È un bel romanzo, “E tutto iniziò a tremare” di David Miliozzi, avvincente da leggere, specialmente quando, dopo qualche pagina David – Autore e personaggio principale – si scioglie e inizia a delineare, in maniera lieve, tenera e al tempo stesso sottilmente ironica, una serie di quadretti e di storie familiari di più generazioni in cui la vita e la morte giocano la loro parte sino in fondo, non risparmiando nulla, nel bene e nel male, ai diversi protagonisti che di volta in volta compaiono sulla scena: dolori, sofferenze, suicidi, l’esperienza inaccettabile della morte, paure, gioie, speranze, infatuazioni, l’incanto della neve, complicità segrete, piccole o sognate trasgressioni, l’omosessualità, la vita che sboccia, la natura che incanta, malattie invalidanti, problemi di lavoro, disabilità difficilissime da gestire, persino devastanti scosse di terremoto e una processione che finisce con la statua del santo patrono accidentalmente caduta a terra e le sacre reliquie afferrate da un bastardino vanamente inseguito dai fedeli.
Un po’ di tutto, insomma, narrato con uno stile asciutto e lineare, a volte pure scanzonato. Vicende comunque nel complesso difficili, che però nel libro scorrono come l’acqua tranquilla di un fiume perché – sembra suggerirci l’Autore – è del tutto normale che la vita sia complicata e che i patimenti, lungo l’arco dell’esistenza, siano parte integrante e ineludibile della vita. Il mondo è pieno di storie tristi, a volte davvero atroci, dice David a se stesso, l’importante è cercare di affrontare ciò che ha in serbo il destino tenendo ben saldi gli affetti e le singole responsabilità, perché quando c’è amore non esiste paura.
Le varie storie familiari vengono tratteggiate da David con leggerezza e profondità al tempo stesso, costantemente intrecciandosi tra di loro, mentre la giovane coppia protagonista del libro vive con tenerezza, e con una certa ansia, comunque mantenendo la gioia di vivere, l’esperienza unica e formidabile, drammatica e trionfale, della gravidanza e del parto, della pancia di lei, Elisabetta, che di giorno in giorno cresce inesorabilmente, ripercorrendo un’esperienza iniziata milioni di anni fa per dare spazio alla vita, la vita che continua e avanza nei secoli dei secoli, “la cosa più bella del mondo… un fatto immenso… un fatto che la ragione fa fatica ad approcciare”. Una esperienza che inevitabilmente, credente o non credente, ti avvicina a Dio, al trascendente, alle domande ultime, al mistero della nascita (e della morte) al quale, con il concepimento e la nascita di un figlio, sei chiamato a partecipare in maniera diretta.
Ma accanto alla storia d’amore gentile di David e Elisabetta, nel libro viene tratteggiato anche il tumultuoso rapporto d’affetto che cresce tra lo stesso David, insegnante di sostegno, e Romeo, un giovane disabile che ne combina di tutti i colori, strampalato ma comunque capace di trasmettere al suo docente tanto amore e una forza mai provata, raccontata con parole che lasciano il segno: Chiudo gli occhi e respiro con lui… Sento queste braccia che continuano a stringermi con una forza disperata… Fa un sorriso che ha la potenza di un uragano, un sorriso che mi devasta.
Pagine delicate che mai scadono nel politicamente corretto e che delineano un altro tassello dell’amore verso la vita, che è il filo conduttore del libro e che anche nei momenti più drammatici non dovrebbe mai abbandonarci.
Giuseppe Bommarito
28 marzo 2021