Sentendo, leggendo e vedendo, le cronache giornaliere apprendiamo, quasi ogni giorno, della morte di una persona travolta da un fiume o di un torrente in piena per un’abbondante pioggia. Ma allora i fiumi sono assassini, criminali? No! Sono solo dei normali corsi d’acqua abbandonati che dovrebbero essere costantemente puliti e controllati.
Alberi, gente incosciente e golene
Un albero, le cui radici sono state erose dall’acqua e non viene abbattuto, alla prima piena è portato via e, quando non ostruisce il corso del fiume causando straripamento, può diventare un proiettile di una forza distruttiva tremenda. Simile discorso vale per i vari materiali che incoscienti e criminali gettano nei corsi di acqua usandoli come discariche. Poi lungo i fiumi ci dovrebbero essere le zone golenali, ossia ampie fasce di terreno vuote sulle quali il fiume, alla necessità, possa uscire senza fare danni.
Edificazione selvaggia
Oggi le “rote”, zone golenali, sono state quasi tutte edificate e quando un fiume o un torrente straripa i proprietari delle strutture, ovviamente e naturalmente allagate, piangono amare lacrime che sono raccolte con commiserazione dagli “ignari” giornalisti dei telegiornali che ne fanno dei martiri ma, in effetti, i costruttori fuorilegge subiscono solo le conseguenze della loro incoscienza e di quelli che li hanno autorizzati a costruire dove, torno a ribadire, non si poteva e non si doveva.
Fiume in secca? Manutenzione facile…
Per qualche mese, con la mancanza di piogge, anche i fiumi più grandi, persino il Po, sono rimasti con poca acqua e, allora, voi mi direte che subito le amministrazioni comunali, provinciali e regionali, hanno approfittato, vista la facilità e i meno costi da sostenere per pulire gli alvei dei fiumi e dei torrenti… Sì, lo so, “ho straripato” anche io e dal racconto di fatti sono passato a raccontare una favola. Già, perché solo nel reame delle fate e dei principi succedono cose del genere. Nella realtà quotidiana no. Infatti non abbiamo avuto alcuna notizia che qualcuno si sia preoccupato, in periodo di bassa, e quindi quando era possibile farlo più facilmente, di sistemare argini, pulire gli alvei dai rifiuti e di liberare le zone golenali per far si che la eventuale piena passasse senza fare danni o facendone meno possibile.
Le “lacrime di coccodrillo”
Lo so, il mio è un discorso di “uomo che grida nel deserto”. In Italia i lavori si fanno quando il fatto è già successo e, purtroppo, qualche volta ci sono stati anche i morti; così tali lavori costano dieci volte di più. In questo modo l’arrosto da mettere sul fuoco è più grosso, più costoso e durante la cottura c’è grasso che cola per tutti. E alla prossima alluvione, di un torrente o di un fiume, abbandonato e non curato da anni, i giornalisti dei telegiornali, facendo il loro servizio, esposti coraggiosamente e ridicolmente alle intemperie, potranno ancora piangere con “lacrime di coccodrillo” raccontando la gravità della sciagura avvenuta ma non dicendo, come dovrebbero per correttezza di cronaca, che il tutto poteva essere evitato, o perlomeno limitato, solo con un po’ di accortezza, di prevenzione e di rispetto delle leggi. Proprio in questi giorni Venezia docet.
Cesare Angeletti
13 gennaio 2020