A Tolentino un accampamento di 10mila anni fa ci racconta…

Per “età di mezzo” in genere si intende il medioevo, ma non è esatto: già prima, circa 10.000 anni fa, c’è stata un’altra importante, affascinante, “età di mezzo” il Mesolitico, giusto a metà tra il Paleolitico (inizio dell’età della Pietra e scoperta del fuoco) e il Neolitico (scoperta dell’agricoltura).

Il “Ciottolo di Tolentino” – Quando ci allontaniamo così tanto nel passato, diventa sempre più difficile fare una obiettiva e fedele ricostruzione di come apparisse il mondo, e soprattutto di come fosse e cosa facesse, l’uomo. Non dobbiamo neanche dare per scontato che i nostri panorami invasi da palazzi e cemento fossero allora popolati da esseri più vicini alle scimmie che all’uomo attuale: la tecnologia, il benessere, ci consentono di vivere meglio e più a lungo, ma se piombassimo nel mesolitico, quanto riusciremmo ad adattarci, a sopravvivere? Proviamo a retrocedere nel tempo usando l’immaginazione… Ma ritorniamo a oggi, a Tolentino, in contrada Pace, una delle zone che già nei decenni passati hanno restituito interessanti oggetti, come il “Ciottolo di Tolentino” (Paleolitico-in foto).

Il Ciottolo di Tolentino

Emerge una scheggia… – Qui nel settembre del 2019 iniziano i lavori per costruire una nuova scuola, e uno dei tecnici si accorge che il terreno a una certa profondità presenta una striscia più scura, e allerta la Soprintendenza. Si fanno delle indagini preventive scavando delle trincee, già dalla prima ecco ancora il livello molto scuro, il cosiddetto paleo suolo, e nella seconda emerge una scheggia. Da qui gli archeologi proseguono con lo con lo scavo manuale, utilizzando i mezzi meccanici solo per la scarifica, aprendo un fronte di scavo di circa 105 mq.

Ecco la eccezionale scoperta – Fino a metà gennaio questi esperti hanno ispezionato l’area scoprendo uno dei siti più eccezionali ritrovati in Europa, che fornirà una infinità di informazioni su questa Era, di cui cento anni fa o poco più si ignorava l’esistenza. Eccezionale perché non toccata dalle situazioni che potevano interferire sulla conservazione, i reperti erano intatti, non rovinati né da tombaroli in cerca di oro, né da lavori agricoli, per capirci.

Il metodo di scavo – I rilievi sono stati fatti suddividendo l’area indagata in quadrati di cm. 50×50; i sedimenti asportati, strato per strato, sono stati setacciati con maglia di 1 mm. e lavati, per individuare sia i manufatti litici che altri resti, come semi, utili per informazioni sulla dieta, e indizi sulle abitudini. Ben 780 sacchi di sedimento sono stati asportati e messi in deposito, per velocizzare i tempi di scavo; saranno analizzati successivamente: sono campionature che serviranno per diversi tipi di analisi, come pollini, piante, animali, anche per un futuro in cui potranno esserci altri strumenti più sofisticati.

Creato un modello in 3D – Per lo studio di siti come questo è indispensabile l’interdisciplinarietà, una collaborazione tra studiosi con diverse competenze e quindi tra diverse Università. Nel corso dell’indagine in sito, ogni fase è stata documentata con immagini, che sono state elaborate per creare un modello digitale del sito in 3D, consentendone la conservazione della memoria, perché ora non esiste più: finiti i rilievi archeologici, è continuato il lavoro di costruzione.

Accampamento di cacciatori –  Questo insediamento era un sito all’aperto, un accampamento frequentato da un gruppo di cacciatori di 10.000 (diecimila!) anni fa per qualche giorno, un mese al massimo. Era organizzato in 3 aree distinte, utilizzate in modo diverso, con protagonista il fuoco, presente in tutte le tre aree.

Prima zona – Intorno al primo focolare sono stati trovati molti scarti litici, quindi era il luogo dove si lavoravano le pietre per creare utensili, armi.

Seconda zona – Un’altra area era ricca di resti di pasti, ossa animali di cervo, cinghiale, capriolo, volpe ecc. e un tappeto di gusci di lumaca terrestre: area dove, vicino al secondo fuoco, si macellavano le prede, si consumavano i pasti e si lasciavano gli scarti.

Terza zona – Una terza zona si presentava piena di carboni, con al centro resti di un focolare in rilievo, era il luogo dove il gruppo aveva realizzato una capanna, o una sorta di tenda, a ridosso di una buca formata da una ceppaia, cioè da alberi che caduti avevano formato un riparo naturale, come una parete.

La conferenza stampa – Nel mese di gennaio 2020 la Soprintendenza, in collaborazione con il comune di Tolentino, ha organizzato una conferenza al Castello della Rancia, dove si è parlato per oltre tre ore del cantiere di Santa Lucia a un pubblico assai numeroso e attento. Si è trattato, più che di una conferenza, di un vero convegno; dopo il saluto delle autorità (Sindaco di Tolentino e Presidente della Provincia) l’argomento è stato introdotto dall’architetto Giordano Pierucci, che segue i lavori di costruzione delle scuole sul luogo dei ritrovamenti, dal Sovrintendente Marta Mazza, dal responsabile di zona per la Soprintendenza Stefano Finocchi, dagli esperti in preistoria, paleolitico e mesolitico Paola Mazzieri, Marco Peresani e Federica Fontana.

I ricercatori di ArcheoLab – Sono intervenuti infine i quattro giovani archeologi di ArcheoLab (A. D’Ulizia, D. Visentin, A. Poli e A. Cocilova) i quali con spiegazioni e immagini hanno illustrato il loro lavoro, delicato e minuzioso. È stato anche possibile osservare nel museo del Castello della Rancia alcuni dei reperti rinvenuti.

Archeologia preventiva – Questo è un caso di “archeologia preventiva” cioè non nata da un programma di ricerca ma con un obbligo di intervenire in tempi ristretti, spesso percepita come “interferente”. Ha confermato il Presidente Antonio Pettinari che negli ultimi mesi in provincia di Macerata è un continuo di scoperte archeologiche, quasi ogni cantiere ha emergenze che richiedono l’intervento della Soprintendenza. Rispettare le esigenze di tutti – Essendo tutte estremamente significative, queste scoperte meritano di avere la meglio sulle ragioni dei costruttori e dei lavori in genere, per rimanere come patrimonio del luogo, approfondimento culturale. Ovviamente le esigenze del luogo vanno rispettate, non è impossibile: da parte degli archeologi non devono mancare la competenza, ragionevolezza e responsabilità, dall’altra parte la disponibilità a collaborare; con una buona organizzazione è possibile non intralciarsi a vicenda: nel cantiere tolentinate sono state svolte indagini geologiche per le scuole in contemporanea con gli scavi archeologici, quindi i lavori di costruzione degli edifici non sono stati ritardati e gli scavi sono stati ultimati.

Gli altri siti nelle Marche – I lavori continuano nell’ambito di un progetto cui parteciperanno almeno 10 persone in collaborazione con le università di Ferrara e di Roma. Le Marche non sono nuove a queste collaborazioni, molti siti hanno restituito reperti dell’era dell’uomo di Neanderthal (Monte Conero, Cupramarittima, Ponte Crispiero, l’altopiano di Colfiorito, per citarne alcuni), ma l’attenzione è stata posta in particolare nella Gola della Rossa e Frasassi.

Esportazione dei “kit del cacciatore” – Qui le cave non sono invenzione degli imprenditori moderni: già 24.000 anni fa i cacciatori sapevano che lì c’era ottima selce in grande disponibilità, era quindi un luogo molto frequentato, dove si realizzavano veri e propri “kit del cacciatore” modellati con grande abilità, raffinatezza e in diversi modelli a seconda dell’utilizzo, con grattatoi, raschiatoi, bulini. Questi strumenti venivano poi “esportati” anche lontano diverse centinaia di chilometri, sono stati ritrovati in Istria e nelle Prealpi Venete, dove tra l’altro si riteneva che fosse territorio disabitato.

Cambiamenti climatici – Lo studio del Mesolitico sta proprio dimostrando che l’Europa non era spopolata, al contrario: l’occupazione del territorio da parte degli umani era capillare. I mutamenti climatici cambiarono la morfologia, se prima le Alpi erano una barriera di ghiaccio e l’Adriatico una grande pianura fino ai Balcani, 16000 anni fa con l’inizio del riscaldamento si sciolsero i ghiacci, il livello marino si sollevò, la pianura scomparve, le montagne furono colonizzate.

Domande sull’accampamento di Tolentino – Ci sono sorti dubbi che chiederemo alla prossima occasione: ma nell’accampamento di Tolentino ci saranno stati pure donne e bambini? Se erano solo cacciatori uomini, le donne dove si trovavano? In un insediamento più stanziale? E dove saranno sepolti? Con quale corredo? Avranno avuto un loro culto (e ritorniamo alla “Venere” del “Ciottolo di Tolentino” più vecchio di qualche migliaio di anni)? Certamente l’Italia ha restituito il maggior numero di “Veneri” rispetto al resto del mondo, forse perché fortunatamente si sono conservate e sono state trovate, o forse perché, da sempre, il Mediterraneo, e l’Italia soprattutto, sono tra i luoghi più vivibili del pianeta Terra.

Articolo precedente – https://www.larucola.org/2020/01/04/tolentino-scavi-in-un-accampamento-preistorico-del-mesolitico

Simonetta Borgiani

2 maggio 2020

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