Nel 1930 a Germigny-des-Prés (Francia) nella chiesa intitolata a San Salvatore vengono effettuati scavi che forniscono la documentazione inoppugnabile che nel IX sec., quando è stato costruito, l’edificio era quadrato e sul lato orientale si sono trovate le fondamenta di tre absidi[1]. Un’abside si trova anche sul lato nord e un’altra sul lato sud della stessa chiesa, per un totale di cinque absidi. Al centro delle fondamenta perimetrali sono stati trovati i quattro pilastri da cui oggi parte una torre quadrata inscritta nel quadrato esterno. Il quadrato esterno è suddiviso in nove parti, ai quattro angoli s’individua un quadrato, mentre a nord, sud, est e ovest risulta un rettangolo, ma la nona suddivisione si trova al centro: è il quadrato inscritto più grande di quelli agli angoli.
La sesta abside è stata aggiunta nel XIX secolo – Dalla pianta, in base ai reperti di scavo, si vedono altri interventi edilizi effettuati tra il XV e il XVI secolo che hanno allungato la chiesa sul lato ovest, opposto alle tre absidi. In questo modo negli ultimi secoli la chiesa è diventata rettangolare. Ricostruita totalmente nella metà del XIX sec., è stata aggiunta una sesta abside all’esterno del quadrato originale. Oggi la chiesa, dopo tutti questi lavori, mostra solo un’abside sul lato est, una su quello nord e un’altra su quello sud. Qual è l’enorme importanza di questo edificio che si potrebbe ritenere insignificante? Da esso è partita la teoria che porterà a riscrivere gran parte della storia medievale e al macero un volume dei manuali scolastici.
Mater semper certa est – In documenti medievali la località era chiamata Germiniacus. La “Vita S. Maximini abbatis Miciacensis” ne definiva così la cappella: “Basilicam miri operis, instar vide licet eius quae Aquis est constituta”, cioè costruita sulla base del modello della cappella Palatina di Aquisgrana. “L’idea di uno schema a pianta centrale è effettivamente comune ai due edifici [di Germigny-des-Prés e di Aquisgrana], ma di fatto questa è la sola analogia; invece di un edificio a base ottagonale si ha, infatti, a Germigny un prisma vuoto a base quadrata”. La chiesa di Aachen è ottagonale e senza absidi (H. Sahler ne vede una), quella francese è quadrata con cinque absidi; quella tedesca ha otto pilastri in circolo mentre quella francese ha quattro pilastri al centro, con un alzato manipolato più volte e certamente ricostruita per intero tra il 1867 e il 1876. La mamma è sempre certa, dicevano gli antichi romani: le fondamenta di un edificio sono come la mamma e non vengono mai cambiate cosicché da esse si riesce a capire come fosse fatto l’edificio originale.
La piantina di Hubert – Dalle fondamenta scovate nella chiesa del S. Salvatore a Germigny-des-Prés nel 1930 Hubert ha ricavato un reperto di scavo, cioè una piantina da cui si vede quando le varie parti delle fondamenta sono state costruite. Gillo Dorfles, uno tra i più importanti storici dell’arte dell’ultimo secolo, nel descrivere l’oratorio di Germigny-des-Prés afferma: “Si ritiene che il modello della pianta quadrata suddiviso in 9 campate, già presente in oriente, possa non essere rimasto circoscritto all’area centro europea; esso è piuttosto frequente nelle Marche”.
Gillo Dorfles – Il professor Dorfles conferma la sua grande competenza, non solo inserendo le piante dei due edifici (Germigny e S. Claudio al Chienti), da cui si nota la loro similitudine ma, soprattutto, mettendo la foto del secondo ripresa dalla parte posteriore. Sono rari gli studiosi, soprattutto locali, che si soffermano sull’importanza delle 5 absidi. I turisti, e purtroppo anche degli esperti, restano affascinati solo dalla facciata con le due imponenti torri e i portali. Ascoltare alcuni fare vaghi discorsi sull’architettura ravennate della parte frontale della chiesa, mentre ignorano le sue 5 absidi, la sua compattezza, la sua originalità e armonicità vitruviana, è veramente deludente. Negli ultimi due secoli almeno 40 studiosi hanno messo in evidenza la particolarità della chiesa di San Claudio (insieme a San Vittore alle Chiuse, S. Maria delle Moje e S. Croce dei Conti): quadrata, 4 pilastri al centro, 5 absidi. Gillo Dorfles era famoso, oltre che per la grande cultura, per la sua vivacità che l’ha portato a cento anni a guidare l’automobile da Milano a Urbino, dove avrebbe tenuto una conferenza. Prima di morire, ormai libero dai condizionamenti di altri accademici che l’avrebbero criticato per aver dato spazio a studiosi esterni alla loro cerchia, ha voluto dare evidenza alla teoria di Aquisgrana nelle Marche proprio segnalando G. Carnevale.
Gli errori della Sahler – Maria Leonarda Leone, pur parlando di S. Claudio in Val di Chienti con il titolo “E se Aquisgrana fosse stata in Italia?” si ferma su argomenti secondari senza affrontare il “quadrato” di Germigny-des-Prés che dovrebbe essere simile alla chiesa della città di Aachen, che lei stessa definisce“prezioso ottagono”. Nel 1993, l’anno dopo che Carnevale ha messo in relazione S. Claudio con Germigny-des-Prés, è arrivata nelle Marche la giovane ricercatrice teutonica Hildegard Sahler per studiare, oltre a S. Claudio, San Vittore alle Chiuse, S. Maria delle Moje e S. Croce dei Conti. Fino al 2010 la Sahler ha pubblicato diversi libri, il più importante e corposo si intitola “San Claudio al Chienti e le chiese romaniche a croce greca iscritta nelle Marche”. A pagina 163 deve affrontare la similitudine con l’edificio sacro francese, liquidandola in sole 7 righe ma riuscendo a inserire ben quattro errori. Afferma che San Salvatore a Germigny ha sei absidi, mentre ne ha cinque; sul lato ovest pone un’abside aggiunta invece nel 1867, mille anni dopo la costruzione originale. Con un abile gioco di prestigio arriva a scambiare la pianta originale dell’803-806, fatta costruire da Teodulfo, con l’allungamento del XV e XVI secolo che ha fatto diventare rettangolare la precedente chiesa quadrata. La studiosa tedesca non focalizza l’attenzione sul quadrato originale ma dice riferendosi a esso: “In questa forma l’ampliamento orientale del tetraconco corrisponde alla disposizione che si riscontra a S. Claudio al Chienti. “Tetraconco” significa “a quattro absidi”, sbagliando così per la quarta volta, perché sia S. Claudio che S. Salvatore non hanno quattro absidi ma cinque. La studiosa, pur di non dire che queste chiese hanno tutte 5 absidi, scrive perfino che quella francese ne ha sei ma solo due righe dopo cambia riducendole a quattro. Poi, pur mettendo in nota Heitz 1980 si guarda bene dal dire che egli afferma che Germigny-des-Prés è diversa dalla cappella Palatina di Aachen e che la unica cosa in comune è la sola pianta centrale.
Le note di Furio Cappelli – Il libro della Sahler è stato editato dalle case editrici Cappelli e Lamusa, il curatore risulta essere Furio Cappelli. Nel 2014 sul sito “Italia Medievale”, Furio Cappelli pubblica un suo intervento dal titolo “San Claudio al Chienti” nel quale deve ammettere che questa chiesa “suscita molteplici interrogativi sulla sua funzione e sulle sue origini per effetto di una veste architettonica piuttosto singolare”. Oltre a non dire di aver curato l’edizione italiana del libro, dimentica di parlare delle cinque absidi, a differenza di moltissimi altri studiosi che hanno focalizzato l’attenzione proprio su questa particolarità. A Cappelli interessa mettere in evidenza che la Sahler ha ormai ‘comprovato’ che l’edificio è stato realizzato nell’XI secolo e non risente dell’influsso Bizantino, che “le tangenze vanno ricercate proprio in occidente”, dando così per certa una ipotesi della studiosa la quale scrive invece: “È molto probabile che il vescovo di Fermo… fondi una Pieve nella Curtis Casalis”. Cappelli, però, nella sua smania di oscurare l’origine orientale di San Claudio, commette l’errore di dire che il modello è Germigny-des-Prés, svelando quindi di conoscere l’edificio francese che dovrebbe assomigliare alla chiesa Palatina di Aachen. Cappelli riconosce inoltre che le locali chiese quadrate a croce greca inscritta hanno come esempio, oltre a S. Salvatore (803-806), anche, in Germania, nostra Signora a Goslar (1034-1038) e la cattedrale di Spira, dotata questa anche della cappella a due piani di S. Emmerano e S. Caterina (1080-1100): a questo punto lascia intendere che l’attuale chiesa doppia di S. Claudio imiti le chiese tedesche. A lui è sfuggito che la stessa Sahler afferma che le chiese doppie tedesche hanno imitato S. Claudio al Chienti.
La “citazioni” del Piva – Un altro studioso, che negli ultimi anni ha parlato di S. Claudio, S. Vittore alle Chiuse, Santa Croce dei Conti e S. Maria delle Moje, è stato Paolo Piva, il quale, nel suo“Il Romanico nelle Marche”, ed. Banca Marche 2012, segue la Sahler salvo in due punti: posticipa la data di costruzione della chiesa maceratese e la definisce una imitazione degli edifici doppi tedeschi. Nella scheda su S. Claudio in quattro pagine cita 20 volte la Sahler; nella scheda su S. Vittore alle Chiuse sempre su quattro pagine la cita 18 volte; nella scheda su S. Croce dei Conti in due pagine la cita 10 volte; nella scheda su S. Maria delle Moje su tre pagine la cita 17 volte. Ma Cappelli, quando pubblica su “Italia Medievale”, cita proprio Piva che a sua volta ha citato la Sahler.
Tal… Pseudonimo – Alcuni strani personaggi, temendo di screditarsi, non hanno avuto il coraggio di mettere il proprio nome e cognome e si sono nascosti, sui social, dietro un nome d’arte. Questo (o questa? o questi?) finge di venire nelle Marche da Milano, attirato da truffatori che parlano di Aquisgrana a S. Claudio. Pseudonimo, chiamiamolo così, afferma su un blog di essere stato raggirato perché il suo sedicente soggiorno è stato un’immane delusione perché le Marche, secondo lui, sono brutte. Per tradurre quando Teodulfo, committente di S. Salvatore a Germigny, scrive a Carlo Magno, Pseudonimo si rifà a Beat Brenk che traduce “basilicam miri operis, instar videlicet eius quae Aquis est constituta” con “voleva costruire un’opera che fosse mirabile come la cappella di Aquisgrana” e non nel senso che voleva farne una copia identica.
La “ignoranza” di Beat Brenk – “Teodulfo non copiò la Cappella Palatina di Aquisgrana ma utilizzò le straordinarie architetture della sua patria, la Spagna. In questo modo creò un edificio altamente originale e inconsueto. Esso rimase tuttavia un caso isolato, risultato essenzialmente delle scelte personali di Teodulfo”. Palesemente questa originale traduzione, oltre a essere totalmente diversa da tutte le altre effettuata da altri studiosi, come C. Heitz, è resa totalmente inaffidabile dal fatto che Beat Brenk non conosce la differenza tra “simile” e “uguale”. Palesemente non conosce neppure le Marche, altrimenti non avrebbe sostenuto: “esso rimase tuttavia un caso isolato”. No! San Claudio, S. Vittore alle Chiuse, Santa Croce dei Conti, Santa Maria delle Moje, San Severino al Monte lo smentiscono evidentemente. Brenk non conosce, inoltre, ciò che ha scritto Gillo Dorfles, il quale sottolinea: “si ritiene che il modello della pianta quadrata suddivisa in nove campate… è piuttosto frequente nelle Marche… (San Claudio in Chienti, S. Vittore alle Chiuse, e Santa Maria delle Moje)”. Beat Brenk non conosce neanche ciò che ha scritto Furio Cappelli: “San Claudio, San Vittore alle Chiuse, Santa Croce di Sassoferrato, Santa Maria delle Moje sono state definite chiese a croce greca iscritte… Le tangenze più significative della tipologia di San Claudio vanno piuttosto cercate in occidente… dove la tipica pianta ‘quadrata a quattro sostegni centrali’ è già ben nota nell’edilizia di rappresentanza del Sacro romano impero. Basti ricordare l’oratorio celeberrimo del Salvatore voluto dal vescovo Teodulfo d’Orléans a Germigny – des-Prés”.
Pseudonimo cita Richard Krautheimer, il quale dice giustamente “L’osservatore medievale si aspetta di trovare in una copia solo alcune parti di un prototipo”. Pseudonimo dice che le somiglianze sono soggettive e lui non vede somiglianze tra Germigny e San Claudio più di quante non ne vede tra Germigny e Aachen. No, questo è troppo: un quadrato (Germigny) è diverso da un ottagono (Aachen), quattro pilastri al centro (Germigny) sono diversi da otto pilastri in circolo (Aachen), una struttura con cinque absidi ai tre lati (Germigny) è diversa da una senza absidi (Aachen)! Pseudonimo, o chi per lui, crede che quadrati, rettangoli, cerchi, ottagoni abbiano la stessa forma geometrica. Pseudonimo, però… è scomparso dai social, forse perché ha fatto carriera, forse perché si è (o si sono) reso conto che “le cose sono più complicate. Le tesi carolinge partono da un elemento veritiero. Partono dall’appartenenza della chiesa a un filone di architettura aulica che fa capo ad Aquisgrana. Posso citare vari contributi specialistici che entrano nel merito ammettendo onestamente questo nesso, senza ovviamente condividere l’idea che questa sia la vera Aquisgrana”. Sono d’accordo, in questo caso, con le affermazioni dello studioso ascolano: tutti dovrebbero analizzare senza pregiudizi e con attenzione le fonti, rispettando le idee altrui, senza complessi di superiorità e senza insultare. Suggerisco di partire riprendendo le analisi di C. Heitz, J. Hubert e Gillo Dorfles.
Nota della redazione: questa dettagliata analisi di Albino Gobbi, abbinata alla ricerca di Simonetta Borgiani (La rucola n° 268), fugano ogni dubbio sulla datazione di San Claudio al Chienti e sul fatto che sia primigenia e originale.
Albino Gobbi
22 marzo 2021