Il romanzo storico: “La battaglia dei Campi Catalaunici” – X puntata

Un volto già visto, uno sguardo penetrante ma sfuggente per un attimo lo squadrò e, rapido, si sottrasse al suo. E l’ombra si eclissò. Terenzio era sicuro di aver già visto quello sguardo ma, in quel momento, la sua mente, annebbiata dal sonno incipiente e provata dall’emozione di quel fugace incontro, brancolando nel buio dei ricordi si indirizzò a giorni lontani.

Giunia nel sogno – Per Bacco! Giunia! Che ci faceva lì? Uno sguardo deciso, ma a volte improvvisamente insicuro. Non riusciva mai a fissarlo a lungo anche quando erano ancora assieme. Se è vero che lo sguardo è lo specchio dell’anima, ebbene lì dietro nulla c’era. Ma non era Giunia. L’incubo, parto della sua fantasia, che a volte improvviso ritornava ancora a turbarlo, così come arrivato si era dissolto improvviso. Nel castrum non c’erano e non potevano esserci donne in giro. Le poche presenti erano mogli di Ufficiali, o cuoche, o prostitute; tutte relegate negli ambienti loro assegnati, senza possibilità di andarsene indisturbate, meno che mai di notte. Dunque quello sguardo non era di donna.

Ruhr, la guida – Finalmente, come nube squarciata dal fulmine la sua mente si aprì e il labbro improvviso esclamò: Ruhr! Era lui. Senza più alcun dubbio era lui, la maledetta Guida, ricomparsa nel luogo meno atteso. Il miserabile, per evitare di essere riconosciuto, si era tagliato la folta barba, apparendo ora come un giovane efebo che con questo nuovo look aveva avuto la sfrontatezza ma anche l’ardire di rientrare nell’accampamento! Scomparso senza lasciare traccia e ora ricomparso inatteso sulla scena, rimaneva pur sempre ed a maggior ragione il filo conduttore per tentare di sbrogliare quella dannata matassa. Alla ricerca di un aiuto e di un consiglio, Terenzio decise seduta stante di contattare l’amico Elvio, l’unico di cui poteva ciecamente fidarsi. Si addormentò così, di un sonno agitato e intervallato da frequenti scatti e risvegli.

Le riflessioni – Ma il sonno -si sa- porta consiglio. Il traditore era ricomparso, ma non era lui da scoprire; solo da ritrovare. Lui era nel drappello e non poteva aver fatto o ricevuto i segnali, almeno la sera dell’agguato. Il problema era anche un altro. Ruhr conosceva Terenzio e come Terenzio lo aveva infine riconosciuto, così anche Ruhr probabilmente aveva riconosciuto lui. Un altro elemento da valutare era il fatto che il casuale incontro era avvenuto nella zona del praetorium, cioè nel cuore del castrum, destinato alla struttura direzionale dello stesso e alle tende degli Ufficiali superiori. Elemento di grande sospetto e preoccupazione anche in termini di sicurezza per la persona dello stesso Ezio, Magister utriusque militiae. Doveva avvertirlo? Ma se lo avesse fatto, il trambusto che ne sarebbe seguito avrebbe di certo allarmato i complici con impossibilità di poterli effettivamente smascherare.

L’aiuto di Elvio – Decise infine che l’aiuto di Elvio poteva essere determinante. Ruhr non lo conosceva ed Elvio lo avrebbe potuto silenziosamente pedinare se lo avessero nuovamente incontrato. Finalmente arrivato ad una prima conclusione Terenzio si rilassò, non senza aver prima ringraziato il Buon Dio di averlo protetto anche in quella giornata così da potersi sentire utile alla causa e in grado di procedere nell’incarico ricevuto.

La casa lontana – Come sempre, quando riusciva a raggiungere uno stato di quiete, Terenzio tornò col pensiero alla casa lontana sulla sponda del fiume, a Ricina con gli amati abitanti: il suo babbo, le care sorelle; e… Lavinia. Lavinia? “Lavinia, come mai non avevo capito prima che era lei la mia vita, il mio amore?” Lavinia bella, solare e dolce. Lavinia affettuosa, innamorata sin dal primo bacio. “Dovevo arrivare prima o poi ad aprire gli occhi!”. E Giunia? …non c’era più! con i suoi piccoli tradimenti, i mezzi sorrisi, la sua insicurezza. Tutto ormai riposto nello scrigno segreto del tempo che fu. “Ma allora non ero andato soldato per dimenticare lei? No, Terenzio. Non avevi capito che lo avevi fatto solo per realizzare te stesso, che volevi arrivare, che volevi un guadagno, una casa, una famiglia? Che volevi la tua vita, la libertà di decidere, di sbagliare e soprattutto di vincere?” Quella notte rischiarava la mente. Le illuminazioni improvvise, le decisioni da prendere: tutto era lì ed il cuore nuovamente pulsava ad un ritmo impazzito di scoperta inattesa, di rinascita certa, di sicuro avvenire. Il suo giovane corpo si levò su di scatto. Un impulso sorgente di futuro ambizioso, di glorioso destino: era quello che voleva! “Non lasciarmi mai più” ripeteva commosso buttando il passato: la sua casa e Lavinia lo aspettavano laggiù e voleva tornare, vincitore e famoso. Ma c’era Attila…

Quattro giorni all’alba – Ezio, ritornato al Campo, aveva subito ripreso lo studio delle sue carte per preparare il grande scontro che ogni giorno appariva più imminente. Naturalmente aveva sempre cercato di tenersi aggiornato sulle mosse del nemico e così giornalmente riceveva notizie sulla consistenza dell’armata unna attraverso una fitta rete di informatori che a debita distanza la seguivano passo dopo passo. Anche Attila però: ed era così venuto a conoscenza dell’insediamento nemico e della presenza dei Visigoti, degli Alani e di parte dei Burgundi a suo sostegno. Le sue orde, appesantite dalle masserizie e dalle spoglie dei numerosi saccheggi effettuati durante il percorso sin lì compiuto nella Gallia, avevano tardato nel tornare verso Duro Catalaunum dove Ezio le attendeva. Ezio, il nemico giurato, l’uomo da cui aveva appreso l’arte della guerra e la strategia di battaglia: l’ostacolo da abbattere.

I pensieri di Attila – “Che sciocco però, ha scelto per lo scontro un terreno così piatto! Che forse con l’andar degli anni ha dimenticato che io ho a disposizione la cavalleria?” Questo pensava Attila che però al contempo non si fidava tant’è che, giunto nei giorni seguenti a quello degli scontri presso Aurelianum nei luoghi ove il nemico lo attendeva, aveva deciso a sua volta di munirsi di un campo trincerato per ogni necessità all’esito della battaglia. Aveva dunque messo al lavoro i suoi uomini. Una strana atmosfera era scesa in quei giorni: di calma apparente prima della tempesta. “Ma quel colle boscoso che ci sta a fare lì in mezzo?” Era un po’ che se lo domandava e la cosa non gli piaceva affatto costituendo un ostacolo per il suo modo di combattere, potendo costringere i cavalieri a rallentare la corsa nelle cariche e quindi a combattere a piedi. Uno svantaggio contro nemici che erano addestrati a combattere e difendersi muniti di corazze e di armi leggere estremamente maneggevoli nei duelli all’arma bianca. Il pensiero lo tormentava e, forse per la prima volta nella sua vita di indomito guerriero, rimase incerto sul da farsi: accettare lo scontro o accontentarsi dei saccheggi già compiuti e defilarsi.

Il vaticinio – C’era di mezzo anche la profonda avversione che nutriva nei confronti di Ezio, che detestava pur temendolo, e quella era una occasione ghiotta per finirla una volta per tutte. Decise dunque di consultare l’oracolo. Fece chiamare gli aruspici chiedendo loro di osservare le viscere dell’animale sacrificale (un toro della migliore razza) per conoscere l’esito della ormai prossima battaglia. La Storia racconta che il responso fu negativo, ma che predisse anche la morte di un condottiero avversario e così, sperando che il designato fosse l’odiato Ezio, Attila decise ugualmente di andare allo scontro, sempre fiducioso della invincibile forza dei suoi guerrieri, figli delle steppe dei deserti dell’est.

I nemici di Ezio – Ma Attila non era al Mondo il solo a odiare Ezio ferocemente. Nubi oscure si addensavano sul Condottiero romano. In quel periodo storico in cui vivevano tutti si aprivano la strada del potere e del comando a suon di tradimenti, congiure, omicidi, stragi di innocenti e questo senza farsene alcuno scrupolo pur di conquistare ricchezze e territori; lo stesso Ezio aveva fatto la sua buona parte soprattutto nelle lotte intestine affrontate per sbarazzarsi dei rivali e così primeggiare nell’Impero anche nei confronti della stesso Imperatore e della invadente madre di quest’ultimo, Galla Placidia. Abbastanza di recente c’erano stati svariati episodi di violenza nei confronti di popolazioni in lotta con l’Impero che si volevano ritagliare spazi vitali all’interno dello stesso. In questo complicato contesto di tutti contro tutti le inimicizie si perpetuavano anche nelle generazioni; perché l’odio genera odio, la violenza altra violenza e solo nei secoli la forza dello spirito è venuta pian piano emergendo nella perpetua lotta fra Bene e Male.

L’incontro a Massilia – Non c’è dunque da meravigliarsi se all’interno degli stessi schieramenti antagonisti agissero schegge impazzite, capaci di sconvolgere situazioni e piani preordinati. Nella parte “romana”questo era già iniziato qualche tempo prima degli eventi di cui ci occupiamo: in una gelida sera del febbraio di quello stesso anno 451 d.C. in una tranquilla hostaria di Massilia tre individui, abbigliati con pesanti mantelli invernali che ne coprivano accuratamente le fattezze lasciando emergere solo facce scolpite nel granito, conversavano fra loro seduti a un tavolo appartato, sorbendo del prezioso Falerno, servito in ampi boccali.

Il tradimento – Il più anziano dei tre, un uomo sulla cinquantina con nera barba striata di bianco, dal piglio energico e severo sembrava dirigere quella conversazione, alla quale anche gli altri partecipavano attivamente. “Ruhr, devi avere pazienza. Verrà presto il tempo in cui potrai vendicare i tuoi familiari passati a fil di spada dalle soldatesche romane venute per reprimere le giuste rivendicazioni del tuo popolo burgundo. Ho notizia di movimenti di altri barbari in viaggio verso i confini dell’Impero, giunti ormai vicino alle Alpi in località in cui stanno svernando in attesa della buona stagione per proseguire. Sono sicuro che il Magister Ezio verrà nella Gallia per cercare di fermarli ed allora tu avrai l’occasione che aspetti da tempo. Questo amico, che ho condotto qui, potrà dare un prezioso contributo alla causa e non avrai a dolertene purché mi assicuri che il tuo popolo sarà poi con me per assicurarsi un futuro migliore, libero da tanti vincoli ora imposti dall’Impero”.

Lo specchio riflettente – Nell’udire queste parole anche il personaggio seduto alla sua destra, senza interrompere il suo prolungato silenzio, annuiva manifestando il proprio compiacimento, mostrandosi pienamente consenziente. Un lampo di fuoco attraversava lo sguardo del Burgundo. Era stata una fortuna aver conosciuto quel personaggio e certamente nell’ormai prossimo futuro il suo inesausto desiderio di vendetta nei confronti del Romano avrebbe finalmente trovato soddisfazione. “Vi ringrazio. L’amicizia che mi avete dimostrato venendo qui verrà presto ripagata. I compagni attendono con ansia il momento. Dopo quanto abbiamo già concordato sulle prossime mosse da fare e a proposito della eventualità che mi avete prospettato e per la quale ci terremo pronti, ho deciso di portare a vostra conoscenza un’interessante novità che potrebbe risultare utile nel caso dovessimo comunicare a distanza con urgenza. È un sistema che ho appreso di recente da un marinaio sbarcato qui a Massilia da una nave oneraria proveniente dall’oriente; per pochi sesterzi mi ha ceduto quanto sto per mostrarvi”. Detto questo estrasse da una grossa bisaccia che aveva con sé un largo piatto rotondo laminato d’argento che, appena liberato dal panno che lo nascondeva, diffuse nello stanzone in cui si trovavano brillanti raggi di luce riflessi dalla modesta lucerna che l’oste aveva sistemato sul loro tavolo. “Con questo apparecchio che utilizza i raggi solari o anche lunari e di lanterne si possono trasmettere messaggi senza dover accendere fuochi o inviare scritti facilmente intercettabili”. Anche il terzo presente alla riunione, più giovane degli altri, mostratosi particolarmente interessato, intervenne per concordare la durata e la periodicità degli impulsi luminosi da adottare per rendere comprensibile un messaggio. Al termine della riunione, protrattasi per alcune ore i tre, visibilmente soddisfatti, si separarono, dopo che Ruhr aveva consegnato al più giovane degli altri due un secondo esemplare del piatto argentato che aveva portato con sé. continua (le precedenti puntate sono visibili su www.larucola.org inserendo sul motore di ricerca “battaglia dei  campi catalaunici)

di Giuseppe Sabbatini – con illustrazioni di Lorenzo Sabbatini

9 dicembre 2020

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