Abbiamo già scritto dell’arrivo dei Pelasgi nell’Antico Piceno e della alleanza tra questi due popoli per scacciare dal territorio dell’Italia peninsulare i Siculi, costringendoli a rifugiarsi in Sicilia (decine di anni prima della guerra di Troia). Il buon Dionigi di Alicarnasso, nella preziosa descrizione dell’avvenimento, non è prodigo di dettagli, non descrive la tattica e la strategia dell’impresa e ci costringe a mettere in campo ipotesi e considerazioni. La conquista di Cortona sembra essere stata estremamente semplice e forse avrà suggerito ai comandanti delle due armate (Pelasgi e Piceni, definiti “aborigeni vicini agli Umbri”) di attivare l’individuazione e l’inseguimento dei siculi su due direttrici:
1 – i Piceni (partendo da Cortona) procedendo da nord verso sud liberano dai Siculi i territori che spaziano dall’Adriatico all’Appennino;
2 – i Pelasgi (partendo da Cortona e liberata Pisa) avranno lo stesso obiettivo dal Tirreno agli Appennini. Senza questa strategia l’impresa sarebbe stata inefficace.
Certamente prima di iniziare la guerra i due “Generali” avranno ispezionato gli eserciti rinforzandoli con “reparti speciali” provenienti dall’altra etnia. Quasi sicuramente i due eserciti avranno diviso la truppa in colonne o plotoni che, vicini, avanzavano in riga. Non fu una tecnica di rastrellamento che non aveva per fine la cattura di prigionieri e/o schiavi; il loro obiettivo era quello si snidare i Siculi e di spingerli a Sud. Ovvio che il comando delle operazioni e i reparti di sussistenza (alimenti e rifornimenti vari) avanzassero sulle vie principali. Dionigi descrive un’alleanza molto affiatata: “Pelasgi ed Aborigeni abitarono promiscuamente molte città fabbricate da loro o tenute un tempo dai Siculi”. Non si deve essere trattato di una guerra distruttiva, con distruzione di Città e villaggi. Per difendere la conquista saranno rimasti sulla Rocca modesti reparti, senza alcun nocumento per l’esercito. Pure allora era in auge lo sport di dare l’assalto al carro dei vincitori nella certezza di prebende, “salari” e bottini (a volte confusi con gli ideali). Quella che è passata alla storia come una “Guerra di liberazione” dai Siculi fu molto più semplicemente una guerra per la conquista dell’Italia centro meridionale: ricca ed evoluta.
I Pelasgi
I Pelasgi erano popoli (Preellenici) presenti nelle regioni bagnate dal Mar Egeo, almeno dal secondo millennio a.C. il loro nome proviene dal greco e significa “pianura”, “abitanti della pianura”, il che fa supporre come inizialmente furono agricoltori. L’Argolide è considerata la loro patria d’origine, dalla quale rapidamente si espansero ovunque: Tessaglia, Anatolia, Caria (Asia minore), Epiro, Micene, Egitto, Palestina, Creta, Lemno, Italia, Magna Grecia, Istria, gran parte della costa Slava, ecc.. La grande espansione è direttamente correlata al grado di civilizzazione di quel popolo guerriero, dedito alla metallurgia, alla nautica e all’edilizia. La loro tecnica edilizia (mura a secco, con pietre irregolari, alte fino a 10 m., spesse oltre 7 m.) fu a lungo chiamata “Pelasgica”, poi Saturnina, Ciclopica, Megalitica ecc..: ora si preferisce la definizione “Poligonali”, non si riesce a comprendere bene il perché di tanta abbondanza di nomi. Le mura di Tirinto, Micene e Argo resistono da quattro millenni. Gli archeologi, continuano ad asserire che le mura “Pelasgiche” in Italia sono del sesto/terzo secolo a.C.: ben quindici secoli dopo quelle Micenee! Sorge il dubbio sulle loro certezze: “Se le mura delle Civitelle e… appartengono, come abbiamo ipotizzato in altre pagine, al XII secolo a.C. allora queste mura di Alba Fucens sono databili tra il XII e il X secolo a.C.”(http://www.softwareparadiso.it/ambiente/archeologia_alba_fucens_mura.html). Non sembra pleonastico ricordare che intorno al XII sec. a. C. sono collocabili: 1) la Guerra di Troia; 2) il Regno Laurentino di Pico; 3) la cacciata dei Siculi a opera di Piceni e Pelasgi. È forse una coincidenza? Da vari anni sosteniamo che le correnti superficiali adriatiche agevolavano l’arrivo dei Pelasgi nel Piceno e ci fa piacere sapere che ora molti dotti lo stanno confermando. L’ipotesi che siano stati i Pelasgi a liberare dai Siculi i territori dal Tirreno agli Appennini è corroborata anche dal fatto che in quelle contrade abbondano mura simili a quelle micenee, anche se si dilettano a chiamarle “poligonali”. Dovrebbe essere logico credere che i Pelasgi, appena giunti nell’Italia centrale, si alleano con gli aborigeni “vicini agli Umbri” e provvedono a liberare dai Siculi i territori abitati da Etruschi, Latini e Campani. Terminata l’impresa militare, si dedicano alla ristrutturazione edilizia e all’edificazione di nuove città nelle terre conquistate, sicché le mura Pelasgiche abbondano: Populonia, Vetulonia, Saturnia, Cerveteri, Volterra, Cortona, Perugia, Chiusi, Roselle, Amelia, Ferentino, Arpino, Trevi, Alba Fucens… fino alla siciliana Erice e alle più modeste mura presenti anche nel Piceno. Molti sostengono che numerose città (compresa Pisa) furono costruite dai Pelasgi; questa affermazione, involontariamente, conferma l’attendibilità di Dionigi di Alicarnasso. A volte capita che gli storici si facciano trasportare dallo spirito di campanile. Si riportano alcuni titoli delle “Origini italiche” di Mario Guarnacci, (Volterra 1701 –1785) archeologo, collezionista di reperti etruschi: “Del regno antichissimo d’Italia – Il regno Etrusco fu prima del Romano imperio. Comprese l’Italia tutta; coll’imperio del mare, e comprese tutte le isole del Mediterraneo – pag.19. L’Italia tutta fu da prima popolata dagli Etrusci. Questi sono gl’istessi, che i vecchi Umbri, che gli Aborigeni, che i Pelasgi e che altri antichissimi nomi italici… Il Lazio fu degli Aborigeni da prima (chi sa quanto gli sarà costata questa affermazione… anche se poi specifica); e perciò degli Etrusci, o Umbri. pag. 97. … Colonie Etrusche sparse per tutta Italia, e derivate da quei primi nomi Umbri, o Aborigeni, o Pelasgi. Lega e patti di tutte le città Italiche… I Sabini erano Umbri. Costumi Sabini simili agli Etrusci”. Sembrano teorie molto ardite; incompatibili con quanto descritto da Dionigi, con le numerose città dalle possenti mura “pelasgiche”, con l”Ager Picentinus e con la grande e distrutta “Picentia”, ecc.
Percorso dei piceni
Gli Aborigeni partiti da Cortona, guidati da re Pico, liberano la parte nord-est della penisola, forse percorrendo gran parte della strada percorsa (dopo un millennio)da Annibale. Il grosso dell’esercito avrà seguito le vie Salarie; ai gruppi più piccoli il compito di liberare i territori lungo i vari “diverticoli”. La loro marcia verso sud non raggiunge i monti Frentani. Gli Appennini saranno valicati nei pressi di Isernia, quidi raggiungono Benevento e/o Capua dove puntano anche i Pelasgi. Per il valico dell’Appennino nei pressi di Isernia ci sono buoni indizi:
1 – Isernia era la capitale dei Sanniti Pentri; in tutte le guerre il principale obiettivo è la conquista della capitale, Isernia mostra ben evidenti tracce di mura, con grandi blocchi trachinici;
2 – Vicino Isernia si trova Alfedena con la sua necropoli (reperti affini a quelli piceni). Poco lontano troviamo i comuni di Pico e Picinisco; distanze chilometriche da Isernia: Alfedena km 22.81 // Picinisco km 31.03 // Pico km 58.43;
3 – La necropoli di Alfedena da Peter Ettel – Alessandro Naso – “Schätze aus dem Picenum…” (Tesori del Piceno: tombe dell’età del ferro dall’Italia centrale…): questo piccolo volume, edito in tedesco nel 2004, è dedicato ai circa 500 reperti piceni, provenienti da Montegiorgio (FM) e attualmente conservati nel museo di Jena (Germania). Ettel e Naso, a pag 138 descrivendo il reperto VI 15 Fibula ad arco… “Nella fibula è stata filettata anche una perla vitrea ad occhi. La fibula 38/8286 mostra una perla gialla con occhi bianco-blu. La perla della fibula 38/8287 è di color turchese e gli occhi blu-bianchi. Le perle con decorazioni ad occhi si affacciano in Italia a partire dal 900 a.C… e sono frequenti nel Piceno. La filettatura sull’ago è inconsueta. Perle in pasta vitrea della stessa colorazione sono reperibili nella Valle del Sangro nella necropoli sannitica di Alfedena…esse mostrano l’esistenza di una strada transitabile che collegava la parte tirrenica a quella adriatica…. Le fibule ad arco a tutto sesto con staffa desinente a ricciolo appartengono alle forme del periodo piceno IV B e provengono da Fermo (Tomba 5 contrada Mossa) associate a perle a occhi”.
Considerazioni
Probabilmente con questa impresa va definito l’inizio del Piceno, creato da Pico e l’inizio dell’Etruria a opera dei Pelasgi. La facilità delle due conquiste fa supporre che quei territori erano abitati da popoli poco numerosi e molto disorganizzati. Non sembri che i Pelasgi siano stati favoriti per l’estensione del territorio conquistato. Questo argomento sarà l’oggetto della prossima trattazione.
Nazzareno Graziosi
30 maggio 2020