Non sono più giovanissimo ma ricordo bene come si facevano le scarpe negli anni ‘50. A Montesampietrangeli, accanto al convento dei frati c’erano due artigiani che lavoravano usando il vicoletto a mo’ di laboratorio e ci producevano sandali per i contadini e per la gente povera. Usavano i vecchi pneumatici dismessi per le suole e la tela degli zaini militari per la tomaia. Erano povere calzature che poi venivano vendute in tutte le fiere cittadine e avevano numerosi… estimatori. Vedere oggi gli eredi di questi poveri contadini, che non si contentano più delle ottime scarpe prodotte nei nostri calzaturifici ma trovano indispensabile acquistare le “americane” (fatte in Cina), trasformandosi in “papere” che pistacchiano la terra, mi fa proprio ridere.
Alberto Maria Marziali
28 ottobre 2020