Ascoltare “MajakovskiJazz” produce la sensazione di entrare, per quarantacinque minuti, dentro un doppio luogo/vano: la Russia sovietica nella sua drammaticità politica e rivoluzionaria e l’anima del poeta nelle sue mutevoli frequenze. Luoghi diversi e di versi folgoranti, urgenti, prorompenti, ma anche teneri e struggenti e pervasi di strabordante umanità come se tali versi sapessero della brevità dell’esistenza dell’artefice Majakovskij. Si stenta a credere che, in questo caso, l’approccio operativo di Maurizio Boldrini, diversamente da altre studiatissime interpretazioni, sia stato caratterizzato da immediata estemporaneità, una creazione di getto, come si dice, frutto dell’interazione con tre giovani e talentuosi musicisti: Raffaele Barbaresi alla batteria; Leonardo Gironella alla chitarra, Marzio Moriconi al pianoforte e al clarinetto. E’ difficile credere che i brani siano stati fissati alla prima prova perché l’azione/reazione tra lo “strumento” voce e gli altri strumenti risulta un gioco perfettamente in equilibrio.
Qual è M° Boldrini il segreto di tanta corrispondenza virtuosa tra sonorità vocale e musicale?
“Una delle caratteristiche fondamentali del Jazz antico era quella di suonare e cantare ad orecchio, per l’attore di livello è una costante, ciò non significa che non ci sia una partitura ma che ciò che è precedentemente fissato deve necessariamente sublimarsi nell’immediato dell’auto ascolto e nell’ascolto degli artisti con cui si opera, la differenza la fa sempre l’ascolto nel mentre dell’interpretazione”.
Come mai ha scelto MajakovskiJ?
“Potrà sembrare una involuzione dopo registrazioni dedicate a Leopardi, Campana, Villa, Prosperi andare a un cosiddetto ‘futurista politico’, per me fondamentalmente è un romantico. La questione è che avevo un debito affettivo nei confronti di Majakovskij: quando iniziai a studiare recitazione il mio primo maestro, Giorgio Trestini, mi fece studiare unicamente una poesia del poeta russo: ‘La blusa del bellimbusto’, e me la fece tradurre in tante, tantissime variazioni. Inoltre uno spettacolo che segnò la mia vita professionale fu ‘Quattro diversi modi di morire in versi’: Majakovskij, Blok, Esenin e Pasternak cantati da Carmelo Bene”.
Il cd è frutto della collaborazione del Minimo Teatro con Philosofarte di Montegranaro
“L’etichetta Philosofarte nasce da una diramazione della Galleria d’Arte Gottardo Mancini già operativa a Montegranaro negli anni settanta, luogo d’incontro e operativo di grandissimi artisti. La figlia di Gottardo, Barbara ha mantenuto e riattivato la Galleria d’Arte e inoltre ha creato Philosofarte, associazione di promozione sociale, che coniuga le diverse arti a beneficio non solo di persone cosiddette normali ma anche di persone con disagi esistenziali. E’ un luogo accogliente dove è bello stare, fare, parlare, ascoltare”.
In copertina al cd è riportata la seguente dedica: “All’amico poeta Guido Garufi, per la sua autentica politica poetica”, ma Majakovskij e Garufi sono due poeti molto differenti!
“Sono differenti, ma sono entrambi poeti, ed entrambi in credito con il loro personale contesto operativo, uno dei debiti, quello per Majakovskij ovviamente non è più pagabile, l’altro per Garufi è parzialmente risarcibile da una città, da una comunità. La dedica a Garufi è per affetto verso l’amico e per riconoscenza al poeta per la forza politica della sua poetica”.
Il cd si può richiedere agli editori: Philosofarte (Montegranaro) 347 6890974; Minimo Teatro (Macerata) 347 1054651.
Patrizia Mancini
18 dicembre 2020