L’anellone piceno (foto 1), o anello di Cupra, è un affascinante rompicapo da almeno tre secoli. Questo oggetto a fusione piena, in ferro, pure in bronzo, a volte di rame, raramente in oro, proviene dalle necropoli non lontane dal mare, nell’area geografica compresa tra il fiume Tenna e il fiume Tronto. È di forma circolare, con un numero di nodi variabile tra 4 e 8, ed è stato trovato nelle sepolture femminili della zona, appoggiato sulla pelvi della defunta, impugnato con la mano destra ornata di anellini.
Si è perciò pensato, principalmente, a un oggetto rituale che avesse a che fare con la fertilità. Alcuni esemplari sono stati trovati appoggiati sulla testa: nelle fonti non è specificato se in questo caso fossero sepolture maschili. La maggior parte degli anelloni, da quanto sappiamo, è stata estratta purtroppo tra il 1700-1800, quando non c’erano alcuna attenzione né alcun criterio negli scavi archeologici. Che però quelli trovati sulla testa possano essere maschili ce lo fanno sospettare due indizi: l’asse di Hatria, ritenuta tra l’altro la più antica moneta italica (foto 2), e due statuette in bronzo possedute dal conte Monaldo Leopardi, raffiguranti Ercole con in testa proprio questo anellone, a 6 nodi. Per quanto riguarda l’asse di Hatria, si presume rappresenti il dio Hadrano Sileno oppure il piceno Pico-Marte.
Perché mistero insoluto?
Cosa rende l’anellone ancora un mistero insoluto? Il fatto che non ci siano iscrizioni, né memoria, che non siano consumati, perciò un utilizzo pratico è improbabile. Molti studiosi si sono cimentati nell’analisi dell’anellone: una armilla atletica, tipo quella dell’atleta delle Terme di Caracalla (foto 3) ma sembrerebbe troppo pesante;
un crotalo, antico strumento musicale, tipo quello sul vaso attico (foto 4), ma non è mai stato trovato un batacchio.
Giovanni Rocchi sostiene si trattasse di uno strumento di tessitura, tipo quello in legno di foto 5, che serve a tessere arazzi. Noi vorremmo tornare ancora più indietro.
Influenza degli astri
L’influenza della luna è nota a chiunque, non solo sulle maree e sull’umore: per i nostri antenati era necessario rispettare le fasi lunari per organizzare le semine, i raccolti e in genere il lavoro dei campi. In realtà anche gli altri astri c’influenzano, perfino le comete; in che modo la scienza moderna ancora non lo ha ben chiarito. L’astrologia, che esiste dall’inizio dei tempi, ne tiene conto; ne tenevano conto i maggiori filosofi e matematici del passato: già Pitagora nel 500 a. C. sosteneva che il Sole, la Luna e i pianeti del sistema solare, per effetto dei loro movimenti di rotazione e rivoluzione, produrrebbero un suono continuo, impercettibile dall’orecchio umano, e tutti insieme produrrebbero un’armonia.
Questa armonia di suoni celesti in continuo mutamento influenzerebbe gli elementi e la vita sulla terra. Nel medioevo la musica delle sfere verrà cristianizzata in cori angelici gerarchicamente ordinati e identificati con le orbite celesti di astri e pianeti: un coro degli angeli che accompagnava gli eventi principali che avvenivano in Cielo, un accordo cosmico guidato da Dio.
La simbologia delle punte delle stelle
La visione astronomica era ancora geocentrica, cioè la Terra al centro dell’universo e i pianeti, sole compreso, ruotavano attorno a essa, ognuno in una sua orbita precisa corrispondente alla distanza della “sfera” dalla terra, che ovvio non è esattamente quella reale. A prescindere dalla posizione nel firmamento geocentrico, ogni pianeta rappresentava delle “qualità” ed era riconoscibile da un simbolo a forma di stella, il cui numero di punte individuava il pianeta, e associato a una divinità. Anche i sumeri, 4000 anni prima di Cristo, con la loro concezione geocentrica identificavano Ishtar-Inhanna con Venere, rappresentata con una stella con 8 punte (foto 6). Sempre sumero era il Dio Sin-Nanna, rappresentante la Luna (foto7), e anche il Dio Shamash, il sole, (foto 8) rappresentato pure con l’attributo stella a 4 punte.
Un oggetto di forma circolare
Un dettaglio da non trascurare è che tali divinità sumere hanno, in queste rappresentazioni, in mano degli oggetti simbolici: un pastorale, ma non sempre, e un altro oggetto di forma circolare: il pastorale è il potere del comando sulle persone e sul territorio, l’altro oggetto è la conoscenza, una sorta di contatto con le divinità. Questo oggetto circolare lo ritroviamo in Egitto nell’Ankh, un anello più ovoidale e con l’aggiunta di un lato lungo (foto 9). Anche in questo caso è in mano alle divinità, associato al pastorale.
La nostra libera interpretazione
Per nostra libera interpretazione, l’anellone piceno è una variante di questi oggetti simbolici di forma circolare, anzi oggetti rituali, nei quali il numero di nodi identifica la consacrazione a una sfera (astro), alla relativa divinità e l’iniziazione alla conoscenza relativa alla influenza di quell’astro preciso sulla terra e sulle persone: ogni astro, per esempio, “abilitava” alla cura di una precisa parte del corpo. Essendo questi ritrovamenti tipici di un territorio ristretto e definito, di fronte all’Adriatico, si può presumere una tradizione di un popolo, un gruppo di persone arrivato via mare. Da dove, e quando? Mesopotamia? Genti ebree di culto antico? Probabilmente una trasmissione familiare da madre in figlia, e a volte anche al figlio, come molte delle nostre nonne trasmettevano l’arte delle “segnature”, in un tempo in cui questo costituiva la principale medicina e incuteva rispetto. Le tombe con più anelloni diversi potevano indicare più iniziazioni, maggiore conoscenza: sull’astronomia, sulle influenze sulla natura, sulla geometria, sulla divinazione mediante l’osservazione del cielo o altre tecniche. La foto 10 rappresenta le divinità della guerra Marte e Minerva, da notare i due cerchi: quello che ha in mano la Vittoria è uguale a quello delle divinità mesopotamiche, quello in mano a Marte sarà uno specchio, o un anellone per divinare sugli auspici di qualche guerra?
Immaginiamo dunque questo gruppo di persone accolte dagli aborigeni e poi assimilate ai locali, con le loro usanze e superstizioni; non esistevano solo Sibille e Pizie: ogni popolo ha avuto le sue sacerdotesse, e un oggetto metallico di tali fattezze, unito agli altri ornamenti metallici sulla mano che lo reggeva, aveva sicuramente la funzione di amplificare le percezioni, come la bacchetta del rabdomante, il pendolo o il biosensor del radiestesista.
La fede nuziale
Gli anelloni piceni che vediamo nelle foto e nei musei hanno 4-5-6-8 nodi (= punte della stella), non sembra ne siano stati trovati con 1-2-3-7: forse erano numeri associati a divinità ritenute avverse, intoccabili, tipo Saturno, notoriamente di negativa influenza in astrologia! E comunque, essendosi persa completamente la memoria di cosa l’anello fosse, immaginiamo sia stato bandito dai culti ufficiali più recenti, Cristianesimo in testa. Però… le nostre nonne già citate, per le segnature usavano ancora un cerchio, piccolo, personale e benedetto: la fede nuziale. Forse era proprio questa l’ultima memoria dell’anello di Cupra.
Simonetta Borgiani
Fonti
Giovanni Rocchi – Sulla raggiunta certezza dell’utilizzo per ricamo dell’anellone piceno;
Ricci e Vitelli – Dalla dea Madre il culto della dea Cupra – rivista Santuarios 2016;
Americo Marconi – L’anellone a nodi piceno, un oggetto pieno di fascino e mistero (articolo per ilgraffio.online 01/06/18);
- V. De Paolis – Delle Armille atletiche (articolo per il Bullettino dell’istituto di corrispondenza archelogica 1841);
- Colucci – Cupramarittima illustrata 1779;
Carlo Gentili scopre il mistero dell’anello della Dea Cupra? (25 ottobre 2016 articolo sul sito www.ancoraonline.it);
Luigi Girolamo – L’immorale dea Cupra, (mensile La Riviera delle Palme 2/99).
Immagini prese dal web
3 febbraio 2020