Ricostruzione storico-logistica: Montolmo, gli antichi insediamenti e la strada

Del terziere di San Giovanni abbiamo trattato diverse volte. È interessante ricordareche nasce dall’incastellamento in varie fasi (1193, 1200 e 1238) del Poggio (Villa) San Giovanni (zona odierno ex mattatoio e relativa contrada).

Una lapide conferma l’antico monastero – Da citare la lapide del greco Teostoritto dei Papegomeni del 1186 che ci conferma che a quella data il monastero benedettino (E), costruito su di piccolo  rilievo della collina a ridosso della strada, con il solito annesso cimitero e funzione anche di “ospedale”, fosse ancora esistente: questa è una delle poche certezze storiche che ci sono, insieme alla costituzione del monastero delle clarisse, sempre nello stesso luogo, nel 1244. Se il cenobio maschile fosse stato di proprietà di Santa Croce al Chienti, essendo ormai in grande decadenza, potrebbe essere comprensibile una sua vendita alle Clarisse. È molto probabile che l’attuale chiesa di San Giovanni Battista (E), con le ovvie trasformazioni e modifiche, sorga sulla primordiale chiesa dei benedettini poi acquisita della clarisse.

L’Ospedale Vecchio – Riguardo invece alla costruzione del primo cenobio benedettino è molto difficile datarlo e purtroppo si possono fare solo ipotesi molto vaghe: se risalisse al primo monachesimo (essendo su una strada di cui parleremo) potrebbe essere stato addirittura fondato a partire dal IX-X secolo. Bisogna ricordare che a Corridonia esiste ancora una contrada “Ospedale Vecchio” (vicino l’ippodromo Martini) che chiaramente si riferisce a un piccolo insediamento monastico per la cura dei viandanti: interessante è il termine “vecchio” poiché indica che si trattava di una struttura molto antica.

Le prime notizie del castello – Del castello (B) sulla sommità, le prime notizie storiche si hanno solo nel 968 in un privilegio di Ottone I in favore dei monaci di Santa Croce al Chienti, in cui si menziona una “cortem in loco qui moncupatur Olmo” (“la corte del luogo chiamato Olmo); quindi nel  1076 nel Regesto del vescovo di Fermo a cui il castello era passato e dove il signore viene ancora chiamato “guastaldo” con la terminologia longobarda. La fortificazione in cima al colle sicuramente è molto antica e potrebbe risalire addirittura a fine V secolo, quando gli ostrogoti costituirono un primo insediamento fortificato a blocco della strada che di lì transitava: è ovvio che parliamo di iniziali strutture, piccole, quasi totalmente in legno con fossati e palizzate, molto semplici e rozze.

Costruito in legno – Il recinto spesso di forma tondeggiante, quando era nella sommità di un’altura, era difeso di solito da fossato e ripa di terra detta “carbonaria” (forse per la somiglianza con la catasta di legna e terra battuta usata per produrre il carbone) e da palizzate in legno dette “clausimen”. Scarsi gli edifici che al massimo erano capanne o, come nelle nostre zone, “atterrati”, in cui risiedevano soldati e castellano: la torre, molto spesso in legno, si  trovava solo al centro o nella parte più alta dell’insediamento.

Lo sbancamento  degli anni ’30 – L’originale cresta della collina era su più livelli: oggi tutto questo non è più visibile, oltretutto con l’ultimo sbancamento degli anni ‘30 per la costruzione del palazzo comunale, è stato abbassato il livello della piazza. La terra di riporto è stata portata subito fuori porta Trieste e sopra poi vi furono costruiti gli attuali giardini pubblici.

Il guado di Cerreto – Con bizantini e longobardi, il castello si sarà ingrandito data l’importanza che venne ad assumere il guado di Cerreto del fiume Chienti (nei pressi dell’attuale Chiesa di San Claudio): probabilmente a causa della caduta dell’Impero Romano si dovette assistere a un impaludamento della zona attorno ai fiumi con la mancanza totale di manutenzione di ponti e strade. Pertanto il passo divenne forse uno dei pochi, se non l’unico, che consentisse l’attraversamento del Chienti lungo la versante Adriatica.

L’importanza strategica – Dal passo di Cerreto si risaliva per la strada che passava per forza sulla collina della futura Montolmo e questo fece si che la zona assumesse una notevole importanza strategica. Il “castellum” o “castrum” (“castellum” probabilmente è il termine più antico) si sarà ingrandito con la formazione all’esterno di un villaggio e la costruzione del piccolo monastero di proprietà dei monaci di Santa Croce al Chienti con chiesa dedicata a Santa Maria (C) e detta appunto in Castello. In piena decadenza dell’abbazia, viene venduta nel 1266 ai frati minori: questa è la prima notizia storica documentata. Potrebbe darsi che l’antico monastero benedettino fungesse anche come “ospedale” per i viandanti poiché sito in una strada importante.

La chiesa di San Pietro – Della chiesa di San Pietro (D) le prime notizie storiche certe risalgono solo al 1219 (Codice Fermano 1030). In una pergamena del 897, Lamberto di Spoleto dona la “curtis de Salliano”  (o “Selliano”) all’abbazia di Santa Croce: all’interno della “curtis” è presente la chiesa del “beati Petri Apostoli”. Forse solo una coincidenza ma sicuramente nella zona dell’attuale Villa Fermani era presente la “curtis de Sejano”, da cui ha preso il vecchio nome l’attuale porta Trieste. La somiglianza tra “Sejano” e “Salliano o Selliano” è molto forte, il che mi ha fatto ipotizzare che la “curtis de Sejano” e di “Salliano” possano coincidere. A questo punto azzardo l’ipotesi che questa “curtis” sia stata incastellata in Montolmo: del resto i due luoghi sono orientati quasi in linea retta a un chilometro e questo sarebbe stato il luogo più ovvio in caso di incastellamento. Se ciò fosse vero collocherebbe la costruzione della chiesa di San Pietro in Montolmo in un periodo che va dal X all’XI secolo. La mancanza di documentazione storica non può certo confermare la mia ipotesi ma del resto questa è davvero scarsa e lacunosa.

San Donato – Per la dedicazione, la pieve di San Donato (A) è sicuramente riferibile al periodo longobardo: lo stesso fatto che fosse indicata come pieve, denota la sua antichità. Il termine “plebs” (da cui pieve), era una unità amministrativa romana in cui si modellò la Chiesa ai primordi per la sua suddivisione amministrativa. San Donato, vescovo e martire,  decapitato nel 304 d.C., fu un santo a cui i longobardi furono molto devoti e di cui diffusero fortemente il culto nell’Italia centro-settentrionale, con costruzione di chiese, specialmente in luoghi di importanza strategica e in corrispondenza di importanti vie di transito. Pertanto si può ipotizzare la sua costruzione tra fine VI secolo e al massimo metà VIII. Anche se adesso non più visibile, era costruita su di un piccolo rilievo del dirupo della collina con un piccolo spiazzo e cimitero, il quale risulterà anche nei documenti dei secoli successivi. Forse il primo edificio in muratura della zona che ritengo fungesse da parrocchia al villaggio che andava formandosi attorno al castello.

L’antica via dal passo al castello – L’antica via che dal passo di Cerreto risaliva verso la collina di Montolmo (La rucola 261-febbraio 2020) sbucava nell’attuale via Niccolai per poi girare all’altezza dell’attuale via Sejano: la percorreva per un tratto poi curvava e quasi perpendicolarmente si dirigeva verso quella che oggi è Porta Trento. Seguiva per un tratto via Mollari e girava a sinistra imboccando via Stefano Nobili. Interessante notare che tale via veniva chiamata “Gabba de Napoli” (F). Tralasciamo “Napoli”, epiteto che probabilmente fu dato molto tardi, forse in senso dispregiativo dal ‘600 per paragonarla ai “bassi partenopei”.

Tante “gabbe” e un “gabbòttu” – Il termine gabba è di origine longobarda e indica un viottolo scosceso intagliato nella campagna. Il termine, lasciandoci trascinare dalla suggestione e dalla fantasia, ci  potrebbe indicare come potesse essere la zona: una strada in salita tra due greppi, con la presenza di alberi e una bassa e fitta vegetazione. Bisogna ricordare che diverse piccole via di Corridonia in dialetto vengono definite “gabbe”, per non parlare “de lu gabbòttu” (via della Portarella), la strada molto scoscesa che collega porta Romana (l’antica “Portarella”) alla sottostante Strada Provinciale 34. Percorsa la gabba, si sarebbe sbucati nella zona dell’attuale chiesa di San Pietro e da lì risaliti per l’attuale via Cavour fino all’altezza di via Roma.

Due ipotesi – A questo punto debbo formulare due ipotesi. La prima che la strada continuasse dritta per via Garibaldi e scendesse verso la pieve San Donato; la seconda invece, che risalisse verso il castello per l’attuale via Roma e Piazza del Popolo, lo costeggiasse e si buttasse verso via Garibaldi per passare sempre davanti la pieve San Donato. Questa secondo ipotesi avrebbe garantito un efficace controllo della strada da parte del presidio del castello. Forse inizialmente fu questa la via, poi nel corso dei secoli fu ricavato il cammino dell’attuale via Garibaldi, che ricordiamo è a strapiombo sulla sottostante via Ciaffoni, tant’è che vi fu costruita una delle prime cinte murarie di Montolmo facilmente identificabile da detta via Ciaffoni. L’olografia antica dei nostri comuni è spesso difficilmente comprensibile a causa delle costruzione delle case e dei livellamenti avvenuti per il nascere di strade o piazze: se siamo un po’ attenti e con la mente ci estraniamo, con un po’ di fantasia e suggestione, riusciremo a visualizzare un mondo scomparso di cui le emozioni degli uomini ancora impregnano i muri e l’aria. Un mondo che ancora esiste, finché nella memoria qualcuno lo farà suo nei suoi pensieri (Nota della redazione: interessante notare l’andamento a goccia delle vie tra i caseggiamenti che mostrano come il centro fosse stato il castello e permettono di intuire il primo insediamento).

Modestino Cacciurri

3 maggio 2021

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