La pistola era sempre nello stesso posto. Negli anni settanta per sapere se una gallina dovesse fare un uovo le infilavi un dito nel sedere e lo capivi; poi te lo pulivi sui pantaloni. Il pesce era incartato con della carta di quotidiano vecchio e a volte il giornale poteva servire anche per i propri bisogni. In campagna nelle fonti c’era un bicchiere che usavano tutti. In genere tutto ciò che oggi sarebbe da denuncia in quel periodo era assolutamente normale e la vita media cresceva in maniera impressionante.
La pistola dell’Appuntato – Con mio fratello non ci saremo mai sognati di fare nulla di pericoloso con quell’arma. Eravamo convinti che quello non fosse un giocattolo; ce lo avevano spiegato bene. Ne eravamo attratti ma come per Excalibur quell’arma non era per noi e quindi ci guardavamo bene dal toccarla. Mi arrampicavo su un mobile, poi con un piede sopra una credenza raggiungevo quasi il soffitto. Sopra la credenza mio padre appoggiava, incastrandola su uno scalino del mobile, la pistola di ordinanza; lui era un carabiniere. Un appuntato, qualcosa più di un “semplice carabiniere”.
Gli anni ’70 – Mio fratello era molto più vivace di me, ma né io e né lui mai ci siamo sognati di fare altro se non di guardare da distante quell’oggetto che percepivamo come potente e pericoloso. Negli anni settanta sembrava di vivere in “un altro pianeta” …tutto ciò che veniva dato agli uomini era come se fosse tecnologia aliena buttata su un tavolo e lasciata lì per il piacere di farci sperimentare; noi eravamo le cavie. Si sperimentava sulla nostra pelle un boom che a volte sembrava un fuoco di artificio di fine anno, altre volte un fungo atomico. La percezione che il mondo stesse andando nel verso giusto, seguendo una orbita, era l’unica cosa che ci permetteva di scovare gli innumerevoli tranelli che la modernità metteva sui nostri passi.
Il televisore – Fortunatamente eravamo uomini, in fondo, primitivi, e ancora puri, che guardavano con fascino e un po’ di diffidenza tutto ciò che era nuovo. Mio zio ebbe in regalo un televisore, donato da mio padre, prevalentemente per mia nonna. Lui l’accese, lo guardò con sospetto per trenta secondi e per nulla emozionato dal miracolo, farfugliò qualche parola incomprensibile per dire a mio padre: riportatela a casa, è una perdita di tempo e uno spreco di elettricità. In quell’atto c’era tutta una filosofia, riguardo al nuovo, di una generazione. Poi tutti vennero comprati. Ma noi italiani, di sicuro noi Piceni, fino a ieri, abbiamo tenuto duro per non essere ingannati da chi voleva farci dimenticare chi eravamo. Noi assorbiamo tutto e dopo averlo metabolizzato e trasformato lo offriamo a chi ce l’ha venduto maggiorandolo della nostra esperienza antica.
Mio padre – Mio padre era nato in una collina senza acqua corrente in un luogo magico, terra di banditi, prima di templari, ma ancor prima di Santi e di guerrieri. Quella pistola che poi ebbe a 18 anni, diventando carabiniere, lui la stringeva in mano da sempre. Non ci avete mai fatto caso? Alcune cose noi ce le portiamo con noi da prima di nascere ancora prima di averle materialmente e poi le porteremo con noi anche quando moriremo. Oggetti metafisici che ci descrivono. Mio padre aveva una mente che andava al bersaglio. Aveva imparato però a mettere la sua arma a riposo, al riparo dai possibili problemi, e così ci aveva educato a essere rispettosi, finché si potesse farlo, degli ordini ricevuti. Noi siamo stati educati in maniera militare e io sono diventato un Marines-frikkettone, un tizio da “Primo Battaglione Terra”. Gli ordini si rispettano sempre.
L’abilità di non porsi domande – Questa cosa però non l’ho mai imparata per bene se gli ordini erano sbagliati non ero proprio la persona adatta se si desiderava farli rispettare. L’ho imparato da lui. Lui però aveva imparato a schivare un problema ma non riuscì proprio a farmelo capire: alcune volte bisogna far finta di essere stupidi..! Se qualcosa non aveva una spiegazione logica ed era pericolosa per la sua solidità economica e mentale, aveva appreso che bastava non farsi domande. Così fece sempre quando ne ebbe occasione.
Il “sigaro” volante – Nelle Marche degli anni settanta/ottanta non c’era crimine e spesso si finiva a perlustrare zone per dare un’idea di sicurezza alla popolazione. In una di queste occasioni verso il monte Conero vide, insieme con altri colleghi, sollevarsi un sigaro dal mare, stazionare a pochi metri dall’acqua per poi schizzare via. Fece rapporto e disse che l’oggetto era molto grande: “Un sigaro di centocinquanta, duecento metri”. Il rapporto non fu compilato, il suo superiore disse che non dovevano farlo. Punto. Non si domandò mai nulla. Riferiva quel racconto con un sorriso stampato su metà faccia. Lo raccontava sempre allo stesso modo con le medesime parole e mai si fece visibilmente una domanda. Se noi domandavamo a lui cosa fosse ripeteva la storia identica poi aggiungeva: “Cosa fosse non so ma c’era. Punto! (anche questo diceva)”. Sapemmo anni dopo che tutto il Conero era bucato e che c’erano basi militari.
Con la Vespa verso il Conero – Quando ebbi la mia Vespa PX 125 arcobaleno (che ora troneggia nel soggiorno del mio laboratorio) andavo, per poter godere della mia indipendenza, verso il mare. Verso il Conero. Appurai che quel posto fosse speciale. Non solo per le incisioni rupestri a testimoniare che dalla preistoria c’era interesse per fare riti lì. Anche per la geologia, quel promontorio di origine vulcanica era un pezzo della costa dell’Illiria, quindi speciale. Corbezzoli e un paesaggio simile alla Grecia deve aver ricordato ai Dori di Siracusa casa e gli accoglienti Piceni forse li accettarono in cambio di nuovi sbocchi commerciali.
Cartelli, telecamere nascoste e porte in ferro – Cartelli alla zio Paperone intimavano di stare alla larga e le telecamere nascoste fra gli alberi non ti perdevano mai d’occhio. Visitare il monte era come andare in Paradiso dall’alto e all’inferno se davi retta ai racconti dei vecchi che avevano lavorato a consolidare i tunnel che bucano l’intera “quasi montagna”. Sir Arthur Ignatius Conan Doyle l’inventore di Sherlock Holmes, usò una grotta del Conero in un suo romanzo, se non ricordo male. Cancelli di legno che coprono porte di metallo ben più resistenti proteggono gli accessi di basi sotterranee.
Alieni… – Noi ragazzi lo sapevamo. Molti racconti, come leggende, passavano di bocca in bocca. I pescatori per un periodo non vollero uscire, onde di dieci metri apparivano misteriosamente rischiando di far affondare i pescherecci. Qualcuno morì. Quando da ragazzo seppi di qualcuno che venne contattato sotto la Rocca Pia di Ascoli Piceno e che fra queste persone v’era un anconetano… non mi stupii affatto. La base… si disse partivano da Ascoli Piceno ed arrivano a Rimini. Io un anconetano-ascolano vedevo e sapevo poiché ascoltavo e legavo. L’amicizia fra quegli esseri molto più simili a noi di quanto ci aspettassimo durò per decenni dal 1956 (da qui la sigla W56) fino agli anni ottanta (ma ovviamente sarà proseguita).
Tutto è reale… – Tutto è visibile, c’è un monte speciale con basi segrete, forse della Nato. Ci sono testimonianze e un serio appuntato dei Carabinieri che si è sempre rifiutato di sollevare domande scomode. Poi ci sono io che non sono capace di ignorare ciò che è vero…poiché se tento, il vero mi rincorre. Ho imparato anni fa a raccontare storie in luoghi sorprendenti in cui nessuno lo farebbe. Alle feste, su un giornale, su un social. La verità gettata con fiducia fruttifica sempre.
Buon Ferie di Augusto…. o se volete… buon Saturno e… buona “Amicizia”!
Post scriptum – L’unico sopravvissuto, con sua moglie, che ha voglia di parlare ha 100 anni (Gaspare e Mirella de Lama). Il suo spirito è vitale come quello di un fanciullo. Se questa storia lui e tanti altri se la sono inventata… più ci si avvicina a lei e più si gode di buona salute. Se pensate che mio padre ignorandola è arrivato a 87 anni!
https://www.centroufologiconazionale.net/avvistamenti/marche.htm
https://www.rete8.it/cronaca/456221855abruzzo-ufo-in-adriatico-dopo-40-anni-il-mistero-resta/
https://www.visitancona.com/i-segreti-del-monte-conero-tra-grotte-tunnel-e-leggende-misteriose/
Andrea Santini
28 ottobre 2020