Personaggi paesani di una volta: Mugnì e la fratellanza

Un personaggio pittoresco di Montolmo, vissuto tra 800 e 900, fu Mugnì (Benedetto Cardinali, 1868-1931), un fabbro con la vocazione della mistificazione e il talento della frode.

Il neo peloso – Era un uomo alto e distinto, il cui viso aveva tratti nobili, caratterizzato da un vistoso neo a una guancia, da cui partiva un lungo ciuffo di peli, che lui  pettinava ogni tanto con un pettinino tascabile. Molte sono le sue imprese truffaldine di cui c’è ancora memoria. Riesumiamo quella consumata ai danni del preposto dell’epoca.

Il fratello del preposto – Mugnì, saputo che costui si era recato una mattina a Fermo a conferire con l’Arcivescovo, si presentò nel pomeriggio alla perpetua, una donna che era forestiera e assunta da poco, quindi del tutto ignara della fisionomia e delle gesta di Mugnì. Egli disse di essere il fratello del preposto e che veniva da Fermo a Montolmo su incarico del preposto il quale, per venire a capo di una certa faccenda, aveva deciso di regalare a un monsignore della Curia un paio di pollastri.

Il paio di pollastri – La perpetua si affrettò a scegliere nel pollaio della canonica due bei pollastri, li legò per le zampe e li diede a Mugnì. Inutile dire che con quelli, nella sera stessa, Mugnì e un paio di amici fecero una lauta cena. Quando il preposto fece rientro da Fermo, la povera donna gli chiese se i polli fossero stati graditi. Il preposto cadde dalle nuvole.

L’interrogatorio – Interrogando la perpetua sull’aspetto e il comportamento del sedicente “fratello”, il preposto se la ‘ngajò (se la immaginò) che fosse Mugnì. D’altra parte Mugnì nulla aveva fatto per dissimulare la sua identità: non si era tagliato i peli del neo e nemmeno si era tolto gli stivali che sempre calzava.

La confessione – Il preposto dopo un paio di giorni lo mandò a chiamare come se avesse bisogno di un fabbro e quando lo ebbe davanti gli contestò severo l’inganno fatto alla perpetua e il furto. Mignì ammise  tranquillo la sua responsabilità dicendo di non ritenerla affatto cosa riprovevole.

L’ammonizione – Il preposto, sentendo montargli l’ira per la strafottenza del manigoldo, si contenne e lo ammonì: “Caro Mugnì, tu sai meglio di me che queste cose non si fanno e che la legge le punisce e tu, per di più, le vieni a fare proprio a me che sono un uomo di chiesa! Farti passare per mio fratello!”

La predica domenicale – Mugnì ebbe l’improntitudine di dire: “Doménneca passata, dopo tando che non vinìo a la messa, v’agghjo sinduto a predecà’ che simo tutti fratelli; e la prèdeca è durata per menz’ora. Che simo tutti fratélli l’arréte dittu armango jéci òte: no’ mme verrete a dì’ ch’agghjo capito male, no?” (Domenica scorsa, dopo tanto tempo che non venivo alla messa, vi ho sentito predicare che siamo tutti fratelli; e la predica è durata per mezz’ora. Che siamo tutti fratelli l’avrete detto almeno dieci volte: non mi verrete a dire che ho capito male, no?) 

Claudio Principi – tratto da “Dicerie popolari marchigiane”

18 maggio 2020  

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