Nel territorio di Pollenza, dalle parti di Passo di Treia, è stata realizzata una zona di eccezionale interesse archeologico perché comprende più periodi storici e si attende la fine della pandemia da coronavirus affinché possano iniziare le visite guidate, che non saranno un semplice dare uno sguardo di mezz’ora e passare oltre, verso altre località, ma saranno della durata di una intera giornata e comprenderanno lunghe camminate, compresa la salita in mezzo alla boscaglia su per il Monte Francolo. Perché più periodi storici? Ve lo spieghiamo in itinere durante la lettura di questo articolo in quanto la nostra redazione è stata privilegiata avendo avuto la notizia in esclusiva nazionale.
Si parte dal mulino con la torre fortificata, contiguo al Potenza, che pur essendo a Passo di Treia insiste nel territorio pollentino. Al suo interno, nelle sale restaurate e perfettamente illuminate da una ditta locale nota a livello internazionale, in vetrinette di cristallo si possono ammirare i reperti del periodo piceno rinvenuti nella vicina necropoli, grazie agli scavi condotti illo tempore dalla Soprintendenza e restituiti al territorio di provenienza. La visita continua per mostrare come, dal medioevo fino a pochi decenni fa, avveniva la macinatura delle granaglie con i ruotismi mossi dalle acque fluviali.
Da qui, camminando per un tratto di qualche centinaio di metri, si arriva alla necropoli picena in contrada Moglie e il cancello fa accedere alla zona recintata dove dagli scavi effettuati per impiantarci una zona artigianale emersero diverse tombe risalenti al popolo piceno. Va detto che non tutta la zona a oggi è stata indagata e i visitatori, se capiteranno nella giornata fortunata, potranno assistere in diretta allo scavo di nuove tombe, potendo così osservare le tecniche e gli utensili utilizzati con certosina pazienza dagli archeologi, che investigano il terreno in minuscoli scacchi di volta in volta. In foto una tomba femminile.
Chiaramente ci sono tombe sia maschili che femminili, ce n’è una con dentro i resti di un cavallo con tutti i suoi finimenti in ferro e in bronzo, una sepoltura davvero singolare tanto da essere unica non solo nelle Marche ma in tutto il territorio medio e alto adriatico. Come accade in tutto il sud delle Marche, quando c’è una necropoli degli “aborigeni”, poi denominati piceni dai romani (sorvolando… a volo di uccello sulla favoletta dei sabini che corrono dietro a un picchio svolazzante: piceni perché sudditi del re Pico), bisogna cercare in alto il villaggio ed è così in tutti i luoghi. Moglie di Pollenza non fa eccezione, infatti a poco più di un centinaio di metri, c’è stata la sensazionale scoperta dovuta al signor Mauro Pignani, ricercatore storico per diletto, che in periodo di secca ha notato delle strane macchie circolari sulle quali non cresceva erba sui terreni posti più in alto rispetto alle tombe picene.
Mauro si è accertato che lì non avessero pascolato conigli in gabbioni rotondi o pecore legate a un paletto centrale. Poi il rinvenimento in superficie di frammenti di coccio e pietre piatte ha fatto intuire che in quei punti, a poca profondità, ci potevano essere le pavimentazioni di capanne circolari (di varie grandezze) che, insieme, formavano un villaggio. Una intuizione formidabile! che presto si è tradotta in realtà. I visitatori di questo parco archeologico potranno sfogarsi con le macchine fotografiche, o con i telefonini, a immortalare un villaggio come poteva essere stato 3mila anni fa.
Visitata questa zona i turisti si sottoporranno a una salutare passeggiata (si consiglia un abbigliamento idoneo con scarpe da trekking e bastone) che, passando per una stradina imbrecciata prima, poi per un impervio sentiero di montagna che s’inerpica su per il Monte Francolo tra rovi, cespugli fioriti e piante rigogliose. Lungo il percorso, quasi in cima alla vetta, ci sono i resti di un antico torrione dal quale si poteva avere un controllo totale sulla zona dell’insediamento piceno. Purtroppo sono rimaste solamente poche pietre sparse e un pezzo residuo del basamento della torre.
Più in alto, in cima al monte. l’occhio si perderà in un paesaggio meraviglioso che si stende dai Sibillini a Pitino, a Treia e i polmoni potranno respirare aria pura ricca di effluvi profumati. Una sosta vicino alla croce per poi addentrarci ancora di più nei millenni passati… Un ripido viottolo, tutti rigorosamente in fila indiana e a gruppi di non più di quattro persone oltre la guida, e siamo davanti a una piccola grotta scavata nell’arenaria al cui interno ci sono minuscole nicchie con tracce di un intonaco durissimo.
Siamo tornati indietro di 10mila anni… Il mistero qui aleggia: (le scritte sono di qualche deficiente di grafitaro) sono loculi dove conservare le ceneri dei defunti? Sono reliquiari? Ci si inserivano immaginette votive per invocare la protezione di qualche divinità sul villaggio sottostante?
Ecco come una piccola porzione di territorio piceno riesce a contenere tanta storia. Alla fine della visita i turisti/esploratori potranno trovare ristoro nel mulino visitato all’arrivo, dove c’è un albergo a 5 stelle, serviti da camerieri in abiti medievali… Fin qui il racconto. Ora la verità: le cose che vi abbiamo mostrato sono reali, quello che non c’è è il tour, come non esiste una zona archeologica attrezzata. Il nostro territorio ha tutto per il turismo ma a Roma ci sono zucche vuote, la Regione è quasi assente e i Sindaci hanno paura a toccare la storia. Amen.
Fernando Pallocchini (foto di Mauro Pignani, Fernando Pallocchini e Alberto Monti)
23 luglio 2020