Sanità: Mangialardi e Ceriscioli, insieme a porte chiuse

Il Comitato Pro Ospedali Pubblici Marche, con una rappresentanza giunta anche dalla provincia di Macerata, ha manifestato a Senigallia nel sit-in organizzato dal comitato locale aderente al comitato regionale sotto il palazzo comunale della città in cui si è svolto il Consiglio Grande sulla Sanità convocato dalla giunta comunale il cui sindaco è Maurizio Mangialardi, candidato governatore alle prossime elezioni regionali, con la presenza dell’attuale governatore uscente Luca Ceriscioli.
Riunione a porte chiuse – Il Consiglio Grande, il consiglio allargato (la cui richiesta di convocazione era stata presentata dal comitato di Senigallia 2 anni fa e invece è stato convocato solo a 2 mesi dalle elezioni) è e dovrebbe essere normalmente e formalmente occasione di confronto con i cittadini e i comitati; invece si è svolto a porte chiuse, senza possibilità di interlocuzione.
Permane dunque quella visione della politica chiusa dentro il palazzo che decide in autonomia e con enorme distanza dai problemi della gente. Permane la visione di quella politica in cui l’eletto riceve una delega in bianco al momento dell’elezione e poi per tutto il suo mandato può anche non rapportarsi più affatto con la comunità tutta che rappresenta e con i cittadini.
Quel che i cittadini avrebbero voluto chiedere –
Cittadini che avrebbero avuto molto da dire e da chiedere riguardo agli ospedali che ancora non sono tornati all’attività ordinaria ante covid, riguardo alle raccomandazioni che tuttora ricevono di recarsi in ospedale solo se strettamente urgente, rispetto all’annullamento d’ufficio di prestazioni e servizi già prenotati anche da tempo e alle liste di attesa lunghissime che troviamo dopo l’emergenza covid ancor più di prima.
Mangialardi come Ceriscioli – I cittadini avrebbero voluto chiarimenti soprattutto riguardo a quello che sarà il futuro della sanità marchigiana su cui la posizione di Mangialardi è pressoché identica a quella dell’attuale governatore Ceriscioli, che ha visto la chiusura di 13 ospedali in 5 anni, il declassamento e l’accorpamento di reparti, l’accentramento dei servizi in poche strutture ospedaliere veramente complete (una per provincia) e tutti gli altri nosocomi relegati ad un ruolo complementare.

Infermieri… “viaggianti” – Chiusure e depotenziamento a cui si intende sopperire con gli infermieri di comunità, di famiglia. Secondo un modello quello toscano che già in quella regione ha manifestato i suoi limiti, per mancanza di punti di riferimento con cui gli infermieri dovrebbero rapportarsi e relazionarsi, in assenza di un ospedale di zona a cui far capo. Infermieri a domicilio che vanno certamente potenziati per alcuni servizi alla famiglia e al malato, ma che non possono e non devono sostituire l’ospedale di rete sul territorio.
E poi ci raccontano di… sperpero di denaro – Tutto come se questa emergenza fosse servita a nulla, come se durante quest’emergenza non avessimo visto gli enormi sperperi di risorse economiche! Continua da parte della politica la narrazione per cui gli ospedali sarebbero un dispendio di denaro e per cui dovrebbero quindi essere sostituiti con un’organizzazione più “leggera”, fatta di cooperative di infermieri, nelle quali anche i lavoratori sono sfruttati. Infermieri che dovrebbero svolgere un servizio a domicilio i cui limiti speravamo che con l’esperienza covid, dove far venire a casa i medici di famiglia è stato in larga parte impossibile, fossero stati ben evidenziati. Registriamo invece che ancora nulla si è imparato.

Beatrice Marinelli

13 luglio 2020  

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