I giovani sono migliori di noi della passata generazione

Troppo spesso sento parlare male e a sproposito dei giovani (sono i nostri figli e nipoti, vivono, senza generalizzare, la solitudine e la fatica di “crescere”, sono la nostra proiezione del domani) ai quali lasceremo tante questioni aperte, ma anche un lungo periodo di pace, un paese inserito in una Europa che mostra molti limiti i quali andranno colmati, una Italia che nonostante i suoi livelli di disoccupazione è uno dei primi paesi al mondo tra quelli industrializzati…

Pensare che i giovani con i loro problemi siano migliori di noi è sperare, scommettere se volete, nel futuro. Ascoltiamo con grande umiltà i giovani perché hanno tanto da insegnarci. Sanno che la solidarietà, un rapporto costruttivo tra i popoli, sono il collante per costruire una diversa architettura del mondo, per migliorare la vita, per scrivere un capitolo di una storia che dura da millenni, con la consapevolezza che nessuno può raggiungere gli obiettivi di un pianeta diverso senza l’aiuto degli altri; dove gli uomini, le donne, di qualsiasi colore, siano fratelli, uguali, senza discriminazioni od odio: gli adulti hanno ogni giorno molte questioni da affrontare, ma diano loro la certezza che il domani sarà diverso, sicuramente migliore di quello di oggi.

In Italia che ha 60.483.973 abitanti, i giovani raggiungono appena l’l1%, e quelli che non studiano e non lavorano sono circa tre milioni, che comparati con la Ue (i giovani non impegnati nello studio e nel lavoro in Italia sono il 28,9%, in Europa il 17,2%) danno una differenza percentuale enorme, mentre i laureati occupati sono il 23,1%.

Gli anziani, la classe politica, dovrebbero (le problematiche difficili non si affrontano con soluzioni semplici e tantomeno qualunquistiche) dare soluzione a queste e ad altre questioni, invece di straparlare (alcuni dirigenti politici per ringiovanire la loro classe si sono trastullati nel proporre il non voto o la rottamazione!) e far finta di preoccuparsi per il futuro. Sempre nel campo del lavoro mentre invecchiano gli imprenditori, crescono le speculazioni, i giovani non solo nell’imprenditoria sono sempre meno! Abbiamo (continuiamo inutilmente a farlo) sproloquiato sulla immigrazione incancrenendo e non risolvendo alcun problema.

Poi ci siamo accorti che la disoccupazione aumenta, i giovani (già pochi) lasciano (partono da Lombardia – prima in graduatoria – dal sud, dal Veneto, e vanno prevalentemente in Germania, Gran Bretagna…) l’Italia, avara di lavoro e di giusti salari (i contratti a termine da 15 a 29 anni sono il 47%), e la loro presenza è sempre più debole, il mezzogiorno sempre più povero.

I giovani hanno riscoperto la piazza senza odio, la voglia di stare insieme, l’amicizia al di là delle frontiere, il rispetto delle persone e delle idee, la fratellanza, la natura, l’ambiente, la cultura in ogni suo settore, i principi della Costituzione. Si sono mobilitati per realizzare progetti che uniscano i popoli, e cantano la libertà, il sociale, la speranza. Le nuove generazioni (si occupano di volontariato, di associazionismo) hanno finalmente capito che lo Stato siamo noi. I più adatti, forse i migliori, si candidano (la partecipazione è essenziale per qualsiasi cambiamento) non solo al controllo ma anche al ricambio dell’attuale classe dirigente, pur se hanno paura di essere contaminati da questa “politica” (è tifo non è politica) rissosa con un linguaggio il più delle volte di basso livello e senza rispetto per le istituzioni.

Un piccolo risultato l’hanno già colto dopo che in Commissione in Senato è stata abbassata l’età per candidarsi e per votare, come già avveniva alla Camera dei Deputati, portandola rispettivamente da 40 a 18 anni, e da 25 a 18 anni. Un segnale di giustizia e di serietà il quale ha colmato un vuoto che durava da anni nei confronti dei giovani. Sono convinto che molti altri ne seguiranno.

Giulio Lattanzi

16 aprile 2020

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