso della Vipera comune (Vipera aspis)? – Pur essendo – come abbiamo già descritto – una evenienza decisamente rara, il morso della vipera comune può avere rilevanza medica: la dose di veleno eventualmente iniettata non è letale per l’uomo ma può avere, in soggetti particolarmente sensibili, effetti locali e sistemici anche gravi. Per questi motivi è sempre necessario allertare tempestivamente i soccorsi e seguire le terapie del caso.
Quanto è “pericoloso” il morso della Vipera dell’Orsini (Vipera ursinii)? – Questa vipera preda soprattutto insetti ortotteri: la ristretta distribuzione (solo in aree circoscritte dell’Appennino e, nelle Marche e in Umbria, solo nei Monti Sibillini), le dimensioni ridotte e la piccola quantità di veleno iniettato nel raro caso di morso “classificano” la Vipera dell’Orsini tra quelle in assoluto meno pericolose per l’uomo. Anche in questo caso vi possono essere soggetti particolarmente sensibili al veleno e alle eventuali complicanze: dunque è sempre necessario allertare i soccorsi per accedere alle cure che si renderanno necessarie.
Perché le vipere sono protette? – In primis per motivi strettamente legati alle dinamiche bio-ecologiche (ogni animale/pianta svolge un “ruolo” in natura). Si tratta di specie molto importanti, infatti, per il mantenimento degli equilibri degli ecosistemi: agiscono da predatori e regolano le popolazioni di alcuni animali (come roditori e insetti, a esempio), ma fungono anche da prede per alcuni super-predatori (come nel caso del Biancone, anche detto “Aquila dei serpenti”). Ci sono poi gli aspetti prettamente “giuridici”, contenuti in alcune norme internazionali, nazionali e regionali, che tutelano anche i viperidi.
Nel caso dovessi osservare un serpente, è importante segnalarne la presenza? – Sì, come si dovrebbe fare per ogni avvistamento che si effettua in natura. Perché? Anche se può sembrare una cosa “banale”, ogni rilevamento è prezioso: possono essere in corso ricerche proprio su quella specie o su quel gruppo animale, a esempio, o altri progetti di aggiornamento delle conoscenze su presenza e distribuzione a livello locale, regionale o nazionale, per meglio conoscerne le dinamiche e lo status conservazionistico. Così facendo si aiuta la ricerca attraverso la cosiddetta “Citizen Scienze”: il modo più semplice è quello di inviare una (o più) foto a chi, in quella zona, si occupa di studiare rettili e anfibi (enti gestori di parchi e riserve, musei scientifici, università, singoli erpetologi), oppure di caricare l’immagine in una piattaforma di raccolta dati aperta al pubblico generico, come nel caso di “iNaturalist” (www.inaturalist.org ).
Nota bene: le indicazioni qui sommariamente riportate non sostituiscono (e non potrebbero farlo) la figura dei sanitari, cui ci si deve rivolgere per qualsiasi informazione o richiesta di natura medica.
11 luglio 2021