Corridonia, la storia di un quartiere: Cerqueto e li Cerquetà

Qui di seguito si raccontano alcuni aspetti della vita quotidiana di un rione di Corridonia: Cerqueto degli anni ’30 – ’50 , cioè prima e durante la II guerra mondiale. Sono alcune pennellate che non hanno l’ambizione di presentarsi come ricerca storica, ma più semplicemente come una piccola fotografia che nasce dai ricordi di chi in quegli anni viveva la sua gioventù, cioè Filippo Ciocci. Le memorie riguardano soprattutto via Pier Paolo Bartolazzi, senza togliere nulla agli abitanti della sottostante via Maria de Reja, con i quali c’è stato sempre un buon rapporto ma anche molta competizione (tra Cerqueto “de sopre” e Cerqueto “de sotto”).

Cerqueto, antico luogo di ospitalità e accoglienza – Facendo un passo indietro nel tempo ci troviamo di fronte vie e luoghi un po’ diversi da quelli attuali. Come era Cerqueto prima? La zona si presentava soprattutto  come luogo di ospitalità, accoglienza e rifugio.  Nell’edificio dove oggi è l’asilo comunale, che è stato donato alla città da Bartolazzi, c’era all’inizio un rifugio chiamato da tutti “Ricovero” e lì venivano accolti  donne, uomini e famiglie povere, anche viandanti, stranieri e senzatetto. Gli uomini vivevano al piano superiore e le donne in quello inferiore, con circa 10 letti per ogni piano. La cucina era unica e c’era una cuoca che cucinava per tutti. Il ricovero veniva gestito dall’ECA (Ente Comunale Assistenza), ed era collegato con l’ospedale. I letti erano occupati da chi arrivava prima, anche abusivamente. Un tal Palazzi, richiamato per fare il militare, al suo ritorno trovò il suo letto occupato da un altro, inscenò una “cagnara” che fece uscire tutta la gente da casa per scoprire che cosa fosse successo, tanto era il chiasso provocato! Non solo. Lì dentro ci si scaldava accendendo la paglia, procurando anche disastri e piccoli incendi. Vincè de Callarà una volta provocò una nuvola di fumo che si vedeva fuori dall’edificio.

Nel dormitorio  dei maschi c’era una pinturetta con l’immagine della Madonna nera di Loreto. Questa immagine è stata poi restaurata e custodita fino a poco tempo fa in parrocchia, forse ora è a Palazzo Persichetti. Nel rifugio c’era anche una piccola chiesetta dove l’8 dicembre, alla festa dell’Immacolata Concezione, i bambini andavano a ricevere la medaglietta della Madonna miracolosa. Il ricovero poi è stato sostituito dall’asilo comunale e nello stesso stabile, a fianco, c’erano le suore di San Vincenzo de’ Paoli dette “cappellone” per il grande cappello bianco che era parte caratteristica del loro abito. Le suore davano rifugio anche alle ragazze che scappavano da pericoli di abuso. Le istruivano nell’arte del ricamo e nella sartoria.

Durante la guerra l’asilo comunale sospese il servizio per i bambini e, in seguito ai bombardamenti, divenne rifugio per gli sfollati o per i soldati. Attaccato allo stabile dell’asilo c’era il servizio funebre di Marchittu, poi la casa di Mazzoni, che era un gerarca fascista, professore alla Regia Scuola di Arti e Mestieri, ora Istituto Professionale per Industria e Artigianato. Mazzoni era sposato con una discendente della famiglia Velluti. Immaginate che nello stesso quartiere in cui abitava questo gerarca molte famiglie, nel segreto, diedero rifugio agli ebrei durante la persecuzione fascista. I bambini ebrei a volte giocavano insieme ai bambini di Cerqueto ed è rimasto impresso nella memoria che loro quando mangiavano i fagioli scartavano la buccia (e questo appariva un vero spreco agli occhi di chi  racimolava le briciole per mangiare). Una di queste famiglie si chiamava Ascoli e i componenti erano commercianti di Ancona: ancora oggi vivono in quella città i loro discendenti.

In alto a destra il muro oggi non più esistente

Il muro di Cerqueto – Dove ora compare la porta di Santa Croce e si apre una strada laterale per entrare nel quartiere di Cerqueto “di sotto”, prima c’era un muro a chiudere tutta la zona e solo una stradina scendeva tortuosa dal greppo che collegava la chiesa di San Pietro con il quartiere. Dall’altra parte della porta c’era, come c’è adesso, una casa, la casa di un certo Marcelletti, detto Carisè. Costui possedeva una carrozza, di quelle con le ruote anteriori più grandi e la cappotta, sulla quale faceva salire il parroco Monsignor Miti quando lo accompagnava a far visita alle famiglie contadine fuori dalle mura. Questo muro fu oggetto di accese discussioni tra gli amministratori comunali di quel tempo, poiché molti volevano che fosse abbattuto per rendere più agevole il passaggio fuori porta, altri volevano conservarlo come bene storico. Aspettando la decisione dall’alto, in una sola notte alcuni benpensanti lo buttarono giù sotto gli occhi increduli della sòra Nina, parente di Eugenio Niccolai, che lì aveva il cortile della sua casa… quando si dice “non aspettare le lungaggini della burocrazia”!

Li Cerquetà e Mussolini – Molte erano le cantine, tra cui quella di “Liberatu” e più tardi di Castignana , molto frequentate dagli uomini di Cerqueto che spesso tornavano a casa ubriachi e provocavano problemi in famiglia, soprattutto alle loro mogli. La via finiva con l’ospedale dove c’era “lu cappellò”. Un piccolo campo sportivo (dove sopra è stato eretto l’ospedale) nel quale potevano giocare solo “li cerquetà”, che cacciavano via i bambini degli altri rioni, anche in malomodo, tanto che le mamme di Montolmo proibivano ai figli di andare a giocare con loro. Avranno avuto la fama di essere prepotenti ma c’è dire che da “lu cappellò” sono sorti grandi campioni sia nell’atletica come nel calcio, tutti di Cerqueto. Diciamo che la forza e la prepotenza dei Cerquetà si fece sentire persino contro Mussolini che, quando venne nel 1936 a inaugurare il monumento a Filippo Corridoni, voleva realizzare “La via dell’Impero” da Santa Croce fino all’ospedale, opera che avrebbe comportato la demolizione di  molte case. Si dice che l’amministrazione di quel tempo rispose al duce “I soldi li porti dove c’è bisogno, non qui, non ci servono”. I Cerquetà avevano vinto la battaglia che permetteva di lasciare intatto il loro quartiere.

I mestieri a Cerqueto – Si può bene affermare che li Cerquetà erano molto laboriosi e insieme alle abitazioni erano presenti numerose botteghe artigianali e piccoli calzaturifici. Cerqueto era il rione nel quale erano concentrate le attività dei cordai, i canapini, che lavoravano la canapa, come anche in altri quartieri di Corridonia (per esempio a Porta Mulino). Domizio detto Pacchià, Pannella, Nobili, Umberto Secchiari, Antò de Petèna, erano “li cordà”, che intrecciavano corde di canapa usando una ruota che spesso facevano girare per gioco ai bambini i quali gironzolavano lì intorno, anche dietro piccolo compenso. Molti calzolai lavoravano nella bottega di casa, spesso ricavata nella stalla al piano terra di molte abitazioni di Cerqueto. Mario Ciocci, “lu maritu de Serafina Pizzabiocca”, detto Mario de Terè de Mira, nato nel 1887, fu il primo che usò un macchinario particolare per sformare la scarpa e che aveva la “vuttica de cazolà” in cui faceva lavorare anche giovani garzoni. Il quartiere era pieno pure di altri piccoli calzaturifici come quello di Giustozzi, detto Campanella, che faceva le scarpe per i militari e il calzaturificio Perfetti, Lizzirì, Braconi, detto Casciò, Verdicchio e Bernacchini, i fratelli Secchiari e Gismondi detto Rizzente. Questi imprenditori davano lavoro a molte famiglie del posto.

La fabbrica di Giustozzi detto Cambanèlla

Le scarpe per il Papa – Alcuni di loro continuano ancora oggi la loro attività, hanno raggiunto bei traguardi tenendo alto l’onore della nostra città. In particolare nominiamo Verdicchio Vincenzo che ha prodotto scarpe per il Papa. Di questa fervente attività  nel settore calzaturiero si parla negli appunti del nostro concittadino Claudio Principi recentemente pubblicati nel periodico “La rucola”. A Cerqueto giravano molto i “carrettieri”, addetti alla raccolta dei rifiuti. E di rifiuti nella zona  ce ne erano tanti, dato che molte case avevano la stalla con i cavalli e non c’erano le fogne. La immondizia raccolta dai carrettieri veniva buttata ai piedi degli attuali giardini pubblici, nella zona detta “Carnalì”, nome il cui significato è sconosciuto. È particolare il ricordo di due fratelli calzolai, i Mattamà, che erano in litigio continuo, non si parlavano tra loro ma condividevano la stessa cucina, stalla e bottega,  lavorando uno di fronte all’altro, ognuno ricevendo i propri clienti nella propria postazione. Un’altra figura particolare era Lizzirina, una donna anziana che vendeva il carbone. Sempre seduta vicino alla sua catasta di carbone era tutta nera sia nell’abbigliamento come nel viso, tanto da attirare la curiosità dei bambini che le si avvicinavano anche un po’ spaventati. Le donne da Cerqueto si recavano “a fà lu fasciu”, cioè  a procurare la legna per il camino, nella campagna della Fonte de la Jìa, jó ‘Ncremó, a Vòrde Sante. In queste uscite erano così insistenti da riuscire a convincere i contadini a donare loro pagnotte e altri generi di viveri. Nel tempo della mietitura, invece, andavano a raccogliere le spighe di grano rimaste a terra per fare il pane a casa.

La politica – E ora il punto dolente o di forza dei cerquetà. Durante la guerra una personalità molto forte emergeva a Cerqueto: don Peppe Illuminati, il sacerdote del Santuario di Santa Croce. Era un prete a suo modo rivoluzionario, vicino al popolo e molto impegnato anche politicamente, tanto da sollevare richiami e attenzioni da parte del clero locale e diocesano. All’armistizio dell’8 settembre 1943, quando le donne entusiaste uscirono per strada esultanti per la fine della guerra, lui le invitò a rientrare subito e fare silenzio spiegando: “Abbiamo i tedeschi ancora in casa” prevedendo, a dir la verità, l’imminente  ritorsione dei tedeschi contro gli italiani “traditori”. Viveva di politica e ne conosceva bene i meccanismi. In seguito sarebbe stato persino presidente del Comitato di Liberazione Nazionale del posto.

Colore dominante: il rosso – Il resto della popolazione, invece, non si rendeva pienamente conto di ciò che stava succedendo, tanto che persino le suore dell’asilo inneggiavano a Stalin e all’URSS con il garofano rosso, senza neanche sapere cosa fosse il comunismo. Sorsero persino dei tafferugli quando in quello stesso asilo, diventato un rifugio durante la guerra, furono ospitati  soldati polacchi. Col fazzoletto rosso da garibaldini partirono volontari per la guerra contro i tedeschi tre giovani cerquetani: Mario Secchiari, Amato Corsetti e Claudio Pierantoni. Ma dopo la guerra si fece più netto il pensiero politico dei cerquetà e se proviamo ad abbinare un colore alle idee degli abitanti di Cerqueto a quel tempo, questo colore è sicuramente il rosso. A Cerqueto dominava l’ideale comunista, in un momento storico in cui lo schieramento politico suscitava accesi dibattiti e posizioni  molto nette, senza alcun compromesso. Nel dopoguerra dove era forte lo scontro tra comunisti, democristiani, repubblicani e socialisti, anche nelle botteghe si accendevano animate discussioni, soprattutto nella barberia di Tolmino, sostenitore del Partito Comunista Italiano. Mentre lavorava si lasciava travolgere dalla passione politica, a volte a scapito dei clienti che assistevano spesso ad animate discussioni.

Le votazioni – Ma dove i cerquetani mostravano la loro unità politica era in occasione delle votazioni del dopoguerra . A loro era destinata la sezione n° 1, in piazza Filippo Corridoni, nella quale si dirigevano tutti compatti per far prevalere il PCI. In quel seggio gli scrutatori li aspettavano, sicuri che tutti si sarebbero presentati, prima ancora dei democristiani che si recavano al seggio tutti insieme dopo la messa. Si racconta che al momento dello scrutinio delle schede elettorali il pubblico aspettava attento i risultati. Quando si aprivano le schede con il segno su “falce e martello” arrivava una esplosione di entusiasmo e si esclamava “Daje jó!”. Invece quando il segno era sullo “scudo crociato” si sentiva dire: “Un gorbu”, “Un’accidente” e altre espressioni che qui non è bene ridire. Persino il presidente del seggio, comunista anch’esso, quando prevaleva il risultato della DC chiedeva un bicchiere d’acqua per mandar giù la pena.

Come era il carattere dei Cerquetà? – Sicuramente avevano la fama di essere “cagnarù” e prepotenti e questo li faceva trovare in difficoltà quando dovevano approcciarsi con le ragazze. Si diceva: “Attenzione a li fidanzati cerquetà!” A dir la verità, i giovani di allora erano anche molto romantici e sentimentali. Per le vie di Cerqueto spesso risuonavano i canti e le note armoniose (e talvolta stonate) delle serenate che i ragazzi innamorati suonavano alle loro amate. Era consuetudine che in risposta alla serenata le ragazze emettessero un segnale luminoso, facendo brillare la lampada a olio o una candela in segno di approvazione. Le famiglie a Cerqueto praticavano la solidarietà, perché la povertà era tanta, e tra vicini si collaborava e ci si aiutava, anche tra una cagnara e l’altra. Questa collaborazione si rese ancora più visibile, negli anni successivi alla guerra, quando i giovani, gli anziani e le donne si raccoglievano in occasione della festa del “Corpus Domini”.

La festa del “Corpus Domine” – Cerqueto vanta il primato di avere realizzato per primo i tappeti di fiori e gli archi sospesi per formare una galleria sotto la quale sarebbe passata la processione. All’inizio c’erano solo gli archi con verdura e fiori di carta velina e donne con in mano un cesto di fiori che gettavano a terra al passaggio del Santissimo Sacra mento, poi si introdussero i tappeti variopinti con fiori veri raccolti sui campi nei giorni precedenti la festa, selezionati e divisi per colore. Chi ricorda quei giorni per le vie di Cerqueto sente ancora il profumo di ginestre, rose e alloro.

Lu focaràcciu – Un altro momento di vita collettiva in cui si raccoglievano donne, anziani, uomini e bambini era “lu focaràcciu” in occasione del passaggio della casetta della Madonna di Loreto, la notte tra il 9 e il 10 dicembre. Lu focaràcciu si faceva davanti la chiesa di Santa Croce. Si ricorda che un anno il parroco Monsignor Miti aveva la necessità di sgomberare i sotterranei della chiesa di San Pietro dalle numerose casse da morto lì presenti e chiamò li cerquetà per sfasciare le bare. Il legname così ottenuto fu direttamente scaraventato dalla chiesa di San Pietro giù in basso. Si alzò un polverone incredibile che impolverò tutta la zona, ma quell’anno nella gara dei focaracci quello di Cerqueto fu il più bello.

I giochi dei bambini – I bambini di Cerqueto erano soliti giocare per strada a “la vuscetta”, “tuttu”, “schioppetta”, “morra” a “palline”, a “buscarella”, a “nuce” o a“castagne”: giochi semplici fatti di inventiva e materiale povero, scavando delle piccole buche nel terreno fatto di polvere e sassi (non era certo asfaltato). Si prendevano le noci, o le castagne, da tirare mirando a una buca o a un muretto, o si tiravano sassi accuratamente selezionati nei giorni in cui ci si recava al fiume Chienti.

I carri allegorici del carnevale – I “cerquetà” erano anche molto creativi. Nel periodo di Carnevale iniziavano mesi prima per progettare e costruire i carri allegorici. Realizzarono un elefante gigante, un toro che camminava, Zorro maestoso sul suo cavallo, ma solo con il gruppo mascherato da “Risció” vinsero il primo premio del primo Carnevale dei bambini a Corridonia nel 1959. E il gruppo veniva da Cerqueto.

Il Veglione Rosso – A proposito  del  Carnevale ricordiamo il tanto atteso Veglione rosso al teatro Velluti. I palchetti erano di proprietà delle famiglie facoltose del tempo, cosiddetti condominiali, e in  occasione del Veglione venivano affittati ai primi che accorrevano. Chiaramente i cerquetani, compatti come sempre, si procuravano quasi tutti i posti. Nei palchetti si mangiava di tutto: vincisgrassi, ciambelloni, dolci di carnevale. Di sotto, dove ora è la platea, si ballava fino alle 7 del mattino, quando veniva eletta la reginetta del veglione. La cosa più curiosa è che, usciti dal veglione nella mattina del Mercoledì delle Ceneri, molti andavano direttamente nella chiesa vicina dei Suffragi  per le confessioni e la celebrazione religiosa, poi si recavano al lavoro.

Un ambiente familiare – Si può sottolineare che il clima paesano che dominava a Cerqueto si è mantenuto nel tempo, si vive ancora oggi. Non si è conservato soltanto lo spirito di allegria, ma anche lo spirito di accoglienza nei confronti di chi viene da fuori. A Cerqueto c’è per tutti un ambiente familiare che, diciamolo pure, non si respira in altri quartieri della città.

Filippo Ciocci

4 maggio 2020

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